RIFORMA DELLA NORMATIVA DOGANALE: RISCHIO ACCUSA DI CONTRABBANDO PER LE IMPRESE E DANNI PER L’IMPORT-EXPORT

Alessandro Pitto, Presidente di Fedespedi (2)

Fedespedi insiste nel chiedere all’Agenzia delle Dogane e al Ministero dell’Economia che sia alzata la soglia limite del reato di contrabbando, che sia introdotto il ravvedimento operoso e rivista la qualifica dell’IVA all’importazione.

Milano – Fedespedi si dichiara fortemente critica rispetto alla riforma doganale, così come articolata dal Decreto Legislativo n. 141 del 2024 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 4 ottobre.

Secondo la Federazione nazionale delle Imprese di Spedizioni internazionali, la riforma presenta elementi che implicano un forte impatto negativo sulle attività di import e export nazionale, e sull’efficienza e la competitività del sistema logistico del Paese. Alla luce di queste ragioni, Fedespedi ha fatto appello all’Agenzia delle Dogane e al Ministero dell’Economia con importanti richieste di modifica sulla bozza di decreto, da apportare prima della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La posizione di Fedespedi si allinea così a quanto già richiamato all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica da parte di Confetra – Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica nel suo recente comunicato stampa.

In particolare, Fedespedi, confidando nella riapertura di un dialogo tra le Istituzioni e le rappresentanze di categoria di un settore strategico per il commercio internazionale, ritiene necessario introdurre determinati correttivi alla riforma.
In riferimento al reato di contrabbando, si chiede di:

1-Alzare la soglia del livello minimo di dazi evasi per configurare la fattispecie di reato
2-Introdurre l’istituto del ravvedimento operoso per consentire la rettifica degli errori formali compiuti in buona fede
3-Sancire in maniera inequivocabile nella norma il principio dell’accertamento del dolo.

Inoltre, si ritiene indispensabile rivedere la qualifica dell’IVA all’importazione.

“Senza i correttivi che insieme a Confetra chiediamo di introdurre – dichiara il Presidente di Fedespedi Alessandro Pitto – la riforma rischia di generare una distorsione dei traffici a favore degli altri Paesi europei con conseguenze anche sulla fiscalità dell’Agenzia delle Dogane di cui un terzo è sostenuta dagli incassi di dazio e IVA. Dalle nostre stime, se l’Italia perdesse anche solo il 10% dei traffici, l’Agenzia delle Dogane incasserebbe circa 2,7 miliardi di euro in meno all’anno”.

“In particolare, la revisione dello schema sanzionatorio previsto dalla riforma prevede la fattispecie del reato di “contrabbando” anche in caso di semplici errori formali nelle pratiche doganali che le imprese di spedizioni internazionali svolgono al servizio del commercio internazionale, esponendo gli operatori al rischio concreto di dover intraprendere contenziosi penali e subire gravi sanzioni amministrative, tra cui la confisca dei beni e dei mezzi di trasporto” ha dichiarato il Vicepresidente di Fedespedi con delega customs, Domenico de Crescenzo. “Il reato scatta quando l’errore compiuto genera un mancato incasso di dazio e IVA da parte dello stato superiore a 10.000 euro: è una soglia molto bassa, che si raggiunge facilmente nelle dichiarazioni doganali”.

“Riteniamo che tale novità legislativa sia contraria al principio di proporzionalità delle sanzioni previsto dal Codice Doganale dell’Unione Europea e manchi sotto il profilo operativo di realismo rinnegando il principio di equilibrio tra esigenze di controllo e agevolazione degli scambi commerciali che sono la forza dell’Unione Europea” – aggiunge Ciro Spinelli, Vicepresidente Fedespedi con delega legale.

“Altro elemento di criticità è la qualifica dell’IVA all’importazione come dazio di confine, contrariamente a quanto sancito dal Codice Doganale dell’UE, dalla giurisprudenza a livello unionale e di cassazione. Questo elemento è problematico perché equiparare l’IVA ai dazi contribuisce al raggiungimento della soglia dei 10.000 euro che fa scattare la fattispecie di reato, prosegue de Crescenzo.

“I rischi concreti che individuiamo sono: l’aggravio degli oneri burocratici a carico delle imprese, l’aumento del contenzioso e blocchi di operatività e danni economici correlati a seguito delle misure di confisca amministrativa dei beni in caso di rilievo di contrabbando” – commenta di nuovo Spinelli.