Mediterraneo e rotte

Negli ambienti dello si parla di Mediterraneo e di rotte da e per il nostro Paese. Tutti gli addetti ai lavori, concordano che per evitare l’emarginalizzazione degli scali portuali della maggior parte delle Regioni italiane, occorre riconsiderare alcuni concetti su “portualità e logistica”; naturalmente Libia e regioni del Maghreb permettendo! Ed il è sempre quello: l’ dei porti. Ma di quali porti si parla? Di quelli sede di Autorità portuale o di quelli che sono baricentrici di sistemi portuali? Il Governo, quando parla di autonomia finanziaria si riferisce ai sistemi portuali per aree e cioè al sistema tirrenico ed a quello adriatico; non si riferisce certo a quei porti che arrancano anche sull’esiguo numero di tonnellate di merci movimentate ed non hanno mai visto attraccare neanche un “” . Ed allora, nella riforma federalista i porti “generalista” non ci sono e di questi di “autonomia finanziaria” ancora non se ne parla; si sta discutendo se standardizzare  principi di autonomia, oppure essere decisi di applicarla solo a quei sistemi portuali con movimentazione di tonnellate di merci a dimensione europea: questo è il tema fondamentale nello shipping italiano ed anche europeo. Per aumentare la capacità ad attrarre traffici da e per il nostro Paese occorrono investimenti finanziari di valore. Esistono esempi nel Mediterraneo, sia in Spagna sia in , oppure come per il porto di Tangeri, dove il Governo marocchino ha investito 7,5 miliardi di euro, cosa impraticabile in Italia. Per essere competitivi bisogna adeguare le infrastrutture; individuare nuove forme di finanziamento dei porti, coinvolgendo anche i privati; almeno questo per quanto riguarda le funzioni di un porto, mentre per le infrastrutture primarie (dighe, banchine attrezzate, funzioni permanenti ferroviarie, darsene per approvvigionamento ) se ne dovrà fare carico lo Stato, in quanto ed interesse nazionale. Si riflette che l’evoluzione dei finanziamenti degli investimenti in ambito europeo sta cambiando, mentre in Italia si è ancora al finanziamento frazionato per tutti i porti, perché si dispone di una frammentazione della portualità; se in altri Paesi si parla di finanziamenti per assi portanti e strategici portuali di un paese, in Italia non abbiamo neanche una strategia portuale nazionale. Alla fine l’Europa, visto che sarà sempre la fonte finanziaria più cospicua, ci costringerà a decidere e stabilire quali sono i porti importanti per una strategia condivisa europea/mediterranea.

Abele Carruezzo