Brindisi. A margine del convegno organizzato dal Propeller Club Port of Brindisi- Shipping 4.0 “La nuova rivoluzione industriale sotto-banchina”- si è parlato dell’importanza della catena del valore relativa alla cattura e stoccaggio della CO2 (Carbon Capture and Storage). Noi pensiamo che il sistema del trasporto marittimo svolgerà un ruolo chiave proprio con la cattura e lo stoccaggio del carbonio come tecnologia per ridurre l’impatto delle emissioni di CO2.
Per pura divulgazione scientifica diamo alcune riflessioni.
-La catena del valore è l’insieme di tutte quelle attività operative svolte durante il processo di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti. Comprendere le fasi della catena del valore è importante per raggiungere e mantenere un vantaggio competitivo. Pensiamo per un attimo a un porto che si propone come ‘competitivo’ in un’area marittima vasta: se è importante pensare al futuro del porto, oppure a un porto del futuro! E’ importante creare valore per le compagnie di navigazione che scalano il porto, accrescendone la redditività e tutto al minor costo possibile in modo da massimizzare i profitti e sviluppo e occupazione per la stessa città-porto.
Così se il porto vorrà essere sul mercato dovrà controllare il suo flusso di valore, cioè quella sequenza di attività necessarie per pianificare servizi operativi alla nave, alla merce e alle persone e per più tipologie di nave, di carico e di passeggeri. L’intento di una catena del valore è quindi creare un vantaggio competitivo per il porto, aumentando la produttività e allo stesso tempo mantenendo i costi ragionevoli. E’chiaro che si sta parlando di attività: logistica in entrata (funzioni di accoglienza e gestione della mobilità carico e/o passeggeri), operazioni portuali, logistica in uscita (distribuzione) e servizi portuali.
-La CCS (Carbon Capture and Storage, oggi si è aggiunta un’U utility) è una tecnologia di estrema importanza per il contenimento della temperatura al di sotto dei due gradi centigradi come indicato dagli Accordi di Parigi sul clima. L’attività di CCS è sicura dal punto di vista HSE (Health, Safety & Environment) sia a livello di superficie, essendo la CO2 non infiammabile e chimicamente stabile e inerte a condizioni atmosferiche, sia a livello di sottosuolo. E’ una tecnologia che trasforma la CO2 in prodotti di largo consumo, con i conseguenti vantaggi in termini di riduzione di emissioni e beneficio per l’ambiente; con i processi di mineralizzazione in cui la CO2, reagendo con fasi minerali naturali, è trasformata in modo permanente in carbonato, è utilizzabile in molti cicli produttivi tra cui quello della produzione di materiale cementizio. Un altro filone tecnologico è la bio-fissazione intensificata della CO2 mediante microalghe.
Il contenuto in oli nelle microalghe, inoltre, è potenzialmente utilizzabile come materia prima per le bio-raffinerie; infatti, tramite le alghe, che sono delle vere e proprie bio-fabbriche, si ha la possibilità di realizzare un esempio concreto di economia circolare, in cui è possibile decarbonizzare e ottenere prodotti di altissima qualità e olio riutilizzabile nello stesso ciclo produttivo. In Italia gli studi sono condotti da Enea, mentre nel porto di Marsiglia si valorizza la CO2 per la produzione di microalghe usate poi come biocarburante.
In Italia, questi progetti/studio sulla catena del valore del CCS sono nel piano di ricerca dell’Eni che si è data il 2040 come scadenza per raggiungere lo zero emissioni e nella fase di transizione energetica (2020-2050) punta a ridurre del 55% l’intensità carbonica delle proprie attività. Il progetto di CCS di Ravenna, che diventerà il più grande al mondo, sfrutterà questo enorme bagaglio di conoscenze e competenze unitamente all’esperienza che Eni ha maturato nel campo degli stoccaggi di gas dagli anni ’60.
E allora ci sarà bisogno di trasportare questa CO2 da una piattaforma off-shore a destino. La CO2, disidratata e compressa per ridurre i volumi, si presenta come un fluido idoneo per il trasporto al sito di stoccaggio.
Infatti, a livello globale, la Hyundai Heavy Industries (HHI) e Korea Shipbuilding & Offshore Engineering CO. (KSOE) hanno sviluppato un progetto per un nuovo vettore di CO2 liquefatto da 40.000 metri cubi. Questo in risposta alla crescente domanda di navi per il trasporto di CO2 liquefatta (LCO2).
La scorsa settimana, il progetto ha ottenuto l’approvazione –Attestazione di progetto – da parte dell’Istituto di Classificazione Navale norvegese DNV (Det Norske Veritas) e dal Registro Navale e delle Imprese della Liberia (Liberian International Ship & Corporate Registry, LISCR).
Il design della nave appartiene al segmento emergente e futuribile delle navi – si parla di 40.000 metri cubi- visto che le attuali navi si attestano solo sui 20.000 metri cubi.
La nave in questione per il trasporto di anidride carbonica liquida (LCO2) da 40.000 metri cubi è lunga 239 metri, larga 30 metri e ha una profondità di 21 metri. La nave sarà dotata di sette cisterne cargo IMO di tipo C, con una capacità totale di 40.000 metri cubi. È progettata per trasportare solo carichi di LCO2, ma possono essere presi in considerazione anche carichi multipli come GPL o ammoniaca. Si tratta di un progetto innovativo che è fondamentale per raggiungere i maggiori obiettivi di efficienza energetica e decarbonizzazione dell’industria marittima, con requisiti specifici per ogni armatore, per un futuro più sicuro e sostenibile.