L’escalation della pirateria ha indotto la Ue ad estendere il mandato della missione navale anti-pirateria Atalanta, autorizzata da venerdì scorso ad attaccare le postazioni dei pirati anche nelle acque interne della Somalia e lungo le coste. Ma il quadro giuridico resta inadeguato, in particolare di fronte all’aumento degli ingaggi privati di militari a bordo di navi che temono di essere assalite.
In questo quadro, fa proseliti la proposta dell’Italia che, dopo il caso dei due marò detenuti in India, ha chiesto ai partner europei di agire per tutelare il principio della libertà di navigazione in acque internazionali e il diritto degli Stati che partecipano ad operazioni antipirateria ad avere riconosciuta una giurisdizione esclusiva per quello che accade in alto mare, che coinvolge i propri militari. La lotta alla pirateria richiede regole di ingaggio il più possibile comuni e vincolanti, per dare un quadro legale certo a chi è impegnato in prima linea: soldati, guardie private, compagnie, Stati.
“L’autoregolamentazione non è una reale opzione in questa area, considerando i rischi legali ed operativi che il trasporto di armi a bordo e il possibile uso della forza comportano”, ha detto Siim Kallas, vice presidente della Commissione Ue, parlando ad una conferenza sulla pirateria oggi a Bruxelless.
La Ue suggerisce di usare l’opportunità offerta dalla 90/a sessione della commissione di sicurezza marittima dell’Imo (l’organizzazione marittima internazionale), prevista in maggio a Londra, per definire un quadro comune di regole. In gennaio e febbraio, la Ue ha registrato un aumento dei numeri di arrembaggi nell’Oceano indiano dopo il calo che era stato segnalato nel 2011. L’Unione europea è molto preoccupata: l’80% delle merci mondiali si trasporta via mare e il 40% delle compagnie di trasporto è controllato da società europee
“Stabilire un approccio comune internazionale e limitare le ‘zone grigie’ pericolose aiuterà a contrastare la pirateria riducendo al contempo i rischi per i marinai, le società e gli stati interessati”, ha spiegato il commissario. Un quadro comune di regole avrebbe inoltre il vantaggio di “stabilire linee di comunicazione tra la sicurezza privata e le forze militari basate sulla fiducia”, ha precisato Kallas.
Matteo Bianchi