Italia – Albania, 7 marzo 1991: Brindisi città liberata

Brindisi era la libertà, ma soprattutto è stata liberata. Marzo 1991, trent’anni dopo il grande esodo verso il , non solo ‘memoria’, ma proviamo a vedere i fatti da un altro punto di vista. Penso, al contrario, che le Autorità di Brindisi e Provincia incontrano a Tirana le Istituzioni albanesi per ringraziarle di aver salvato la città di Brindisi e la Puglia dall’indifferenza e dal quotidiano essere solo una città, una regione e basta! Un esodo: donne, uomini e bambini chiedevano un pezzo di pane e libertà, stremati da decenni di regime comunista guidato da Enver Hoxha e Ramiz Alia.

La città di Brindisi rispose con le proprie forze e aprendo le porte delle proprie case; mise a disposizione dei fratelli albanesi per giorni forze e beni per accogliere il ‘miracolo’ della libertà attraverso l’accoglienza. Accogliere per essere liberi. Da quei giorni, la popolazione brindisina con la sua città si guadagnò la medaglia della libertà all’insegna di “Brindisi città dell’accoglienza”: foto e notizie fecero il giro del mondo e ancora oggi non si dimentica quella banchina, quelle strade, le case e quell’occupazione silenziosa di un popolo dei 27.000 sbarcati per aiutare ed essere aiutati. Le navi Lirja, Tirana, Apollonia, Legend e molti pescherecci scalano il porto di Brindisi a poche ore l’una dall’altra e la non oppone nessun blocco navale.

Così, una striscia di , appena cinquanta miglia di navigazione separano Brindisi da , ha rappresentato un ‘territorio’dell’uomo da percorrere per realizzare una speranza; e grazie al giovane sindaco dell’epoca, Giuseppe Marchionna, Brindisi mise in atto una logistica efficace per organizzare i soccorsi e dando così a questa città un volto nuovo e libero. Brindisi – città di pace e di accoglienza – ha mostrato che accogliere significa predisporre un luogo, una situazione o uno stato mentale a ricevere e integrare una realtà che si presuppone diversa e diversa era ogni situazione dei 27.000 sbarcati a Brindisi.

Città che accoglie viene liberata dal fratello che viene accolto. Brindisi, grazie a quei giorni miracolosi, ha creato una relazione autentica tra l’Italia e l’Albania, dichiarata dalla visita del Santo Padre Benedetto XV sulla spianata portuale di Sant’Apollinare. Dopo trent’anni, il Premier albanese Edi Rama visita Brindisi e abbraccia simbolicamente i suoi cittadini liberati nel marzo 1991 nel sostenere una popolazione albanese, stremata da una crisi economica e soprattutto dalla dittatura, divenuta oggi nostra comunità.

Come sia stata declinata tale accoglienza in questi anni è molto difficile dare senso e significato. Quanta e quale strada ha costruito la città di Brindisi per mantenere questo ‘debito’ di libertà con l’Albania? E’ sufficiente solo ‘ricordare’ con foto, mostre e manifesti (bella iniziativa, come anche quella di dedicare la porta della stazione marittima agli Albanesi) o semmai servono più programmi del ‘fare’ per crescere insieme, cooperare e sviluppare una relazione socio/economica più incisiva?

Il lavoro di accoglienza potrebbe essere assai più incisivo ed efficace se, invece di proporsi come un’attività stra-ordinaria, legata all’eccezionalità del ricordo che i cittadini vivranno, si configurasse invece come il primo passo di una pratica politica ordinaria, fondata su quella relazione instaurata nella primavera del 1991. Si deve declinare nell’incoraggiare, motivare nelle sue potenzialità e aperta alle sfide odierne una città – Brindisi – che appare sempre più addormentata e che dimentica che dal mare e per il mare si propone e si conquista la sua ‘libertà’.

L’unica nota stonata di un tale esodo di popolo verso la città di Brindisi – afferma Giuseppe Marchionna, primo sindaco italiano a ricevere dall’Unicef il titolo di “Difensore ideale dei bambini” – rimane quel silenzio del già , Giorgio , che nel ricevere una lettera scritta, cinque anni fa, dell’allora sindaco , che chiedeva di riconoscere a Brindisi la medaglia d’oro al valor civile, non ha mai dato una risposta. Brindisi ‘liberata’ dai fratelli albanesi ancora aspetta.

Foto: Damiano Tasco