Tassazione porti: Governo Draghi soccombe a Bruxelles

Roma. Colpo di coda del Governo Draghi, uscente, sulla tassazione dei porti. Un emendamento al Decreto Legge , approvavo, tenta di risolvere la vertenza con la Commissione Europea. Per il Governo Draghi in definitiva l’attività concessoria sarà riconosciuta come attività di impresa.

L’attività di concessione delle AdSP è un’attività d’impresa, come la locazione: si impone una relativa tassazione, mentre gli Enti portuali non possono determinare i canoni e di utilizzarli come strumenti negoziali nei rapporti, commerciali, con i terminalisti; anzi questi ultimi continueranno a beneficiare dei canoni, oggi pretesi dallo Stato per l’utilizzo del proprio demanio portuale, fissati da una legge del 1989 su una valutazione patrimoniale e non di profittabilità economica delle relative aree.

La Commissione Europea aveva intimato all’Italia di cancellare l’esenzione per i proventi delle AdSP dalla tassazione dei redditi d’impresa, con il bene placido del Governo uscente. Parrebbe una decisione di amministrazione corrente, ma, in effetti, si tratta di un cambio d’indirizzo politico a favore dell’UE. In effetti, il Ministro Giovannini non si è mai espresso sulla questione, lasciando passare del tempo e dimenticando le azioni proposte dai suoi predecessori tutte contrarie al provvedimento europeo. Azioni, però, che sono state solo a parole e formali senza un vero contradditorio con Bruxelles per risolvere definitivamente la questione in maniera negoziale. Erano state le AdSP a difendere in sede legale la piena natura statale delle proprie funzioni, caposaldo della strategia giuridica nel ricorso contro la Commissione in attesa del pronunciamento da parte del Tribunale della UE.

Ora il Governo uscente, con un emendamento apre alle istanze della Commissione, mentre il mondo politico è impegnato sulle questioni, poco interessanti, portate avanti da Salvini con Putin: emendamento al Decreto Legge ‘ Infrastrutture e Mobilità’ proposto dall’ex sottosegretario ai Trasporti, Salvatore Margiotta (Pd) e approvato nella notte di ieri dalla Commissione Lavori Pubblici- in via di conversione al Senato e previa riscrittura da parte della Commissione-.

All’articolo 6 della Legge Portuale viene aggiunto: “… non costituisce esercizio di attività commerciali, in quanto esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici, l’attività di prelievo autoritativa delle tasse di ancoraggio, delle tasse portuali sulle merci sbarcate e imbarcate e delle tasse per il rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 16 della presente legge”.

“… i canoni percepiti dalle Adsp (…) sono considerati redditi diversi e concorrono a formare il reddito complessivo per l’ammontare percepito nel periodo d’imposta, ridotto del 50 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese”.
Si vuole legiferare che tutto il ricavato dalle AdSP dalle tasse portuali non concorre a determinare un reddito imponibile. Mentre le riscossioni dei canoni – redditi diversi – (sottigliezza sinistra) vengono, di fatto, assimilati a redditi da attività d’impresa. Si ritiene che le AdSP rientrino tra i soggetti passivi dell’Ires (imposta sulle società) come tutte le società private e quindi società commerciali.

Un indirizzo ‘politico’ un po’ controverso per abbandonare il ring e lasciare alle AdSP di adire nelle sedi giurisdizionali competenti per vertenze tra gli Enti portuali e i concessionari.
E ancora, l’emendamento del Pd prevede che tali novità abbiano decorso dal primo gennaio 2022, come richiedeva Bruxelles e non sappiamo se la Commissione continuerà con il suo ‘contro ricorso’ presso il Tribunale europeo e sulla eventuale sanzione.
La contraddizione dell’emendamento Pd è chiara: per quanto riguarda le entrate da tassazione si prevede che sia un decreto del Mims, di concerto col Mef, a stabilire “i limiti minimi e massimi”, nonché i “criteri per la determinazione degli stessi”; saranno le Adsp a determinare i vari importi all’interno di tale forbice destinandoli – si legge nell’emendamento – “alla copertura dei costi per la manutenzione e lo sviluppo delle parti comuni dell’ambito portuale, destinate alla difesa del territorio, al controllo e tutela della sicurezza del traffico marittimo e del lavoro in ambito portuale, alla viabilità generale e ad attività che si connotino come estrinsecazione di potestà pubbliche, nonché al mantenimento dei fondali, oltre che alla copertura di quota parte dei costi generali”, non si parla invece della determinazione dei canoni, che resterà quindi quella attuale.

Infine, non si comprende come finirà il ricorso depositato da tutte le AdSP italiane, con il coordinamento di Assoporti, presso il Tribunale dell’Unione Europea, dove è stato chiesto l’annullamento della decisione della Commissione UE del 4 dicembre 2020, portato avanti dagli avvocati Francesco Munari, Stefano Zunarelli, Gian Michele Roberti e Isabella Perego.

  • Si allega la proposta Pd