Roma. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciandosi sull’appello, dopo aver accolto l’appello dell’AdSPMAM su completamento delle infrastrutture delle opere di security del porto di Brindisi, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla tutti gli atti impugnati. Compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Questo è quanto è stato deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 12 novembre 2020 con l’intervento dei magistrati: Giancarlo Montedoro, Presidente – Diego Sabatino, Vincenzo Lopilato, Giordano Lamberti, Consiglieri – Dario Simeoli, Consigliere Estensore.
Il fatto. Dopo quasi cinque lunghi anni, trascorsi tra conferenze di servizio e aule di vari Tribunali, non si sa per quali diritti da far valere da parte di vari Enti che regolano il territorio italiano, finalmente si giunge ad un atto di “verità”. L’Autorità Portuale di Brindisi e poi di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, da sempre avevano sostenuto la conformità delle infrastrutture delle opere di completamento di security del Porto di Brindisi alle destinazioni urbanistiche del Piano Urbanistico del Comune.
In sostanza le suddette opere non avevano una natura urbanistica e quindi non dovevano subire alcun procedimento di accertamento. Si inizia nel lontano 10 novembre 2015 con la richiesta da parte dell’AdSPMAM di accertamento di conformità delle opere: realizzazione di una recinzione che delimita l’area portuale dalla Stazione Marittima fino alla banchina di Punta dell’Arco, mediante l’installazione su un basamento in calcestruzzo di un recinto con pannelli alternati in acciaio corten e trasparenti, con relativi impianti di videosorveglianza ed antintrusione, oltre a n. 17 varchi portuali, in parte sostitutivi di quelli esistenti, con installazione di strutture in fabbricato leggero con tettoia attigua. Febbraio e marzo 2017, il Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche, Campania, Molise, Puglia e Basilicata (sede di Bari), comunica la sua “archiviazione” per poi indire una conferenza di servizi con cui rigettava l’istanza di accertamento di conformità urbanistica degli interventi presentati dalla stessa AdSPMAM; con nota del 7 novembre 2018, il Provveditorato comunicava che “il procedimento è da ritenersi definitivamente concluso con il richiamato effetto” di rigetto della domanda.
L’Autorità di Sistema Portuale impugnava gli atti conclusivi della conferenza di servizi di diniego della conformità urbanistica degli interventi di security portuale, articolando che gli interventi di security portuale sarebbero pienamente compatibili con gli strumenti urbanistici applicabili, con conseguente illegittimità del modulo procedimentale seguito dal Provveditorato ai fini dell’accertamento di conformità delle opere (quello di cui all’art. 3 del D.P.R. n. 383 del 1994); i provvedimenti impugnati sarebbero altresì contraddittori rispetto a precedenti accertamenti di conformità delle opere; durante il procedimento di accertamento di conformità sarebbero stati compiuti gravi violazioni procedimentali, per avere le Autorità appellate totalmente ignorato le osservazioni procedimentali dell’Autorità portuale (in particolare: sarebbe stato necessario convocare un’ulteriore conferenza di servizi nella quale eventualmente prendere atto dell’inidoneità delle osservazioni ricevute a superare i motivi ostativi paventati nel preavviso di rigetto); gli atti impugnati sarebbero stati adottati da organi incompetenti (avuto particolare riguardo ai rappresentanti del Comune di Brindisi), in quanto non investiti del potere di adottare le determinazioni rese in conferenza di servizi.
Diritto e deduzioni. Il giudice di primo grado sarebbe giunto al rigetto della domanda di annullamento sulla base di una erronea qualificazione della natura del Piano Regolatore Portuale, come strumento di pianificazione urbanistica, in totale contrasto con le previsioni di cui alla legge n. 84 del 1994, ratione temporis applicabili, e con il consolidato orientamento della giurisprudenza e della dottrina. Le previsioni del Piano Regolatore Portuale non hanno natura urbanistica e non dovrebbero così avere alcun rilievo nel procedimento di accertamento di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 383 del 1994.
Sicuramente, non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti (art. 5 della legge n. 84 del 1994). Non si può disconoscere la natura urbanistica del Piano Regolatore Portuale del Comune di Brindisi in quanto approvato in data antecedente alla legge n. 84 del 1994, atteso che lo stesso sarebbe stato sottoposto, successivamente all’entrata in vigore della legge citata ad una variante (approvata con Deliberazione di G. R. del 4 agosto 2006, n. 1190), attraverso la quale lo stesso è stato “aggiornato” ai sensi di quanto disposto dall’art. 27 comma 3 della legge n. 84 del 1994. I Piani Regolatori Portuali approvati antecedentemente alla legge n. 84 del 1994, non hanno effetti di conformazione del territorio. In tal senso si è espresso a più riprese anche il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, da ultimo con parere del 27 marzo 2019. Il Piano Regolatore Portuale di Brindisi, risalente al 1975, quindi, non poteva essere considerato come parametro giuridico ai fini della valutazione di conformità urbanistica degli interventi in contestazione.
Comune di Brindisi. Da queste udienze, il Comune di Brindisi ne esce sopraffatto nelle sue valutazioni e bocciate le relative strategie giudiziarie portate avanti dai suoi rappresentanti legali. Infatti, il Comune di Brindisi si è costituito in giudizio chiedendo che l’appello (dell’AdSPMAM) sia respinto perché inammissibile e infondato. Eccepisce altresì l’inammissibilità dell’atto d’intervento promosso dall’Associazione dei porti italiani. Il Comune di Brindisi eccepisce – erroneamente – che la verifica di conformità urbanistica di cui al richiamato D.P.R. n. 383 del 1994 sia necessariamente una verifica di tipo preventivo, che non consentirebbe quindi di farvi ricorso per conseguire una “sanatoria” di opere realizzate senza titolo. È infondata anche l’eccezione d’inammissibilità dell’intervento dell’Associazione dei porti italiani, in considerazione del fatto che la statuizione della sentenza di primo grado sulla natura del Piano Regolatore Portuale, rientra indubbiamente ‒ per le sue ripercussioni di sistema ‒ tra gli interessi contemplati nello statuto dell’ente.
Osservazioni. a) Questi motivi, e altri riportati nella sentenza, il Consiglio di Stato ha accolto definitivamente il ricorso dell’AdSP annullando gli atti impugnati. b) Si poteva non perdere tutto questo tempo; l’aver percorso le vie legali a chi ha giovato? Tutti questi anni, impegnati a fronteggiare i vari ricorsi, con guadagni economici solo per gli avvocati, ha solo determinato la ‘stasi’del porto; chi ha calcolato e quanto valgono le perdite morali ed economiche di un porto? c) Bastava ricostruire insieme la relazione tra il governo del territorio (locale) e il governo del porto, senza nessuna intermediazione di varie associazioni del ‘no’. d) La complessità dei due distinti interessi, quello del porto connesso allo sviluppo del traffico marittimo e quello della città relativo alle finalità di carattere urbanistico, rendono difficile uno sviluppo economico occupazionale di un territorio. Complessità che si possono superare se vi è consapevolezza di appartenere a una ‘città di mare’ che ritiene il suo porto asset fondamentale per la marittimità della sua regione. La speranza che non accada più in futuro.
Si pubblica per soli motivi di studio la sentenza integrale.