L’Associazione Italiana Ambiente e Sicurezza, in collaborazione con l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, porta a Brindisi l’eccellenza del diritto ambientale nazionale ed internazionale.
Brindisi. Questo pomeriggio, nella sala dell’Autorità portuale, si à svolto un convegno su un tema ‘annoso’ e tutto italiano, quello dei dragaggi e la gestione dei sedimenti marino costieri.
Dopo i saluti del presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, Prof. Avv. Ugo Patroni Griffi, è intervenuto il Prof. Avv. Federico Peres – B&P Avvocati – che ha illustrato il quadro normativo italiano molto disarticolato e a volte contradditorio, auspicando un testo unico come quello europeo.
Il dott. Sergio Cappucci, ricercatore dell’Enea, ha sviluppato il tema della gestione sostenibile dei sedimenti quali risorsa strategica e di sviluppo territoriale.
Il raffronto con la normativa oltre oceano è stato sviluppato da Philip Spadaro – TIG Enviromental, Bedminster New Jersey Stati Uniti – che in collegamento dagli Stati Uniti, ha esposto la regolamentazione della gestione dei sedimenti negli USA. Spadaro è uno dei maggiori esperti internazionali nella riqualificazione urbana e industriale del lungomare, nella pulizia dei sedimenti e negli effetti ambientali del dragaggio.
Il convegno è seguito con gli interventi di ARPA Puglia, del dott. Nicola Ungaro e del dott. Giuseppe Bortone, ARPA Emilia-Romagna; sugli aspetti tecnico-scientifici e le prospettive di una riforma adeguata per un paese che confida in uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia dell’ambiente ha esposto il dott. Pellegrini dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in qualità di primo ricercatore presso ISPRA e responsabile della sezione sperimentale per la valutazione del rischio ecologico in aree marino costiere.
“Un tema di attualità per i porti in ambito nazionale – ha detto Patroni Griffi- e soprattutto per il porto di Brindisi”.
Le operazioni di dragaggio del porto di Brindisi, sappiamo, che se ne parla da circa un ventennio, e ancora no si vede risoluzione all’orizzonte.
Il presidente dell’AdSPMAM , ha dichiarato che “molti progetti di nuove infrastrutture portuali per il porto di Brindisi, sono stati elaborati e presentati al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, valutati, approvati e finanziati, ma che non hanno inizio per il problema dei dragaggi e dei sedimenti. L’unica risoluzione tecnica e rispettosa dell’ambiente per i risolvere i dragaggi, in aree Sin ad oggi è la cassa di colmata”.
Facciamo notare, come altre volte abbiamo riferito, che non avendo il nostro mare ‘fosse’ adeguate per praticare il capping, come non è perseguibile il processo/metodo granulometrico e di lavaggio per i costi esorbitanti e non sostenibili.
Ricordiamo che è risaputo che un’area Sin, così vasta come quella di Brindisi, è stata concepita, solo sulla carta, da qualche ‘mente’amministrativa che mirava ad avere solo più fondi dal Ministero; anche perché i tanti esami chimico-fisico-batteriologici ed eco-tossicologiche dei prelievi dei campioni carotati nel porto di Brindisi non hanno prodotto una realtà tanto inquinata, come la si vuole declinare localmente; i risultati rientrano negli standard europei e poi non si comprende perché nella tanto desiderata Europa Unita in Francia si draga normalmente, come in Olanda e in altri Stati membri, mentre in Italia no!.
L’Avv. Federico Peres, dello studio B&P Avvocati, ha chiarito che con il D.L. 1/2012, conv. in L.27/2012, art. 48 – Norme in materia di Dragaggi (modifica sostanziale della norma di riferimento di cui alla L. n. 84/94)- in particolare, detta una normativa unitaria delle aree portuali inserite nei Siti di Interesse Nazionale ( definiti ai sensi dell’art. 252 D. Lg. vo 152/2006 – Codice dell’Ambiente); contestualizza le operazione di dragaggio nell’ambito dei piani di bonifica, con conseguente ‘semplificazione’ dell’iter procedurale; disciplina genericamente ( al comma 8) la gestione dei materiali di dragaggio dei fondali portuali non compresi in SIN.
Poi, l’Avv. Peres ha sottolineato che il sedimento dragato non è un rifiuto; infatti, si definisce ‘rifiuto’ qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Mentre il materiale dragato non è apoditticamente un rifiuto; chiaramente i materiali di dragaggio contaminanti e pericolosi sono giustamente qualificati e gestiti come rifiuto.
I materiali di dragaggio non contaminanti, non essendo rifiuti possono essere riutilizzati (in mare o per formare terreni costieri o per ripascimento); mentre i contaminanti ma non pericolosi non sono qualificati rifiuti e vanno gestiti in ossequio a previsioni di legge apposite e possono essere situati in apposite strutture di contenimento.
Sostanzialmente, ha ribadito Peres, il materiale dei dragaggi è un ‘sottoprodotto’ e non un rifiuto; cioè qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tra tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Esiste un vuoto legislativo e difformità fra gli Enti preposti alla vigilanza ha detto Peres, e in più che non esiste una norma di riferimento specifica per i materiali da dragaggio in area portuale. Mentre, in Italia, la norma è invece prevista per i materiali fluviali e lacustri, giusto l’art. 39, comma 13 d. lg. vo 205/2010.
Infine ha ricordato una sentenza della Cass. Penale, sez. III n. 20886/2013 che definiva ‘Sottoprodotto è ciò che non è mai stato rifiuto, costituendo invece materiale immediatamente riutilizzabile’.
Osservazione.
La scorsa Legislatura, gli On. li Nobili, Fregolent, Paita, Rixi, Furgiuele, Fogliani per migliorare la competitività dei sistemi portuali, avevano proposto la ‘semplificazione della disciplina del dragaggio’. Sostenevano che il settore della portualità rappresenta uno dei principali motori di sviluppo del nostro Paese. Il commercio marittimo produce valore aggiunto per le economie del territorio locale e nazionali in grado di promuovere innovazione e sviluppo.
Con una modifica introdotta con il decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020, si è previsto che per le operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere, oltre che nei bacini idrici, anche se non posti in siti d’interesse nazionale, si utilizzano comunque le modalità e le migliori tecnologie disponibili finalizzate a mitigare i rischi di propagazione di contaminanti, ove presenti.
Si auspica nelle more di fare riferimento anche alle più avanzate esperienze realizzate nell’Unione europea. Basti pensare al porto di Rotterdam, centro pulsante della logistica europea, che occupa vaste aree d’insediamenti logistici, di terminal portuali, di fabbriche, di raffinerie e aree per lo stoccaggio di prodotti energetici. L’Italia, pur avendo una realtà diversa e complessa, non riesce a semplificare le azioni amministrative per essere competitiva in Europa; forse che l’Italia è un’altra Europa?