GENOVA – Con riferimento alla creazione di un gruppo di lavoro nominato a livello ministeriale per la preparazione di una proposta normativa riguardante il settore della logistica, trovo singolare che ciò avvenga senza neppure coinvolgere chi rappresenta migliaia di soggetti logistici, che oggi avrebbero bisogno di alleggerimenti normativi e di velocizzazione, e non di nuove proposte da chi forse conosce accademicamente il settore, ma non ne vive i processi, anche a livello internazionale.
La logistica rappresenta, insieme all’economia dei porti italiani, un fondamentale polo di attrazione per gli investimenti, capace di generare ricchezza ed occupazione, catalizzare risorse e stimolare lo sviluppo territoriale.
Peccato che oggi questo straordinario potenziale resti imbrigliato nelle pastoie di una burocrazia e di un contesto normativo distante anni luce da quello che caratterizza i nostri competitors europei maggiormente business oriented.
Lo spread logistico che ci separa dalle migliori pratiche internazionali è riscontrato, ad esempio, dal Logistic Performance Index elaborato dalla World Bank che, nella sua ultima edizione (2014), colloca l’Italia al 20° posto nel mondo all’interno della classifica riguardante la performance logistica, dopo quasi tutti gli altri principali Paesi UE e diversi altri paesi asiatici.
Questa bassa collocazione in classifica, insieme al maggior costo dell’energia e della burocrazia, pesa molto sulla competitività del nostro Paese e costituisce uno dei motivi principali della bassa crescita economica degli ultimi 13 anni.
Al nostro Paese non servono nuove authorities che nascono con la pretesa poi di finanziarsi drenando risorse al settore di competenza, e senza poi ben esprimere lo ‘scope of work’ delle stesse.
Ciò che occorre, ancora una volta, in primis è il coinvolgimento di tutte le categorie operanti nella filiera logistica e, in secondo luogo, una decisa azione di semplificazione normativa che aiuti il settore a traguardare nuovi orizzonti di crescita.