(Foto courtesy Ministero Sviluppo Economico)
Roma. Si aspettava delle novità nella formazione del Governo del Presidente Giorgia Meloni e puntualmente sono arrivate. Forse la novità più significativa è stata l’istituzione del Ministero del Mare.
Più volte da queste pagine, abbiamo descritto l’importanza di un ‘ministero del mare’ per un Paese come l’Italia che era diventato solo di ‘poeti e di santi’, dimenticando di avere lunghissime coste bagnate dal mare e tanta storia plurisecolare di identità marittima e marinara.
Lo scorso luglio la Francia ha nuovamente istituito, dopo trenta anni, un proprio Ministero del Mare, per attuare la strategia marittima francese auspicata dal presidente della Repubblica, Macron.
Possiamo dire che ne parliamo dai primi anni duemila: comunicati, articoli, interviste e finanche proposte di legge presentate alle Camere. Quello che la ‘sinistra’ per tanti anni non ha fatto, dimenticandosi del Mare, l’ha fatto in pochi giorni un Presidente del Consiglio dei Ministri come Giorgia Meloni.
Perché è importante un Ministero del Mare: in primis per garantire tutta l’azione di uno Stato in un settore strategico come quello marittimo/marinaro; quello dell’economia blu, dalle industrie navali ai porti e ai trasporti marittimi, compresa la pesca e l’acquicoltura, ma anche turismo, navigazione, energia marina o biotecnologia, e tutti i servizi associati.
Il settore dello shipping internazione in forte evoluzione epocale, dalle navi e nuovi sistemi di propulsione e uso di combustibili alternativi, dai porti e nuove infrastrutture sostenibili e in trasformazione ecologica e digitale, dagli uomini e nuove competenze tecniche, tecnologiche e legali insite nel comando di una nave.
Un settore che investe l’economia, le imprese marittime e logistiche, il processo del trasporto marittimo con tutte le sue declinazioni non poteva e non può essere governato da segmenti di managerialità (più corridoi istituzionali) con ottiche diverse di rappresentazione dei problemi inerenti al mare. Abbiamo assistito a tanti regole unionali e non, regolamenti a volte inutili con lo scopo burocratico di certificare una professione – quella dei marittimi – solo per giustificare l’esistenza di corridoi legali, perdendo di vista la funzione principe di un lavoro sul mare e per il mare.
Siamo consapevoli che occorre un’analisi seria e puntuale per risolvere i problemi che bloccano uno sviluppo di un settore strategico per il nostro Paese, come quello marittimo/marinaro/portuale; un settore di eccellenza dell’economia, dell’impresa e del lavoro che vale il due percento del Pil nazionale e che interessa 180 mila imprese e occupazione per almeno mezzo milione di persone e senza considerare la catena del valore, dai cantieri alla pesca e al turismo. Numeri e sottosettori che richiedono un riordino complessivo della normativa che regola e governa tutto il comparto.
Se effettivamente si vuole percorrere, da protagonisti, le scene mondiali dello shipping, per una nuova epoca della marineria italiana, il rilancio dell’economia blu e del suo indotto (marittimo e terrestre in ottica di logistica integrata), occorre un Ministero del Mare che abbia un’autorevolezza amministrativa unica e sia un preciso ‘punto di riferimento’ istituzionale per una riorganizzazione verso una modernità efficiente/efficace.
Un Ministero, come punto di riferimento istituzionale, anche per un’istruzione tecnica nautica e per una formazione professionale marittima, incluso l’aggiornamento sulle nuove tecnologie, sarebbe importante per guidare i lavoratori del mare e sul mare, elevando tale professione ai livelli dei poeti e dei santi.
Credo che la nostra Italia del Mare e dell’Economia Blu meriti, dopo 23 anni, di avere un terminale istituzionale affidato per un’azione amministrativa unica come il Ministero del Mare che comprenda anche la delega alla Guardia Costiera. Ministero che abbia un approccio basato sulla comprensione, condivisione e ascolto, affabilità, generosità, nell’attesa che il nuovo Governo si faccia carico con una legge precisa. Grazie Presidente Meloni.