“Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro“.
(Trad. it. a cura di Luigi De Nardis in Charles Baudelaire, I fiori del male, Feltrinelli, Milano, 1996)
L’uomo e il mare, da sempre è un binomio che enuncia direttamente i poli tematici tra due soggetti, attraverso lo stesso espediente retorico di vicini l’uno all’altro di ‘eterni fratelli’.
Prima la natura stabilisce un rapporto che potremmo definire di inclusione dell’uomo nell’infinità del mare, e poi esplicitamente l’uomo e il mare vengono posti sullo stesso piano gnoseologico di eterna fratellanza.
Antico pare il sentimento che lega l’uomo al mare e da subito è proprio l’uomo a essere posto in primo piano lungo le antiche ‘rotte per rombi dei venti’ eterni, per spazi loxodromici e odeporici da rendere l’uomo libero.
Il navigare, ‘dolce in questo mare’, aiuta l’uomo a contemplare la sua anima nell’infinità del mare che ne diviene quasi strumento conoscitivo. E grazie alla ‘ navigazione’, l’uomo ha realizzato ponti.
‘Mediterraneo, mare territorio e ponthos dell’uomo’: ampio teorema dei Paesi costieri che intrecciano sfide complesse che riguardano non solo la mobilità delle merci e delle persone, con i flussi migratori, ma anche dell’informazione della cultura, del turismo e dell’impresa marittima/marinara. Genericamente possiamo affermare che i termini semplici vengono fatti corrispondere all’uomo e quelli complessi al mare: ambiguità dialettica al cui interno si colloca anche il rapporto di affinità-rivalità dell’uomo e il mare.
Il sogno dell’uomo è abbandonare la strategia della competizione fra coste e nazioni per creare una circolarità tutta mediterranea, eliminando le disparità e facendo nascere una dimensione geografica nuova per i Paesi tutti. Un nuovo Mediterraneo con il recupero del rispetto di un territorio da percorrere con delle rotte nuove delle civiltà del mare e con le categorie più alte della persona umana: accoglienza-disponibiità-ascolto-solidarietà e sostenibilità. Tutti ‘marinai’ che camminano sulle strade ‘rotte’, nel Mare Nostrum di tutti, che sanno leggere il mare e sanno tradurre i segni di un ambiente marino in valori, storie e aspirazioni di una identità culturale che aiuta a realizzare la propria missione, quella dell’Umanità.
A questo scenario si contrappone un orizzonte prossimo venturo a ‘quinte mobili’. Oggi stiamo nel mezzo di una transizione epocale: la società è segnata dalle trasformazioni che la definiscono ‘liquida’ (Bauman), ‘del rischio’ (Beck) e dei ‘legami fragili’ (Sennett). Si parla di una visione delle relazioni post covid e post carbonio, ma soprattutto di connettività e collaborazione fra Enti. Dopo una ‘digitalizzazione’ delle informazioni con internet, con gli algoritmi che si sono impossessati della conoscenza, siamo passati alla ‘digitalizzazione’ delle relazioni sociali con i social media, ‘schiavizzando’ i comportamenti umani al potere degli algoritmi. Ci troviamo sul nascere della ‘terza piattaforma’ che digitalizzerà il resto del mondo: cose, merci, e vettori di trasporto aereo, marittimo, stradale e ferroviario saranno leggibili dalla macchina e assoggettati al potere degli algoritmi.
Attraverseremo una vera e propria mutazione antropologica, introducendo una nuova variante evolutiva della specie, l’Homo digitalis, che supererà l’Homo sapiens, liberando il tempo dal lavoro per migliorare l’ambiente e la salute.
‘Mare ponthos dell’uomo’. Da sempre i porti sono stati le gateway dei commerci e fonte per il benessere del continente europeo che cammina sul territorio mare mediterraneo. Il passaggio di merci e passeggeri ha portato ad un continuo afflusso di nuove idee, innovazioni tecnologiche e ad una varietà di influenze culturali provenienti da tutto il mondo.
Il processo del trasporto marittimo ed i porti sono sempre esistiti, passando attraverso le varie fasi storiche dalla tecnologia: da quella definita ‘fragile’- remi, vela- a quella ‘agile’ – vapore, elica, elettrica – hanno segnato il loro progresso. Oggi assistiamo ad una visione cambiata, fatta di dimensioni di navi, di trasporto long way e short way e di logistica con le supply chain, mai vista prima; e tutto ciò ha richiesto infrastrutture portuali adeguate ed una maggiore efficienza delle operazioni portuali per la movimentazione merci. Si è avuta la necessità di espandere il fronte mare e la retroportualità – zone economiche speciali e logistiche – per essere sempre più un ‘nodo’ infrastrutturato per soddisfare una intermodalità integrata.
Anche l’ambiente operativo del ponte di comando di una nave è cambiato rapidamente; il che ha reso essenziale garantire che gli ufficiali delle navi in plancia comprendessero i sistemi più moderni e innovativi e soprattutto le procedure. La ‘navigazione’ è diventata molto più accurata e diretta in molti modi, al punto che oggi si parla di ‘e-navigation’ e gli ufficiali hanno a disposizione una maggiore quantità d’informazioni che guidano il loro processo decisionale. “E” come ‘enhancement’, cioè migliorativa in efficienza e qualità di informazioni. Nella teoria/pratica della ‘navigazione’ del secolo scorso, i sistemi ‘data reckoning’ di una nave erano considerati ‘fragili’ perchè i dati navigazionali e di ship safety erano generati dall’utente e ne doveva gestire gli errori. Nella ‘e-navigation’ i sistemi sono più stabili, i dati più affidabili e riguardano una pre-compilazione e gestione degli itinerari.
Fra le tante strade ‘rotte’ – la Francigena del Mare, la Ellenica del Cammino Materano, il Cammino del Mare – esiste da sempre una strada, più antica e molto più importante: quella della Via Appia – regina viarum – corridoio, via terra/mare, infrastruttura intermodale fondamentale di unificazione delle regioni centro-meridionali della penisola italiana; naturale via di comunicazione tra Roma – caput mundi – e l’Oriente, l’oriri dell’uomo stesso. Percorrendo la ‘via Appia’, giunti a Brindisi, si lasciava la strada dritta per quella rotta del mare: mettendo la poppa del legno -aratro del mare – alla Colonna del Porto (erano due le Colonne romane) e la prora al ‘rombo’ grecale (Nord-Est), si percorreva un’autostrada del mare naturale verso l’Oriente ellenico. Importante, anche durante il secolo moderno, un’altra autostrada del mare: la ‘valigia delle Indie’ che partendo da Londra, passava da Brindisi e poi, attraversando il Canale di Suez, giungeva a Bombay.
Le ‘autostrade del mare‘ hanno permesso all’uomo di coniugare i vantaggi del mare e dei porti con le potenzialità della città. Fiumi d’inchiostro blu hanno scritto le rotte segnate dai venti della rosa per partire e arrivare nelle città-porto del mare fra le terre; mare territorio di uomini dediti alle religioni, alle scoperte, alla cultura, alla tecnologia, anteponendo sempre la communitas all’immunitas. Le ‘shortseaway’ hanno instaurato piene relazioni tra porto-città, divenendo, con le navi che le percorrono, ambasciatori del porto di origine/destino e disegnando un giusto compromesso, funzionale e spaziale, tra porti e città.
Le ‘autostrade del mare’ nascono in Europa negli anni ’90 del secolo scorso, per sostenere il mercato unico e garantire la libera circolazione delle merci e delle persone dell’Unione europea: “collegare tra loro i porti del Mediterraneo con una modalità di trasporto marittimo eco-sostenibile”.
Grazie al Gruppo Armatoriale Grimaldi, compagnia leader a livello internazionale per il trasporto marittimo di merci e passeggeri, che ha riconosciuto nelle ‘autostrade del mare’ la modalità di dislocare per mare e su mare auto, merci rotabili, container e passeggeri, e soprattutto grazie ad una flotta di navi dedicate, le ro-ro e le ro-pax, che favoriscono una mobilità ambientalmente sostenibile.
Così, come ai tempi antichi, oggi, grazie al Gruppo Grimaldi, Brindisi si scopre di essere un ‘casello’ delle autostrade del mare per navigare lungo le rotte da/per la Grecia: Igoumenitsa, Corfù e Patrasso. Una modalità di trasporto, quello delle ro-ro, intra-europeo e del Mediterraneo con una forte potenzialità di crescita nei prossimi anni, rendendo Brindisi un hub di tale segmento di traffico, grazie anche alla spinta dell’Unione europea.
Una strada del mare, con rotte a medio e corto raggio – SSS Short Sea Shipping – su cui è possibile sviluppare la logistica integrata, che garantisce capacità di trasporto e puntualità sulle frequenze della linea con costi competitivi. Navi moderne sempre più grandi e tecnologiche, in grado di trasportare grandi quantità di merci e passeggeri, favorendo lo sviluppo delle attività economiche legate al mare e agli ambiti costieri (Blue economy). Anche in questo ambito, il Gruppo Grimaldi è impegnato nella realizzazione del programma di costruzione di navi della classe “Grimaldi Green 5th Generation” (GG5G): dodici navi ro-ro con propulsori ibridi da impiegare nel Mediterraneo e nel Baltico, garantendo emissioni zero in porto. Il Gruppo Grimaldi riconosce al porto di una città una visione sensibile verso il tema ambientale, poiché la sostenibilità rappresenta oggi una necessità, un dovere ed una responsabilità dalla quale nessuno può e deve esimersi.
Due delle dodici navi, la Eco-Catania e la Eco-Livorno stanno già regolarmente operando scali nel porto di Brindisi. Queste navi sono lunghe 238 metri e larghe 34 metri, hanno un tonnellaggio lordo di 64.000 tons, battono bandiera italiana ed hanno una capacità effettiva di oltre 7.800 metri lineari.
L’Italia, come a quei tempi, è prima nel Mediterraneo per questa modalità di trasporto, e il Governo dovrebbe rendere le autostrade del mare un settore sempre più prioritario su cui sviluppare i nostri porti, la nostra economia e il nostro traffico sostenibile.