Decarbonizzare i trasporti marittimi non significa de-potenziare i porti

Il mondo dell’energia sta affrontando due sfide epocali, destinate a incidere profondamente sulla vita del pianeta e dei suoi abitanti. La prima riguarda la ‘questione climatica’, sempre più centrale nelle politiche globali e che richiede soluzioni concertate dai paesi a livello mondiale.

La seconda, altrettanto importante, è un ‘problema locale’, che le amministrazioni locali si dovranno fare carico per poter risolvere il grande problema dell’inquinamento. Sono due esigenze che stanno alla base della ‘transizione energetica’, il processo che accompagnerà il mondo verso un sempre maggiore utilizzo di fonti rinnovabili e più in generale verso un modello economico più sostenibile, anche grazie alle nuove tecnologie e al risparmio energetico.

Nella transizione energetica, il gas è in grado, da un lato, di fornire i servizi di flessibilità, sicurezza e diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetiche e dall’altro di sostenere un processo verso una ‘low carbon economy’ al minor costo complessivo per il sistema, grazie anche alla disponibilità di una rete infrastrutturale già presente e diffusa, come quella italiana, e allo stesso tempo favorire la dello stesso vettore gas attraverso lo sviluppo di gas rinnovabili, quali biometano, idrogeno e gas sintetico.

L’Unione Europea può abbattere del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 con il 10% di gas rinnovabili nelle reti di trasporto dei Paesi membri. L’immissione di una quota del 10% di gas rinnovabili (biometano e idrogeno) nelle reti di tutta Europa, insieme all’aumento dell’elettricità rinnovabile, consentirà al continente di raggiungere la neutralità climatica nel 2050, abbattendo del 55% le emissioni di CO2 già entro il 2030.

Nel settore dei trasporti marittimi, l’uso crescente del Gnl come combustibile navale vede l’incremento dei flussi commerciali di gas naturale importati in Europa su navi metanifere (che non solo trasportano, ma possono anche usare il gas naturale come fonte energetica), al fine di sostituire progressivamente i flussi di gas che venivano veicolati attraverso i gasdotti tra l’Europa e la Russia.

Il gas naturale è la soluzione più immediata per diversificare l’utilizzo del combustibile tradizionale per le navi e i porti devono e dovranno – per la transizione energetica – disporre di un flusso continuo di combustibili alternativi decarbonizzati. La ragione è di natura strutturale ed è legata alla sicurezza energetica oltre alla decisione dei governi europei di ridurre la propria dipendenza dal gas russo a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
Il Gnl può contribuire a ridurre le emissioni di NOx, SOx e altri inquinanti atmosferici rispetto al combustibile navale standard; il Gnl è considerato il combustibile più promettente per sostituire l’HFO in navi operanti nell’Artico a far data dal luglio 2024 come stabilito dall’IMO.

E allora per una completa decarbonizzazione del settore navale e in attesa di tecnologie operative, è importante sviluppare soluzioni alternative non solo su rotte specifiche e su grandi porti, ma anche su altre rotte e su altri porti. Lungo le rotte tra i porti dell’Asia Orientale e l’Europa, le navi consumano migliaia di tonnellate di combustile per ogni singolo viaggio, (durata 30-40 giorni), e per questo hanno bisogno di rifornimenti (bunker) disponibili nei porti.

Riconoscere un porto, nella sua accezione più ampia che non sia solo ‘turistica’, e garantirne la sua presenza come door dell’Europa da/per l’Oriente, la governance politica e non solo di una città che basa il suo sviluppo economico su di un porto, dovrebbe valutare le considerazioni tecniche espresse dal Ministero nel suo rapporto STEMI sulla decarbonizzazione dei trasporti, se vuole competere come scalo su queste rotte. Un porto non termina la sua funzione operativa per volere di un sindacato; un porto è sempre un’infrastruttura strategica per intessere rapporti commerciali con i Paesi ‘front coast’ alla sua area marittima, come il Nord Africa e l’Oriente, Paesi che già guardano e pianificano la loro transizione energetica oltre il Gnl.

Per un’amministrazione locale declinare le proprie responsabilità di una politica ‘industriale’ verso le valutazioni di un sindacato o di qualche associazione d’imprese significa non comprendere il proprio ruolo democratico che i cittadini le hanno affidato con il voto. Non è importante quanto un territorio abbia prodotto in ambito energetico e in più senza riconoscere quanto un comparto industriale abbia contribuito allo sviluppo economico occupazionale di quel territorio; è solo propaganda enunciare il teorema ambientalista dell’aver già dato; oggi si parla di essere presente o meno nello scenario di una transizione energetica con un piano di breve e medio termine che sappia rivalutare il ruolo strategico di un porto che la storia e la geografia gli ha assegnato.

Il Mediterraneo sta offrendo in questo periodo grandi possibilità per lo sviluppo del traffico ro-ro e ro-pax offrendo ai porti del Mezzogiorno un ruolo strategico nell’Italia del PNRR e dando loro capacità finanziaria per affrontare le sfide future. Infatti, i porti dell’Adriatico meridionale, del Tirreno e dello Ionio, se adeguatamente infrastrutturati e organizzati, costituirebbero una piattaforma logistica ideale verso l’Est e verso l’Africa.

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