Le esportazioni di petrolio russo rallentano

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Mosca. Le esportazioni russe di via mare sembrano subire un duro colpo, mentre il mercato delle navi cisterna sta risolvendo le implicazioni delle nuove sanzioni dell’UE e del G-7.

Fonti di agenzia di stampa russa affermano che le esportazioni totali di petrolio (comprese le spedizioni tramite oleodotti) sono diminuite dell’11% nel periodo dall’1 al 20 dicembre.

Nella prima settimana dopo l’attuazione delle sanzioni, le esportazioni di navi cisterna sono diminuite di oltre il 50%, secondo i calcoli degli analisti di settore. I volumi delle spedizioni verso l’Europa, per la prima volta da settimane, sono diminuiti, compresi anche i volumi verso gli acquirenti in Asia.

Il problema per la è la carenza di armatori e/o proprietari di navi cisterna disposti a ritirare il greggio. Il petrolio russo viene stigmatizzato e diverse major occidentali hanno segnalato che eviteranno di noleggiare navi che lo hanno precedentemente trasportato.

ExxonMobil in particolare ed l’ESPO (Siberia orientale-Oceano Pacifico) della Russia devono affrontare una sfida: vendere sopra il limite di $ 60 del meccanismo di prezzo massimo del G-7, significa subire le sanzioni. Questo è un problema per molti armatori e i carichi nel porto russo di Kosmino in Estremo Oriente sono diminuiti di conseguenza. Gli analisti stimano che i carichi siano diminuiti della metà a Kosmino nei 10 giorni successivi all’inizio del limite a tal punto che il gigante delle petroliere Cosco si è ritirato dalla rotta commerciale.

Gli armatori indipendenti più piccoli, come quelli dietro la cosiddetta “flotta oscura” di navi esperte che violano le sanzioni, avranno l’opportunità di entrare in una nicchia redditizia.

Nel Baltico le esportazioni russe di greggio degli Urali a basso prezzo potrebbero essere colpite duramente. I porti d’imbarco di prodotti petroliferi sono posizionati idealmente e concepiti per le consegne in Europa, ma quel mercato è ora chiuso e potenziali nuovi acquirenti in Asia si trovano a migliaia di miglia nautiche di distanza. India, Cina e Turchia stanno ancora acquistando gli Urali a prezzi stracciati – a volte al di sotto del pareggio – ma la Russia ha faticato a garantire il tonnellaggio delle petroliere per i carichi del Baltico al fine di effettuare le consegne. Queste sfide ridurranno probabilmente le esportazioni degli Urali di circa il 20% per quest’ultimo mese del 2022.