La riforma portuale secondo Fratelli d’Italia

Roma. Presentata alla Camera, venerdì scorso, una ‘risoluzione’ di sulla loro vision sulle italiane. La ‘risoluzione’, a firma dei deputati, Frijia, , Cangiano, Ruspandini, , della Commissione Trasporti, tutti di FdI, mira a chiarire il ruolo delle AdSP e ponendola alla riflessione del tavolo della riforma della Legge 84/94.

In premessa, si legge che in Italia il ruolo dei porti è strategico: il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati sia al trasporto merci che passeggeri, riuniti sotto16 Autorità di Sistema Portuale; i porti svolgono un ruolo fondamentale, che prescinde dal valore economico direttamente prodotto; i porti sono il punto d’accesso privilegiato per l’approvvigionamento delle materie prime e la commercializzazione dei prodotti finiti del sistema produttivo nazionale, per il quale rappresentano, quindi, un supporto strategico irrinunciabile, contribuendo indirettamente a gran parte della ricchezza prodotta in Italia. In particolare, l’Italia è leader europeo nello Short Sea Shipping, ossia nel trasporto di merci via mare a corto raggio nel Mediterraneo; non meno importante è il ruolo dell’Italia nel traffico passeggeri, in cui spicca la dimensione del settore crocieristico.

Ed ancora, si legge, che il l sistema portuale può e deve continuare ad avere un ruolo strategico, per almeno tre ragioni: economica, relativa alla rilevanza non soltanto del segmento portuale/marittimo ma anche, e soprattutto, dei settori produttivi collegati alla rete portuale e al legame tra efficienza del settore portuale e competitività del settore produttivo nazionale; geo-economica, legata al ruolo dell’Italia nello scenario internazionale e nell’ambito dei nuovi equilibri dettati dal cambiamento delle rotte strategiche per il commercio (re-shoring – friend-shoring); la terza è relativa al ruolo centrale dei porti come nodi essenziali di un sistema logistico integrato e intermodale.

Per Fratelli d’Italia, ogni riflessione deve partire dall’assunto che porti, interporti e aeroporti sono i nodi di una rete logistica lunga e articolata, la cui efficienza è fortemente correlata alla capacità di intervenire in modo organico lungo tutta la filiera, assicurando risorse e progettualità integrata, ma anche scelte oculate in base alla strategicità dei mercati economici e produttivi di riferimento, che siano nazionali ovvero internazionali, diversamente, le risorse impiegate non sarebbero efficaci nell’aumentare la
capacità intermodale della rete logistica.

Il focus della ‘risoluzione’ riguarda la legge 84/94: “ un discorso a parte merita l’impianto normativo che regola la portualità in Italia, nato a metà degli anni ’90 con la legge 28 gennaio 1994, n. 84; attualmente la legge prevede un’Autorità di sistema portuale (Adsp) esplicitamente qualificata come ente pubblico non economico; la stessa legge prevede una governance con un comitato di gestione che esercita funzioni anche di gestione patrimoniale che, in ragione di una non chiara formulazione, sono state interpretate dalla Commissione europea come attività d’impresa; nell’ambito dell’ordinamento italiano le Adsp sono enti pubblici non economici a ordinamento speciale, sottoposti alla direzione e vigilanza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria; nell’ordinamento europeo, invece, le Adsp possono essere qualificate come imprese: la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento”.

Fd’I. afferma che “La circostanza che un ente disponga, per l’esercizio di una parte delle sue attività, di pubblici poteri non impedisce, di per sé, di qualificarlo come impresa; su queste basi giuridiche si fonda la recente decisione della Commissione di procedere contro l’Italia per presunta violazione delle norme sugli aiuti di Stato, perché le Autorità di sistema portuale, in quanto imprese, dovrebbero pagare le tasse sul reddito per i canoni demaniali percepiti”.

Per questo i deputati di Fd’I. affermano che “occorre chiarire il ruolo delle Autorità di sistema portuali ponendole come veri e propri gestori di beni pubblici finalizzati alla massimizzazione della resa economica e, di conseguenza, alla massimizzazione dei posti di lavoro, sia in termini quantitativi che in termini qualitativi; da sempre, la chiarezza delle regole e del sistema di amministrazione costituisce incentivo agli investimenti di lungo periodo da parte delle imprese nelle infrastrutture e ciò favorisce indubbiamente la possibilità di interventi strutturali ai fini del raggiungimento del green deal europeo”.

La ‘risoluzione’ impegna il Governo:

ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rafforzare le reti portuali nazionali con investimenti finalizzati a un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità e, in particolare per: a) il consolidamento, la sicurezza e l’adeguamento della dotazione infrastrutturale; b) la riduzione del deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme; c) la digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain; d) la semplificazione delle procedure amministrative; e) la sostenibilità, con interventi che favoriscano lo sviluppo di porti green;

a valutare l’opportunità di introdurre una differenziazione delle governance tra porti gateway (che competono a livello europeo) e porti che servono esclusivamente il mercato locale;

ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e, in particolare, per: a) un riordino delle competenze dell’Autorità di sistema portuale;
b) un rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in un’ottica di semplificazione di ruoli tra funzioni pubbliche, ad oggi molteplici (Autorità di regolazione trasporti, Agcm, Capitanerie di Porto, Dogane); c) la modernizzazione giuridico-finanziaria delle concessioni portuali, attraverso l’introduzione di chiari principi funzionali alla modulazione degli elementi della concessione (misura dei canoni e durata) in una moderna dinamica di equilibrio economico finanziario; d) la previsione della possibilità per i soggetti autorizzati ai sensi degli articoli 16 e 18 di costituire comunità energetiche per la produzione e consumo di energia rinnovabile;

a valutare l’opportunità di: a) prevedere incentivi all’intermodalità, affinché la tariffa di uso delle infrastrutture portuali sia agevolata sul traffico ferroviario rispetto al traffico su gomma; b) prevedere un meccanismo premiale, come ad esempio l’iper-ammortamento, per le imprese portuali che investono nella digitalizzazione di attrezzature e processi al fine di rendere maggiormente snello e sicuro il processo di arrivo e smistamento della merce in porto, coerentemente con i processi che si stanno implementando anche attraverso R.A.M.;

ad assumere ogni opportuna iniziativa normativa per una modifica delle disposizioni di legge in materia di dragaggio dei porti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 con riferimento al possibile sversamento a mare dei residui idonei per qualità;
ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire una risoluzione dei problemi delle code dell’autotrasporto nell’accesso ai porti con la gestione programmata dei mezzi anche attraverso l’implementazione di sistemi digitali di collegamento tra la rete autostradale e i porti;

ad assumere le iniziative di competenza affinché l’assegnazione delle concessioni portuali, valutata sulla base dei principi sottesi ai mercati rilevanti di riferimento dei sistemi portuali nel loro complesso,

Chiarire il ruolo delle Autorità di Sistema Portuali, “ponendole come veri e propri gestori di beni pubblici finalizzati alla massimizzazione della resa economica e, di conseguenza, alla massimizzazione dei posti di lavoro, sia in termini quantitativi che in termini qualitativi”.