L’incidente occorso recentemente nel porto di Bari al cargo turco “Efe Murat” suggerisce la disamina di un tema speculare quale il regime di responsabilità per i danni causati dalla potenziale perdita, sversamento, fuoriuscita di combustibile dalle navi ossia conseguenti ad avarie derivanti da fughe o scarichi di combustibile delle navi.
All’indomani dell’incidente, difatti, le Autorità locali avevano paventato il rischio di una potenziale fuoriuscita di carburante dalla nave cargo turca con effetti altamente pregiudizievoli per l’ambiente costiero e marino. Fortunatamente quest’ultimo rischio è venuto meno ma, nell’eventualità in cui così non fosse stato, su chi sarebbero ricadute le responsabilità per la fuoriuscita in mare di combustibile navale?
Ci si soffermi a tal proposito sulla lettura della Convenzione sulla responsabilità per i danni da inquinamento da carburante (di seguito denominata “Convenzione Bunker Oil”), siglata a Londra nel marzo del 2001 e successivamente ratificata dal Governo italiano con la Legge n. 19/2010.
Si tratta di uno strumento normativo fortemente voluto dagli Stati nazionali e che è stato applaudito da tutte quelle comunità vittime di fenomeni di sversamento di combustibile in mare da parte delle navi.
Del resto fino all’anno 2001 non esisteva una convenzione internazionale che disciplinasse tale fattispecie: difatti le Convenzioni di Bruxelles, rispettivamente, dell’anno 1969 (Convenzione “CLC”) e dell’anno 1971 (Convenzione “FUND” sull’istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi) operano solo ed esclusivamente nei confronti di quelle navi che trasportano idrocarburi e che subiscono, lamentano fenomeni di sversamento del proprio carico mentre sono in esercizio.
La Convenzione Bunker Oil, al pari della CLC 1969, prevede, in caso di sversamento di combustibile, una responsabilità oggettiva del proprietario della nave. Tuttavia la definizione di proprietario della nave, così come statuito dall’articolo 1, paragrafo 3, può altresì ricomprendere le figure del noleggiatore a scafo nudo, del gestore e/o dell’armatore della nave.
Allo stesso tempo il Legislatore internazionale ha voluto introdurre, specificatamente all’articolo 3, paragrafo 3, della stessa Convenzione Bunker Oil, una serie di ipotesi nelle quali viene esclusa la responsabilità del proprietario della nave: si pensi, rispettivamente, alle circostanze in cui il danno sia dipeso da cause di forza maggiore (evento bellico, fenomeni naturali imprevedibili e irreparabili ecc.), dalla volontà di un soggetto terzo o di un soggetto pubblico responsabile della manutenzione di fari e/o ausili alla navigazione nonché, infine, dalla volontà dello stesso soggetto danneggiato dallo sversamento di combustibile navale.
Questa convenzione, recita l’articolo 2 della stessa, si applica: (I) ai danni cagionati da inquinamento nel territorio, nel mare territoriale e/o nella zona economica esclusiva di uno Stato costiero; (II) a tutte quelle misure preventive, ovunque esse siano adottate, atte alla eliminazione o riduzione di tali danni ambientali.
Secondo le indicazioni della suddetta convenzione, il danno da inquinamento può essere qualificato come: (A) perdita o danno cagionato dalla fuga o dallo scarico di combustibile, fermo restando che l’indennizzo per il deterioramento, prescindendo dalla perdita di profitto a causa di tale deterioramento, deve essere limitato ai costi necessari per l’adozione di ragionevoli misure di ripristino ambientale che sono già state adottate o che devono ancora essere adottate; (B) il costo di misure preventive e le perdite o i danni ulteriori causati dalle stesse misure.
Un aspetto precipuo della Convenzione Bunker Oil riguarda inoltre l’obbligatoria sottoscrizione, da parte del proprietario della nave (di stazza lorda superiore alle 1000 tonnellate nonchè registrata in uno degli Stati contraenti), di una apposita garanzia assicurativa e/o finanziaria a copertura della responsabilità dei danni da sversamento di combustibile navale. Si tratta di una garanzia per un importo che non può mai essere superiore ai limiti di responsabilità applicabili sia a livello nazionale (si pensi, ad esempio, all’articolo 275 del Codice della Navigazione ecc.) che internazionale (v. Convenzione di Londra sulla limitazione di responsabilità per crediti marittimi del 1976).
La sottoscrizione della suddetta garanzia è suggellata dall’emissione di un apposito certificato (in Italia viene rilasciato dalla CONSAP), contenente una serie di informazioni (tipo e durata della garanzia, numero IMO identificativo della nave ecc.) e che deve essere conservato a bordo della nave nonché depositato in copia presso l’ufficio di iscrizione della stessa nave.
Così come stabilito dall’articolo 7, paragrafo 10, della Bunker Oil, “qualsiasi azione di indennizzo per i danni da sversamento può essere esercitata direttamente nei confronti dell’assicuratore o del garante” il quale, dal canto suo, può avvalersi degli stessi mezzi di difesa (ad esempio il diritto di limitazione di responsabilità ma non, invece, la dichiarazione di bancarotta e/o la liquidazione) del proprietario della nave; ad ogni modo l’assicuratore e/o il garante può in qualsiasi momento chiamare in causa il proprietario della nave.
La Convenzione Bunker Oil non si è preoccupata di regolamentare le modalità di esercizio dell’azione di risarcimento del danno da inquinamento, delegando tale profilo ai singoli Legislatori nazionali. Si pensi, ad esempio, nel caso dell’Italia alla Legge n. 979/1982 (“Disposizioni per la difesa del mare”) che legittima lo Stato italiano, ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, a esercitare l’azione di risarcimento dei danni derivanti dall’inquinamento dell’ambiente marino e/o costiero per effetto di una condotta colposa e/o dolosa contra legem.