Intervista esclusiva al Direttore Generale di Confitarma, Luca Sisto

luca sisto

Il mondo attorno a noi sta cambiando!

Il “mare” e la sua navigazione sono origine e vita per la conoscenza della téchne – nautikè del marinaio per giungere alla più sua alta dimensione: quella del “mare” tra la terra dell’oriente e quella dell’occidente che fa del mare un porto, un luogo di scambio e di passaggio, un margine, un varco, uno spazio dove gli uomini giungono e ripartono, arrivano e prendono congedo.

Seguendo il consiglio del Direttore responsabile, Salvatore Carruezzo, IL apre un oblò sul settore dello shipping internazionale e in particolare italiano e mediterraneo per offrire i ‘vari punti di osservazione’ di esperti e operatori del settore dei trasporti marittimi e della logistica.

Innovazione, tecnologia, digitalizzazione, logistica, transizione ecologica sono tutti parte del cielo e dell’orizzonte marittimo che dimostrano che siamo in pieno a una ‘rivoluzione’ epocale. Tutti temi/studio al centro di un dibattito che deve essere guidato per un’Italia bagnata dal mare, senza campanilismi fra porti, ma una dovuta competenza per attraversare questo difficile transito.

La decarbonizzazione è un concetto strettamente connesso con le emissioni nocive (soprattutto anidride carbonica e metano) dovute all’utilizzo di energia prodotta da carbone, gas e petrolio.
L’azione della decarbonizzazione mira a passare quanto prima dall’uso di combustibili fossili come carbone, gas naturale o petrolio a fonti di energia rinnovabili e prive di emissioni di carbonio.
L’Unione Europea ha vagliato due ipotesi strategiche: a) ricorrere a fonti fossili con un ridotto contenuto di carbonio; b) implementare le fonti rinnovabili in sostituzione di quelle fossili.
Abbiamo sempre scritto, da queste pagine, che un ‘Porto senza Navi’ non è un porto e ‘Navi senza marittimi’ non sono navi, ma robot galleggianti che soddisfano il Principio d’Archimende.

La digitalizzazione dello shipping internazionale sta accelerando sulle Compagnie di navigazione a usare le modalità applicative per una gestione più evoluta delle loro navi.

Infatti, consolidare il cambiamento all’interno del settore della gestione delle navi è importante, come sostenere una maggiore digitalizzazione significa più trasparenza e dati, e consente di sbloccare così maggiori intuizioni per migliorare le prestazioni della flotta. La maggior parte degli armatori, soprattutto i global carrier e le sea alleance, é convinta e comprende che per generare risparmi, efficienze e tagli alle emissioni dei gas serra in atmosfera occorre una piena digitalizzazione per la gestione delle navi, associata ad una smart navigation, con accesso a importanti pool di dati. Inoltre, i proprietari/armatori comprendono sempre più che la digitalizzazione non è un ‘plug and play’, ma supportare spese aggiuntive e poi occorre distribuirla sull’intera flotta.

Questo ‘Oblo sul Mare’ lo apriamo per vedere da vicino la Casa degli Armatori con il Dott. , Direttore Generale di .

Iniziamo con una domanda più in generale.

Le costruzioni navali, su commesse delle Compagnie di Navigazione, stanno abbandonando le cd meganavi per concorrere con design più adeguati rispetto ai fondali della maggioranza dei porti europei e italiani. Non crede che ci troviamo in un prossimo futuro con un’evoluzione del concetto di nave, da quelle da carico, portacontainer a quelle passeggeri e ro-ro?

Un contesto di riassetto degli equilibri commerciali apre nuove opportunità per il Mediterraneo e quindi per la portualità italiana, che può fare leva sulla sua leadership indiscussa nel traffico marittimo a corto raggio.

Oggi, la flotta di bandiera italiana è tra le principali al mondo con oltre 14 milioni di tonnellate di stazza lorda (1,334 unità superiori alle 100gt) e tra le prime dei grandi Paesi riuniti nel G20. Il nostro Paese detiene la leadership europea nel traffico crocieristico ed è leader mondiale nel settore del traffico ro/ro che, come sappiamo, riduce l’incidenza e l’impatto ambientale del trasporto su gomma (sia di automobili che tir). L’Italia è anche leader a livello internazionale sia nell’offerta qualitativa dei servizi sia nella cantieristica.

È proprio per tutto questo che è importante una rivisitazione del Decreto rinnovo e refitting della flotta marittima (fondo Complementare D. L. 59/2021).

Com’è noto, Confitarma aveva suggerito alcuni correttivi al meccanismo d’incentivazione al fine di ricomprendere il maggior numero di imprese e cercare di impegnare il più possibile le risorse stanziate. Eravamo, infatti, consapevoli che, considerando in primis le condizioni di mercato legate alla cantieristica mondiale, l’incentivo in sé non poteva essere motivo sufficiente a determinare una scelta così importante come la costruzione di una nave. Analizzando le risorse effettivamente impegnate emerge che dei 500 milioni stanziati, solo il 37% è stato effettivamente impegnato.

Confitarma ritiene che tali risultati non vadano attribuiti a una mancanza d’interesse dell’armamento verso tale sistema d’incentivazione, ma, piuttosto, ad alcuni vincoli all’accesso che hanno escluso un’importante quota della flotta operata dall’armamento nazionale.

Tra le maggiori criticità riscontrate, vanno sicuramente annoverate la previsione di un vincolo geografico quinquennale legato all’utilizzo dell’unità oggetto di incentivazione e l’obbligo di effettuare gli interventi, anche quelli di refitting, solo nei cantieri europei. Certamente, siamo consapevoli delle criticità legate alla diversità di trattamento dei beneficiari (dei medesimi fondi previsti D.L. 59/2021) che sorgerebbero, se venissero cambiati “in corsa” i requisiti richiesti per l’accesso.

Diverse imprese a noi associate sono fortemente interessate a concorrere per l’assegnazione delle risorse residuate. Pertanto, Confitarma auspica fortemente una proroga del decreto, se possibile prevedendo una dilazione dei tempi per la costruzione (invece che 2026 il 2028) visto che molti cantieri sono oberati di ordini.

Per evitare la perdita dei 314 milioni di euro residuati abbiamo proposto l’estensione dei termini previsti per la conclusione dei lavori di costruzione/refitting dai Decreti n.389/2022 e n.290/2022 posticipandoli quantomeno al 2028.

Alcuni porti europei, ma anche italiani, soffrono una congestione che ci stiamo trascinando dalla crisi post-pandemica, poi seguita con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, e dalla crisi energetica? Tutto questo non crede che ci imponga una nuova vision di logistica e d’infrastruttura portuale?

Assolutamente sì. La recente pandemia e la Guerra Russo-Ucraina hanno fatto emergere innanzitutto la strategicità dei trasporti marittimi per le economie mondiali. Questo è ancor più vero per l’Italia, dove via mare transitano il 60% delle importazioni e il 51% delle esportazioni.

Il nostro Paese è leader in Europa per merci movimentate in Short Sea Shipping (311 milioni nel 2020) e nel Mediterraneo con 244 milioni di tonnellate e una quota di mercato del 37% (nel 2020).

Il rallentamento della globalizzazione, la riduzione delle differenze salariali con la Cina e una tendenza al friendshoring stanno rendendo i porti del Mediterraneo sempre più rilevanti. Mentre la quota di traffico container in Europa intercettata dai porti della Northern-Range è scesa dal 46% al 38% tra 2008 e 2021, quella dei porti mediterranei è salita dal 35% al 44%.

La regionalizzazione degli scambi e delle filiere produttive non potrà che riflettersi in un rafforzamento del traffico marittimo intra-mediterraneo.

In questo contesto è necessario valorizzare pienamente la naturale collocazione strategica dell’Italia che ci vede al centro dei flussi commerciali tra Nord Africa ed Europa continentale rafforzando la competitività dei nostri scali attraverso l’efficientamento dei servizi portuali (riducendo i tempi di stazionamento delle navi), potenziando le infrastrutture per l’intermodalità (solo due su cinque porti italiani sono collegati direttamente alla rete ferroviaria nazionale) sviluppando le aree retroportuali (ZES/ZLS) e con la trasformazione green.

I porti verdi sono in contrasto con i porti blu?

Verde e blu nella scala dei colori sono colori primari e non contrastanti, unendosi insieme non si annullano, ma danno vita ad un nuovo colore!
Per una effettiva transizione energetica del sistema dei trasporti marittimi occorrono investimenti importanti in nuove tecnologie e carburanti, al momento non disponibili.

Sicuramente bisogna puntare sull’efficientamento degli scali in ottica green, in particolare sul cold ironing e sullo sviluppo di infrastrutture per l’accosto di navi GNL/dual-fuel o alimentate da combustibili alternativi (ammoniaca, metanolo, idrogeno).

È necessario però che l’importante sfida della transizione green sia accompagnata da interventi per tutta la flotta (passeggeri e merci) appartenente alle imprese radicate sul territorio nazionale.

Confitarma ha proposto la costituzione di un fondo con una dotazione adeguata per il rinnovo e il refitting della flotta operata dall’armamento italiano.

In materia di elettrificazione delle banchine il Fondo complementare ha stanziato ingenti risorse. Nei prossimi mesi/anni, non solo si dovrà assicurare la realizzazione degli interventi nei tempi previsti dal PNRR, ma anche risolvere l’altro tema di fondamentale rilevanza: quello del costo dell’energia fornita da terra (senza considerare il mix energetico con cui sarà prodotta che dovrà essere necessariamente migliore di quello dell’energia autoprodotta dalla nave). Il costo della shore side power non è competitivo se non si interviene con incentivi e se non si divide il costo dell’infrastruttura dal costo del servizio.

Confitarma chiede incentivi che riducano il prezzo dell’energia fornita alle navi e la separazione del costo dell’energia da quello dell’infrastruttura (quest’ultimo già coperto dal PNRR).

Una ‘globalizzazione’ tende ormai verso una sua regionalizzazione e impone nuovi parametri del mercato, portando lo shipping a nuove rotte e forse nuove alleanze?

La spinta verso la regionalizzazione, dettata da una crisi senza precedenti, sta creando nuove opportunità per l’Italia, che è la seconda potenza manifatturiera d’Europa e l’ottavo esportatore al mondo. La sua posizione privilegiata nel bacino del Mediterraneo e la sua vocazione industriale ad alta qualità l’hanno resa punto di raccolta e di transito sia delle subforniture provenienti dai Paesi del Nord Africa, sia dei beni intermedi prodotti dalle PMI italiane e diretti verso il Sud Europa.

Per quanto riguarda le alleanze dobbiamo considerare che, in un contesto globale difficile, si tratta di strategie adottate dai principali carrier orientate ad un attento controllo della flotta per quanto possibile attraverso accordi di condivisione del carico.

L’importanza della Casa degli Armatori verso una nuova istruzione e formazione nautica per difendere giovani che hanno ancora dimostrato di avere passione per il mare?

La strategicità dei lavoratori marittimi è emersa con particolare evidenza durante il periodo più acuto della pandemia Covid-19, quando il loro fondamentale lavoro per i mari del mondo ha consentito di garantire la continuità operativa delle navi, e quindi il trasporto di merci e materie prime necessarie alle attività produttive industriali e commerciali essenziali per noi tutti, nonché la continuità territoriale. Per tali ragioni, i lavoratori marittimi sono stati riconosciuti sia a livello internazionale, sia nel nostro Paese, come “key workers providing an essential service”.

Siamo profondamente convinti che le carriere marittime rappresentino una grande opportunità per i nostri giovani – e anche per le nostre giovani donne – soprattutto nelle Regioni del Sud, dove è storicamente forte la vocazione marittima.

La scorsa estate ci siamo trovati a dover fronteggiare una forte carenza di lavoratori marittimi perfino sulle categorie iniziali del personale alberghiero, che ha messo a serio rischio i servizi di cabotaggio marittimo e la continuità territoriale con le isole.

Questo perché esistono notevoli barriere all’ingresso che rendono particolarmente difficoltoso per le nuove generazioni l’accesso ai mestieri del mare, per rispondere alle quali Confitarma ha presentato delle proposte di policy specifiche.

Pensiamo al costo elevato degli addestramenti di base obbligatori per lavorare a bordo delle navi, compreso tra i 1000 e i 1500 euro. Si tratta di corsi di formazione che devono obbligatoriamente essere sostenuti da tutti i marittimi che imbarcano, anche dalle categorie iniziali (mozzi, giovanotti di macchina, piccoli di camera e cucina, allievi ufficiali); pensiamo anche alla normativa che disciplina l’accesso alle professioni del mare, che è ormai del tutto superata, facendo riferimento a percorsi professionali non più esistenti e/o a requisiti eccessivamente e inutilmente onerosi; su questo fronte, non faremo mancare la nostra collaborazione.

Inoltre, le mansioni svolte a bordo da alcune figure professionali marittime, (pulizia e riassetto di cabine, bagni e cucine, lavanderia, etc.), rendono alcuni mestieri del mare poco appetibili per i nostri ragazzi che desiderano intraprendere le professioni marittime; da non dimenticare, poi, un sistema di collocamento della gente di mare particolarmente complesso e farraginoso che rende difficoltoso il naturale incontro fra domanda e offerta di lavoro.

Per finire, Dott. Luca Sisto, visto le molte tendenze del settore dei trasporti marittimi, può definirci cosa s’intende per gli Armatori e per la Flotta italiana il passaggio alla sostenibilità e all’ecocompatibilità?

Come già detto si tratta di una sfida importante che gli armatori stanno però già affrontando da tempo. È noto che il trasporto marittimo, in considerazione dei volumi di merci trasportati, risulta essere di gran lunga la modalità di trasporto più eco-compatibile. Il commercio globale via mare è aumentato dal 2008 al 2018 del 40% ma, grazie agli ingenti investimenti effettuati dagli armatori sulle tecnologie delle navi e sulle strategie di navigazione, nello stesso periodo, le emissioni di CO2 sono state ridotte del 10%. Non solo: con l’introduzione del Very Low Sulphur (0,5%) nel 2020, il trasporto marittimo ha ridotto le emissioni di ossidi di zolfo di 7 volte.

Ciò non di meno, lo shipping è un settore “hard to abate” e “capital intensive” per il quale sono stati individuati a livello internazionale obiettivi molto ambiziosi, in particolare con riferimento alle emissioni.

Nella sua strategia iniziale del 2018, l’IMO ha stabilito una riduzione delle emissioni annuali GHG di almeno la metà rispetto al loro livello del 2008 entro il 2050 e una riduzione dell’intensità di carbonio (CII) di almeno il 40% entro il 2030, per arrivare al 70% entro il 2050 sempre rispetto al livello del 2008.

Inoltre, la Commissione UE ha previsto limiti ancor più stringenti con il pacchetto FIT FOR 55. In particolare, il progetto di inclusione del trasporto marittimo nel sistema ETS (Emission Trading System) rischia di affossare la competitività del settore.
Certamente vogliamo continuare in tal senso, ma dobbiamo essere tutti consapevoli che il raggiungimento degli obiettivi fissati non dipende solo dalla volontà degli armatori e che essi devono essere realisticamente accompagnati nel processo della transizione ecologica. Attualmente i combustibili a zero emissioni di carbonio non sono disponibili nelle quantità necessarie per giungere alla decarbonizzazione.

Le risorse finanziarie private, da sole, non sono sufficienti a sostenere, ricerca e innovazione per lo shipping. È necessario che l’Italia, come gli altri Paesi marittimi, sostenga le sue imprese in questo sforzo evitando di mettere a rischio la competitività della nostra industria nei mercati internazionali.

La redazione de IL NAUTILUS ringrazia il Dott. Luca Sisto, Direttore Generale di Confitarma, per questa ampia riflessione.