ROMA – Una tabella di marcia che renda il settore europeo dei trasporti a emissioni nette zero entro il 2040. È quanto contenuto nel report lanciato oggi da Climact e NewClimate Institute e commissionato da Greenpeace Belgio. La transizione delineata dallo studio è coerente con i tempi indicati dalla comunità scientifica per contrastare l’emergenza climatica ed è in grado di dare il proprio contributo per limitare l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi.
Il rapporto descrive come l’Ue potrebbe alimentare i trasporti attraverso le energie rinnovabili, evitare i biocarburanti e ridurre significativamente la sua quota di emissioni di gas serra, trasformando il modo in cui le persone e le merci si muovono.
Mentre le emissioni di gas a effetto serra (GHG) provenienti da altri settori hanno subito un rallentamento o un calo, le emissioni dei trasporti Ue hanno continuato a salire. Nel 2017, le emissioni legate ai trasporti sono aumentate del 28 per cento rispetto al 1990. Nello stesso anno il settore è stato responsabile del 27 per cento delle emissioni totali a livello comunitario, con cifre molto simili anche in Italia.
La tabella di marcia presentata da Greenpeace si basa sia su leve di natura tecnologica che sistemica. Le prime includono l’elettrificazione rapida del settore e l’aumento dell’efficienza dei trasporti, mentre i cambiamenti a livello sistemico che vengono suggeriti comprendono la riduzione della domanda di trasporto, il passaggio ad alternative sostenibili e il bando totale della circolazione dei motori a combustione interna – cioè alimentati con diesel, benzina o gas – entro il 2040.
«La responsabilità del settore dei trasporti in Europa non si limita alla quantità di emissioni di gas serra e di inquinamento atmosferico prodotta», afferma Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia. «Sulla scia della crisi post-pandemia, in alcuni Paesi d’Europa, le compagnie aeree, le case automobilistiche e le compagnie di navigazione stanno licenziando i propri lavoratori con grande rapidità, nonostante stiano ricevendo cospicui finanziamenti pubblici che dovrebbero essere utilizzati a favore della collettività. A Ue e governo italiano chiediamo di dare priorità, nella ripartenza post-Covid, a persone, ambiente e diritti dei lavoratori, invece che al profitto delle aziende. E di agire per garantire che la mobilità sia realmente sostenibile e accessibile a tutti”.
Lo studio prevede elementi essenziali della transizione come il miglioramento delle infrastrutture per la mobilità ciclistica e pedonale nelle città; investimenti significativi e continui in ferrovie, treni e autobus; l’eliminazione dei voli a corto raggio e lo stop di tutti gli investimenti nel settore dei trasporti ad alta intensità di carbonio, come nuovi aeroporti e infrastrutture stradali ad alte prestazioni.
«La partita per decarbonizzare i trasporti si gioca su più livelli, e abbiamo bisogno di ogni contributo possibile. Da parte delle istituzioni europee, dei governi nazionali e degli amministratori locali», continua Spadini. «Finora, in Italia, le iniziative a supporto della mobilità sostenibile sono state troppo timide. Occorre aumentare coraggio e ambizione se vogliamo davvero rivoluzionare il settore dei trasporti. Il piano per l’utilizzo del cosiddetto “Recovery fund” sarà un grande banco di prova per il governo», conclude.
Dal 15 ottobre 2020 al 30 aprile 2021, tutti i governi Ue dovranno infatti presentare alla Commissione europea i piani nazionali di resilienza e ripresa post Covid-19. In Italia è al momento in corso una discussione proprio per definire gli interventi da includere nel piano. Molte delle misure nazionali contenute nel rapporto potrebbero essere adottate in questo contesto.
Leggi il media briefing (in italiano) e il report (in inglese)