Sull’argomento, interessante per commercialisti marittimo/portuali, riportiamo il commento tecnico di Pietro Giordano EUTEKNE.INFO, scritto stamane per il Gruppo di Studio Eutekne per i commercialisti italiani sull’attualità normativa e giurisprudenziale.
Il regime fiscale delle ‘tasse portuali‘ è stato nel tempo oggetto d’importanti interventi normativi e giurisprudenziali che non sempre sono riusciti a chiarire in via decisiva se le stesse siano rilevanti ai fini dell’imposizione diretta e indiretta.
Tale questione è correlata alla ‘natura istituzionale o commerciale’ delle attività svolte dalle Autorità di Sistema Portuale (AdSP) in quanto enti pubblici.
In tale contesto si è inserita in ultimo l’ordinanza interlocutoria n. 31785/2022 della Cassazione, la quale ha rimesso al Primo Presidente la valutazione su un possibile giudizio a Sezioni Unite per il definitivo chiarimento della disciplina fiscale da applicarsi alle AdSP.
Nello specifico, i giudici erano stati chiamati a esprimersi sulla legittimità delle tasse portuali pretese dall’Amministrazione finanziaria e contestate dalla parte ricorrente che lamentava l’incompatibilità della tassa portuale ex art. 30 del TFUE (divieto di istituzione di dazi doganali e tasse ad effetti equivalenti) ed ex art. 107 dello stesso (divieto di aiuti di Stato), chiedendo pertanto la disapplicazione della normativa interna sul detto tributo ovvero, subordinatamente, il rinvio della questione alla Corte di Giustizia.
Con la pronuncia in commento si è dunque preso atto delle nuove interpretazioni fornite in sede europea, le quali hanno riconosciuto in capo alle AdSP, nonostante l’esercizio di poteri di pubblica utilità, anche una natura imprenditoriale delle attività svolte. Detta affermazione si basa sulla recente decisione della Commissione Europea C (2020) 8498, la quale ha ritenuto che le attività delle AdSP per taluni servizi siano di natura economica.
Su tale presupposto la Commissione ha, infatti, affermato che “ … il mancato assoggettamento delle attività economiche svolte dalle AdSP all’imposta sul reddito delle società comporta un vantaggio selettivo”, ragion per cui “(….) l’esenzione fiscale alle AdSP costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107 par. 1 del Trattato”. La citata decisione della Commissione (tra l’altro impugnata dinanzi la Corte di Giustizia da Assoporti) implicherebbe, se confermata, differentemente da quanto accadeva in passato, la rilevanza IRES e IVA delle tasse portuali pagate alle sopracitate Autorità.
Le descritte conclusioni si pongono tuttavia in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità nazionale. Come prontamente rilevato dai giudici di legittimità, la stessa Cassazione si è infatti sempre espressa per la non commercialità delle attività delle AdSP, affermando al contrario che le “Autorità portuali, quali soggetti regolatori e non produttori di servizi portuali, vanno qualificate sul piano sia funzionale sia finanziario, quali enti pubblici non economici (Cass. SS. UU. 1930/2013 )”, e che dunque “i canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione di aree demaniali marittime non sono soggetti né ad IVA, né ad IRES, trattandosi di importi corrisposti per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali di tali enti pubblici non economici (Cass. 27035/2021 )”.
Il legislatore italiano è già intervenuto per adeguare la normativa domestica al nuovo dettato dell’organo esecutivo europeo. Con il D.L. 68/2022, a emendamento dell’art. 6 della L. 84/1994, si è infatti provveduto a far rientrare le Autorità portuali tra i soggetti passivi dell’IRES ex art. 73 comma 1 lett. c) del TUIR.
La modifica in questione ha fatto salva, tuttavia, la non commercialità delle attività di prelievo autoritativo delle tasse di ancoraggio e portuali sulle merci imbarcate e sbarcate, prevenendo, di converso, l’imponibilità IRES dei canoni portuali percepiti in relazione alle concessioni demaniali.
Nello specifico, ai sensi del suddetto art. 6 è stata sancita la rilevanza IRES dei canoni di concessione, ivi inclusi quelli di cui all’art.18 della L.84/1994 e all’art. 36 del Codice della Navigazione, quale redditi diversi ridotti del 50% a titolo di deduzione forfettaria delle spese (mentre restano escluse da tassazione, in quanto attinenti l’attività istituzionale, le tasse portuali stricto sensu). Ciononostante, tale normativa a oggi non è certo virtuosa di definitività a causa dei citati giudizi pendenti (italiano ed europeo).
Infine, per ciò che attiene i profili IVA, gli stessi riferimenti normativi di cui sopra permetterebbero la riviviscenza della risoluzione n. 40/2004. Quest’ultima aveva, infatti, sancito la natura commerciale dell’attività di gestione dei beni demaniali da parte delle Autorità portuali ex art. 4 del DPR n. 633/72, e dunque l’imponibilità IVA dei canoni riscossi.
Non risulterebbero più validi i chiarimenti dettati dalla successiva circolare n. 41/2008, la quale aveva diversamente confermato l’irrilevanza IVA dei canoni di concessione demaniale e la loro conseguente tassazione proporzionale del 2% ex art. 5 della Tariffa parte prima del DPR 131/1986.
Pietro Giordano EUTEKNE.INFO.