(Lo Stretto di Hormuz, Traffic Separation Scheme:fonte Wikipedia)
Scena Prima: se Israele dovesse contrattaccare, come promesso, in risposta al blitz missilistico iraniano a inizio del mese!
Scena Seconda: l’Iran ha certamente la capacità di chiudere lo Stretto di Hormuz se lo volesse!
Teheran. Un po’di sicurezza della navigazione la ricordiamo, giusto per notare che la costa iraniana si affaccia sullo Stretto di Hormuz per più di 100 miglia nautiche e vige la norma internazionale sulla ‘separazione del traffico marittimo’.
L’Iran – come armamento militare – ha un gran numero di missili, droni, sistemi navali e aeronautici che potrebbero minacciare le navi nello Stretto. Anche i limitati attacchi iraniani potrebbero essere sufficienti a chiudere il traffico, se le compagnie di navigazione sono preoccupate per l’aumento del rischio e l’aumento dei premi assicurativi.
Oltre alle fregate, alle imbarcazioni missilistiche e alle risorse aeronautiche delle sue Marine regolari e dell’IRGC (Islamic Revolutionary Guard Corps), l’Iran ha anche batterie costiere anti-navetta che coprono lo Stretto. Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica (IRGC) si è specializzato per anni in attacchi di gruppo in motoscafo sulle navi mercantili, e ha anche una capacità nel disporre di mine che sarebbe particolarmente efficace nelle acque poco profonde e ristrette dello Stretto.
L’Occidente, compresa l’Italia, spera che l’Iran non voglia un conflitto nell’area, poiché una chiusura della via d’acqua, inficerebbe l’Iran stessa da cui dipende per le sue esportazioni di petrolio.
Per Iraq, Kuwait, Bahrein e Qatar, lo Stretto di Hormuz è l’unico collegamento marittimo con il resto del mondo; le loro economie dipendono dalle importazioni per le necessità di base. Data la dipendenza di così tante nazioni dal petrolio, la Cina in particolare, e la probabilità che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti subirebbero un enorme colpo alla loro economia se lo Stretto dovesse essere chiuso; in più, una chiusura dello Stretto da parte dell’Iran sarebbe quasi certamente combattuta da queste nazioni con azioni militari. Una tale risposta militare annullerebbe la capacità dell’Iran di utilizzare lo Stretto per le proprie esportazioni di petrolio.
Con un effetto ‘domino’, l’Iran senza le grosse entrate petrolifere, costringerebbe il Governo iraniano a tagliare i sussidi sul carburante e sui prodotti alimentari di base, bonus dei prezzi bassi di cui godono i 91 milioni di iraniani. Con una grande percentuale della popolazione già profondamente infelice dell’azine governativa, un aumento dei prezzi potrebbe generare disordini civili su una scala che minaccerebbe il futuro dei governanti iraniani e dell’apparato di sicurezza dell’IRGC che la mantiene al potere.
Per questo, sia Washington e sia Tel Aviv suggeriscono a Israele di non attaccare gli impianti petroliferi e nucleari, riducendo così il rischio che l’Iran non potesse chiudere lo Stretto di Hormuz.
Gli analisti affermano che, in ogni caso, è improbabile che Israele abbia sufficienti risorse di attacco a lungo raggio per intraprendere un’offensiva su larga scala contro le strutture petrolifere. Potrebbe prendere in considerazione attacchi informatici cinetici e sabotaggio del tipo già utilizzato contro gli impianti nucleari sepolti in profondità.
Israele dovrà certamente concentrarsi sulla distruzione della forza di missili balistici iraniani il più possibile al fine di prevenire un contrattacco iraniano, che potrebbe causare perdite e danni diffusi a bersagli in Israele. L’attacco del 1 ottobre indica che Israele potrebbe essere vulnerabile a un attacco iraniano concertato.
Ancora gli analisti evidenziano che con 25 siti di missili balistici identificati sparsi in tutto l’Iran, ciascuno con silos multipli e garanti per i lanciatori di droni e missili mobili, Israele avrà bisogno di ogni bomba singola disponibile diretta a questa infrastruttura missilistica balistica iraniana e di droni per paralizzare e chiudere qualsiasi potenziale contrattacco iraniano.
Se i riformisti in Iran – sono convinti gli analisti – potrebbero soppiantare gli estremisti religiosi che attualmente dominano il regime e sono la forza trainante dell’espansionismo regionale iraniano, allora Israele potrebbe diventare un attore principale di questo processo.
In questo caso, una chiusura dello Stretto di Hormuz potrebbe portare a un tale cambiamento, ma sarebbe un’enorme scommessa credere che questo obiettivo potrebbe essere raggiunto senza un massiccio rischio per la stabilità globale e soprattutto di quell’area.
(25 cluster di missili balistici / droni iraniani, ciascuno con silos e siti multipli; foto courtesy Google Earth)