Nelle prossime settimane la messa in opera nelle acque sarde del progetto “Mare nostrum” di Oceanus onlus beneficiario di fondi FEAMP Italia 2014/2020

Barriere sommerse per rigenerare il mare

Creare un “polmone azzurro”, capace di rigenerare forme di vita là dove un’intensa azione di pesca ha desertificato il fondale riducendolo ad uno scenario lunare. Questo, in sintesi, l’obiettivo ambizioso che si sta trasformando in realtà: con il progetto “Mare nostrum”, il team di installerà delle “”, creando delle scogliere artificiali totalmente immerse, dunque non visibili in superficie, capaci di rigenerare flora e fauna marina.

Le “barriere” hanno già superato la fase di collaudo e sono state spedite e ormai del tutto montate a Budoni, . Entro la fine dell’anno saranno posizionate in acqua sul fondale fortemente compromesso da attività di pesca a strascico antistante la spiaggia di Capannizza e lo stagno di Sant’Ana.

“Il progetto di Oceanus – spiega il responsabile tecnico di Mare Nostrum Guido Beltrami – prevede l’immersione di strutture complesse, ecocompatibili e certificate, sia per le qualità dei materiali che per le caratteristiche, al fine di creare dei reef artificiali in grado di rigenerare la biodiversità dell’areale impoverito rendendolo favorevole per lo sviluppo di molte specie ittiche con particolare attenzione alle fasi riproduttive e ai giovanili, aumentandone sensibilmente la loro percentuale di sopravvivenza con conseguente aumento della produttività naturale nelle aree limitrofe. Produttività che potrà essere registrata e documentata durante i monitoraggi a lungo e medio termine”.

I primi monitoraggi sono già previsti per il prossimo febbraio 2022. Dall’esperienza di progetti analoghi, realizzati tra il 2005 e il 2016, è emerso che l’impiego di barriere, poste in opera sul fondale marino favorisce la creazione di catene trofiche stabili e durature; incrementa altresì la produzione di pesca; aiuta a proteggere e rinaturalizzare gli areali favorendo il ripristino di posidonieti. Il progetto di Oceanus, riproducibile e scalabile, vuole costituire una soluzione concreta per arrestare l’impoverimento degli stock ittici mediterranei favorendo il ripristino della biodiversità con forti incrementi di flora e fauna autoctona sia in termini qualitativi che quantitativi. Le barriere, infatti, oltre ad offrire rifugio e protezione ai pesci, forniscono anche nuove fonti alimentari, per questo vengono anche dette “barriere di produzione”. “Strutture del genere – spiega il presidente e fondatore di Oceanus, Fabio Siniscalchi – sono ben più complesse degli ambienti naturali circostanti e la loro collocazione in ampi fondali arenosi le rende delle vere e proprie oasi marine”.

“Progetti come questo, che speriamo presto di replicare in larga scala, sono perfettamente in linea con le priorità dell’Unione Europea e i governi nazionali che hanno fissato obiettivi precisi fino al 2050 per orientare la politica e l’economia europea verso una transazione ecologica capace di proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dei Paesi dell’Unione” conclude Siniscalchi.