Il sistema portuale italiano vive una fase complessa aggravata dalle conseguenze della crisi economica mondiale. Le conseguenze negative sui traffici e ancor più sull’occupazione sono sempre più preoccupanti.
Il destino di Gioia Tauro che coinvolge oltre 400 addetti e quello di altri importanti approdi italiani da Trieste a Genova, da Napoli a Livorno, da La Spezia a Bari desta sempre maggiore preoccupazione.
E, nonostante l’importanza del comparto quale volano della ripresa economica e fattore moltiplicatore della ricchezza del Paese, è stato spesso dimenticato dal Governo e dalle istituzioni.
È questo il contesto nel quale si colloca la ricerca «Il futuro dei porti e del lavoro portuale», promossa da Isfort cui partecipano i sindacati di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti. La ricerca, che sarà presentata il 13 luglio prossimo a Roma, presso la Sala Biblioteca del Cnel, fornisce uno spaccato della portualità italiana a distanza di quasi 20 anni dalla legge di riforma del sistema portuale.
L’indagine conoscitiva sulla situazione dei porti italiani e delle questioni dell’organizzazione del lavoro al loro interno costituisce una specificità della ricerca messa a punto da Isfort nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio Nazionale dei Trasporti Merci e la Logistica. Si tratta di un esame accurato dei meccanismi di funzionamento di alcuni dei maggiori porti italiani, quelli scelti nell’occasione sono Ravenna, Trieste, Genova, Napoli e Gioia Tauro.
Ne emerge una sorta di far west, come sottolineano i ricercatori dell’Isfort. Un quadro complesso che richiede soluzioni incisive alla vigilia di quella riforma portuale che sembra essersi arenata nelle aule parlamentari.
Flessibilità e dignità del lavoro, sicurezza e produttività del ciclo portuale, ridimensionamento degli addetti al lavoro portuale e crescita deregolamentata di figure professionali precarie nelle piattaforme logistiche dell’entroterra tratteggiano uno scenario denso di criticità e foriero di forti tensioni sociali ed economiche che rischiano di minare la già precaria efficienza del sistema logistico italiano, aggravando gli oneri sociali ed industriali.
Salvatore Carruezzo