Roma. Era certo che il Ministro Giovannini avrebbe appoggiato le tesi dell’Europa sulle tasse Ires incassate dalle AdSP. La certezza deriva da un ‘silenzio’ ministeriale forzato per mesi (prima la De Micheli e ora Giovannini), in attesa delle sentenze della Cassazione (caso porto di Palermo) e del Consiglio di Stato (caso porto di Trieste e di Civitavecchia).
Sentenze che sono giunte puntualmente l’altro giorno e che, evidenziando una contrapposizione giuridica clamorosa, varranno a favore del controricorso esperito dalla Commissione Ue sulla cd ‘Tassazione dei porti’ italiani, nel luglio scorso (01.07.2021), presso il Tribunale dell’Unione Europea (causa T-166/21 AdSP del Mar Ligure Occidentale e altri).
L’Europa invitava l’Italia ad abolire da parte delle AdSP l’esenzione dal pagamento dell’imposta Ires. Per le AdSP l’esenzione dell’imposta sul reddito non rappresenterebbe un aiuto di Stato incompatibile con le norme vigenti.
Per l’Ufficio legale della Commissione Ue, “Lo status giuridico di un ente è irrilevante ai fini della qualifica di tale ente come impresa. Quello che conta sono le singole attività esercitate da un ente, che possono essere diverse da ente ad ente. Qualora si stabilisca che determinati enti svolgono attività di natura economica, tali enti saranno “imprese” ai sensi del diritto della concorrenza, limitatamente alle attività economiche da questi esercitate”.
Da questo la consecutio: “non si contesta lo status giuridico degli enti, ma come vengono qualificate le ‘attività economiche’, ai sensi della normativa eurounitaria, per cui si riscuotono da parte loro di canoni e tasse portuali”.
Da questa consecutio nasce la nebbia in cui naviga la Magistratura italiana sulla natura delle Autorità di Sistema Portuale: (a) per la Cassazione (caso Palermo), le Adsp ‘non producono servizi portuali’, e quindi è loro dovere incassare i corrispettivi ‘per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali’, e perciò non qualificabili come attività di impresa e conseguentemente non tassabili; (b) per il Consiglio di Stato, invece, accogliendo la tesi del Mims, della Presidenza del Consiglio e pure di due port authority, (Trieste e Civitavecchia), le Adsp ‘prestano servizi portuali’, a fronte di corrispettivi ‘in funzione del costo di funzionamento, amministrazione, manutenzione e sviluppo’ e non per finalità istituzionali, come avviene per le imprese che esplicano un’attività economica.
Due pronunce giuridiche, pubblicate l’altro giorno, in contrapposizione l’una rispetto all’altra, e che vanificano tutto il lavoro giuridico messo a punto da Assoporti, assistita da Studi legali importanti, dall’aprile scorso a tutt’oggi.
La prima sentenza (a) riguarda una causa tra l’Agenzia delle Entrate in opposizione all’Autorità Portuale di Palermo, con la pretesa della prima vs la seconda a versare il pagamento di Ires, Irap e Iva sui canoni demaniali incassati nel 2005. Con la sentenza dell’altro giorno, la Cassazione ha chiuso il contenzioso (durato anni) a favore dell’Ente portuale, confermando la propria linea giurisprudenziale ed ha rigettato la tesi dell’Agenzia che “il rapporto di concessione di beni immobili del demanio marittimo rientrerebbe nella nozione eurounitaria di locazione di beni immobili”; ed ancora che “i canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione di aree demaniali marittime non sono soggetti né ad Iva, né ad Ires, trattandosi di importi corrisposti per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali di tali enti pubblici non economici”, che hanno esclusivamente “funzioni di programmazione e controllo sia del territorio, sia delle infrastrutture portuali”, trattandosi di “soggetti regolatori e non produttori di servizi portuali”.
Stessa linea processuale portata avanti dalle AdSP (Assoporti) di fronte al Tribunale dell’Unione Europea.
La seconda sentenza (b) della Quarta sezione del Consiglio di Stato (porti Trieste e Civitavecchia) chiamata a decidere su una pronuncia del Tar (2014) del Lazio con cui operatori portuali triestini e associazioni di categoria chiedevano la riforma del decreto ministeriale con cui nel 2012 era stato “previsto l’adeguamento delle tasse e dei diritti marittimi nella misura del 75% del tasso ufficiale d’inflazione e, relativamente al porto di Trieste, un aumento nella misura del 100% dello stesso tasso” e che il porto di Trieste è istituito ‘porto franco’ fin dal 1947.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza dell’altro giorno, rigetta tutti gli argomenti degli operatori e associazioni triestini; accoglie tutte le tesi difensive delle istituzioni italiane (Ministero delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia costituitisi nel 2014, mentre nel marzo scorso l’Adsp di Civitavecchia e Mims hanno depositato memorie e documenti); dichiara la conformità del decreto ai trattati Ue e le tasse portuali incassate dall’Autorità Portuale di Trieste (come da tutte le altre) sono “il corrispettivo di servizi prestati”, da regolare “in funzione del costo di funzionamento, amministrazione, manutenzione e sviluppo”.
A questo punto occorre chiarezza in quanto la Commissione Ue ritiene che i motivi di ricorso addotti dalle AdSP italiane (aprile 2021) non siano fondati e con il controricorso la Commissione ha risposto alle censure di merito formulate dalle ricorrenti. Come confermato inoltre dai giudici dell’Unione, si legge nel controricorso, riferito da IL NAUTILUS nel luglio scorso: “… la circostanza che un’entità disponga, per l’esercizio di una parte delle sue attività, di pubblici poteri non impedisce, di per sé, di qualificarla come impresa.
Infatti, per determinare se le attività di cui trattasi siano quelle di un’impresa ai sensi del Trattato, occorre accertare quale sia la natura delle medesime attività”.
Il prossimo 05 novembre si avrà una decisione definitiva della Commissione Ue, nell’attesa della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea attesa per il prossimo anno.