Negli ultimi anni i contenziosi aventi ad oggetto le soste dei containers ricorrono con frequenza nel trasporto marittimo
Nel trasporto merci via mare tramite containers la riconsegna del contenitore da parte dell’utilizzatore al vettore marittimo che ha effettuato il trasporto rappresenta sicuramente un momento di particolare importanza. Le compagnie di navigazione, infatti, di regola, concedono un periodo di franchigia (c.d. free time) entro il quale i contenitori dovranno essere riconsegnati. Trascorso tale periodo, in mancanza di riconsegna, la compagnia comincerà ad addebitare all’utilizzatore un costo extra che maturerà generalmente su base giornaliera.
Importante la distinzione tra Demurrage e Detention: i primi rappresentano i costi che la compagnia addebita per le soste del container all’interno del terminal portuale, mentre le seconde i costi per le soste maturate al di fuori del terminal.
Non è raro che al momento dell’effettiva restituzione dei containers al vettore, l’ammontare delle somme complessive da pagare possa raggiungere cifre esorbitanti, spesso anche eccessivamente onerose rispetto al valore degli stessi containers e a quello delle merci trasportate.
Diverso è invece il caso dei c.d. storage portuali, ossia quei costi che il terminal addebita alla compagnia di navigazione per le soste del container all’interno dello stesso terminal portuale e che la compagnia riverserà sull’utilizzatore del container.
In primo luogo, è opportuno analizzare la qualificazione della fattispecie contrattuale entro la quale inquadrare la disponibilità dei containers. Occorre quindi, determinare se l’utilizzo del container rappresenti un elemento del contratto di trasporto, una parte imprescindibile dello stesso, oppure se l’impiego del container dia luogo ad un contratto autonomo, distinto e assoggettato ad una disciplina diversa rispetto a quella del trasporto. In più occasioni, la giurisprudenza ha affermato che la messa a disposizione dei contenitori da parte del vettore configura un vero e proprio contratto di locazione, distinto dal contratto di trasporto, e ciò perché la connessione sussistente sul piano tecnico-economico tra utilizzazione dei containers ed esecuzione del trasporto non determinerebbe un vero e proprio “assorbimento giuridico”.
Una delle questioni giuridiche più ricorrenti è quella dell’identificazione del soggetto tenuto al pagamento di tali extra costi (legittimato passivo). Le compagnie di navigazione sono solite includere nei termini e condizioni richiamati dalle polizze di carico una clausola molto ampia di responsabilità, che ricomprende una pluralità di soggetti coinvolti nella spedizione di merci. Sono quindi responsabili in solido il caricatore (c.d. shipper), il ricevitore/destinatario, qualsiasi soggetto possessore della merce ed infine lo spedizioniere. Con riferimento a quest’ultimo, tuttavia, la giurisprudenza di merito e di legittimità tende ad escludere la responsabilità dello spedizioniere in quanto la stipulazione del contratto relativo alla disponibilità dei contenitori non è configurabile come operazione accessoria ai sensi dell’articolo 1737 cc. Con sentenza n. 4009 del 2011 la Cassazione afferma che “tra le prestazioni accessorie dello spedizioniere sono comprese sì la custodia della merce, oltre altri adempimenti, ma di certo non le modalità dei rischi dell’esecuzione, perché egli si obbliga solo a concludere con altri, in nome proprio e per conto del mittente il contratto di trasporto“.
Infine, un altro tema oggetto di dibattito è quello relativo alla qualificazione del corrispettivo dovuto per l’inadempimento contrattuale. A tal riguardo, seguendo gli orientamenti più diffusi, si parla di una somma che ha una funzione assimilabile a quella della clausola penale. Perciò, dovrebbe trattarsi di una prestazione economica stabilita in via preventiva e forfettaria da eseguire in caso di tardata o mancata cooperazione del ricevitore al compimento delle operazioni di sbarco della merce.
Solitamente, poi, per cercare di ridurre il valore finale dell’importo da corrispondere, si fa ricorso all’art. 1384 del Codice Civile, il quale dispone che il valore della penale possa essere diminuito in via equitativa dal giudice “se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento”.
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