La decarbonizzazione dello shipping dopo la COP26 porta ai ‘corridoi verdi’

Nasce la ‘Getting to ‘, una partnership tra il Global Maritime Forum, Friends of Ocean Action e il World Economic Forum.

Molte aziende del settore del trasporto marittimo internazionale hanno aderito alla Getting to Zero Coalition, soprattutto perché hanno investito in capitali a ‘zero emissioni’. Già si parla di oltre 150 aziende, tra compagnie di navigazione, aziende che rispondono a tutta la catena del valore dello shipping internazionale ed altre appartenente al settore energetico, oltre ai governi e organizzazioni intergovernative. Tutto il lavoro operativo sarà sostenuto dalla competenza dell’UCL Energy Institute, dell’Environmental Defense Fund e dalla Energy Transitions Commission.

L’ambizione della coalizione Getting to Zero è di avere navi a emissioni zero (ZEVs), commercialmente sostenibili che operino lungo rotte commerciali oceaniche entro il 2030.
Già si parla di ‘corridoi verdi’ (Green Shipping Corridors), una specie di viali marittimi fra alcuni porti (Origine, Destino) escludendone altri; una seaway, simile a quella aerea, dove è possibile controllare tutto, nave, merci ed equipaggi. I ‘corridoi verdi’, in sostanza sono rotte commerciali specifiche tra i principali hub portuali in cui è possibile dimostrare e sostenere soluzioni a emissioni zero.

Queste rotte commerciali saranno supportate dalle infrastrutture necessarie per fonti energetiche scalabili a zero emissioni di carbonio, compresa la produzione, la distribuzione e bunkeraggio e, entro il 2045, di avere il 100% delle navi che utilizzano combustibili a emissioni zero.

Per definire un ‘corridoio verde’, cioè una rotta commerciale green, l’itinerario marittimo dovrà rispondere a quattro elementi fondamentali, come suggerisce la guida/studio Next Wave Green Corridors. 1. Collaborazione cross-value-chain: un corridoio verde richiede parti interessate e impegnate nella decarbonizzazione e desiderose di esplorare nuove forme di collaborazione cross-value-chain per consentire un trasporto marittimo a zero emissioni sia dal lato della domanda che dell’offerta. 2. Una seaway di rifornimento praticabile: la disponibilità di combustibili a emissioni zero e un’infrastruttura di bunkeraggio per il servizio delle navi a emissioni zero sono fattori essenziali. 3. Domanda dei clienti: devono essere messe in atto le condizioni per mobilitare la domanda per il trasporto marittimo verde e per scalare il trasporto marittimo a emissioni zero nel corridoio. 4. Politica e ordinamento: saranno necessari incentivi e regolamenti politici per ridurre il divario di costo e accelerare le misure di sicurezza.

Sono stati condotti studi di fattibilità su due delle tre rotte suggerite: la rotta del minerale di ferro Australia – Giappone e la rotta dei container Asia – Europa. La terza rotta – la rotta del nord-est asiatico – US Car carrier è presentata nel rapporto Next Wave Green Corridors come un caso di studio. Il rapporto fornisce anche un’analisi dettagliata del potenziale di vari combustibili a emissioni zero per ciascuna delle rotte, tra cui ammoniaca, metanolo, idrogeno e diesel sintetico.
Tutto parte dalla Dichiarazione di Clydebank firmata alla COP 26 con cui i governi s’impegnano a sostenere i corridoi verdi. La dichiarazione include 22 paesi firmatari: Australia, Belgio, Canada, Cile, Costa Rica, Danimarca, Fiji, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Giappone, Isole Marshall, Marocco, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna, Svezia, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e Stati Uniti d’America.

Secondo la mission della dichiarazione, i paesi firmatari mirano a sostenere la creazione di almeno sei corridoi verdi entro la metà di questo decennio.
In particolare, i firmatari “riconoscono che una rapida transizione nel prossimo decennio verso combustibili marittimi puliti, navi a emissioni zero, sistemi di propulsione alternativi e la disponibilità globale d’infrastrutture terrestri per supportarli, è indispensabile per la transizione verso la navigazione pulita”.

I firmatari s’impegnano a “formare una coalizione internazionale tra governi ambiziosi, per agire insieme e dimostrare che la decarbonizzazione marittima è possibile, sbloccando nuove opportunità commerciali e benefici socioeconomici per le comunità di tutto il mondo”.

Si può affermare, pensando all’Italia, che l’istituzione dei ‘corridoi verdi’ – risultato positivo della COP26 – porterà a una nuova generazione di porti interregionali che saranno inclusi negli attuali sistemi portuali, riducendo cosi anche il numero delle attuali Autorità di sistema. I porti che non risponderanno ai requisiti per essere ‘nodi’ dei corridoi verdi saranno ‘fuori rotta’ con tutte le de-generazioni socio-economiche che ne verranno. Naturalmente, ci sarà il ‘politico’ di turno, che, contrariamente ai requisiti tecnici di uno scalo marittimo, assisterà il porto ‘A’ a sfavore di ‘B’, come già accaduto con le reti TEN-T.