Roma– “Lo sciopero di oggi dei lavoratori del porto di Cagliari rafforza le nostre preoccupazioni e conferma l’attualità delle motivazioni di quello nazionale dello scorso 23 maggio”. A dichiararlo il Segretario Generale, Claudio Tarlazzi, e il Segretario Nazionale, Marco Odone, della Uiltrasporti, che proseguono: “L’assenza di una politica nazionale dei trasporti e di un coordinamento a livello centrale per le infrastrutture, ha consentito alle compagnie di shipping e ai terminalisti portuali di accaparrarsi gran parte delle nostre banchine senza garantire di fatto, traffici e sviluppo del nostro sistema portuale.
“Ad aggravare la situazione – spiegano Tarlazzi e Odone – si è poi aggiunta la crisi del transhipment, i cui effetti si vedono oggi a Cagliari, ma che negli ultimi anni aveva già determinato il collasso dei porti di Gioia Tauro e Taranto.
“Nonostante le nostre sollecitazioni al Ministero dei Trasporti per l’attivazione di un tavolo permanente di confronto sulle emergenze della portualità, non abbiamo ricevuto ad oggi alcun riscontro, né a nulla sono valse le richieste territoriali per scongiurare l’evidente incedere della crisi del porto di Cagliari.
“Non è accettabile che la vita o la morte di un porto sia nelle mani di gruppi imprenditoriali che si sottraggono persino ad un corretto confronto sindacale. Affinché i porti e il lavoro portuale non siano azzerati da un libero arbitrio del gigantismo navale e dell’automazione – proseguono i due segretari – è necessario al più presto creare una vera cabina di regia dei porti italiani partecipata dalle parti sociali, e che sia esercitato un vero controllo pubblico su queste infrastrutture tanto strategiche per il Paese. Occorrono urgenti strumenti di riequilibrio degli organici porto e di riqualificazione professionale in base ai mutamenti del naviglio. Infine è necessario consentire l’esodo anticipato dei portuali in caso di crisi o di inabilità.
“I porti ed i lavoratori portuali sono un patrimonio necessario alla crescita del Pil del Paese e alla ripresa economica della nostra industria manifatturiera; abbandonarli nelle mani di compagnie armatoriali e terminaliste interessate solo alla speculazione senza portare sviluppo, sarebbe una enorme mazzata per le imprese i cittadini del Paese”.