Roma – La sesta Edizione del Rapporto sull’economia del mare, presentata a dicembre 2019 presso il CNEL, in coincidenza con le celebrazioni dei Venticinque anni dall’istituzione della Federazione del Mare, ancora una volta pone in risalto il ruolo strategico della nostra economia marittima ai fini dello sviluppo di tutto il Paese.
Il progetto che la Federazione del Mare persegue dal 1994 nell’approfondire il nesso tra le attività marittime nazionali e lo sviluppo socio-economico del Paese, si concretizza in questo nuovo Rapporto realizzato sempre insieme alla Fondazione Censis, per assicurare autorevolezza e continuità allo studio, ma anche con analisi ampliate all’Europa e al Mediterraneo, condotte a cura di Cogea e di SRM (Centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo).
Il VI Rapporto sull’economia del mare, oltre ad evidenziare che il valore prodotto dall’economia del mare e la sua importanza socio-economica – con le significative ricadute occupazionali del cluster marittimo, sia dirette che indotte nel resto dei settori della nostra economia – sono fattori indispensabili per lo sviluppo del Paese, conferma lo sviluppo e i successi raggiunti, indicando anche le sfide che si devono affrontare sia in Europa che nel Mediterraneo, in una fase storica particolarmente delicata come è quella attuale.
Come la Federazione del Mare non tralascia mai di sottolineare, quella legata al mare è una realtà che per il suo rilievo e la sua integrazione ben richiederebbe una più efficace e coerente attenzione sul piano politico e amministrativo, questione quanto mai sentita tra i soggetti pubblici e privati che in essa operano da quando le competenze marittime sono state progressivamente disperse tra più dicasteri, compromettendo le possibilità di elaborazione di una politica nazionale del settore e di una sua promozione in ambito europeo.
Quello marittimo è infatti un settore fortemente regolato, sia a livello internazionale, sia europeo e nazionale, un settore di cui un deciso processo di ammodernamento normativo ha a suo tempo assicurato la competitività e favorito lo sviluppo, con le riforme del sistema portuale nel 1994, ove già si anticipava ampiamente quella poi realizzata negli ultimi anni, e nel 1998 della navigazione mercantile internazionale, riforma quest’ultima impostata con successo secondo linee-guida della Commissione europea più volte confermate e poi estesa ove possibile alla navigazione crocieristica, a quella del cabotaggio maggiore, a quella da diporto, a quella peschereccia.
L’impatto delle attività legate al mare va ben oltre gli aspetti più strettamente legati alla loro dimensione logistica e tocca direttamente l’intero apparato produttivo nazionale, agricolo e industriale, tanto che al cluster marittimo vengono attribuiti beni e servizi per un valore di oltre 34 miliardi di Euro, pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo complessivo e al 3,5 per cento della sua componente non statale, con acquisti di beni e servizi nel resto dell’economia italiana che sfiora annualmente i due terzi di tale valore.
“Proprio perché il nostro sistema marittimo è vincente – afferma Mario Mattioli, presidente della Federazione del Mare – sarebbe bene assicurargli una sede politico-amministrativa adeguata. L’auspicio della Federazione è quindi che anche in Italia, accanto al rafforzamento dell’attenzione dedicata al mare, si giunga all’istituzione di un’unità amministrativa specifica con poteri di coordinamento, in modo che una catena di comando ben integrata porti ad una maggior efficacia nell’adozione e nell’attuazione delle decisioni in campo marittimo (tra queste in primis una semplificazione burocratica) e sia in grado di farlo in tempi conformi agli standard europei e internazionali caratteristici di questo mondo”.
Il VI Rapporto sull’economia del mare è disponibile nel sito della Federazione del mare