Due Saildrone per studiare gli oceani

I Saildrone, mezzi ecologici a impatto zero, concludono nel la missione internazionale Atl2Med: 274 giorni di navigazione tra Atlantico e Mediterraneo per studiare gli oceani

Trieste-Due Saildrone, piccole imbarcazioni lunghe 7 metri e alte 5, a propulsione eolica, in grado di navigare in maniera autonoma tra punti prestabiliti all’interno di un corridoio sotto la supervisione di un “pilota” umano collegato via satellite e di raccogliere, tramite sensori meteorologici e oceanografici a , informazioni sulle acque marine – quali la salinità, la temperatura delle acque, la capacità dei mari di assorbire la CO2 – nell’ambito di campagne a lungo raggio anche in ambienti oceanici difficili, sono arrivati a Trieste il 17 luglio dopo 274 giorni di navigazione.

La missione – I Saildrone hanno viaggiato dalle Canarie a Trieste con un percorso complessivo di più di 15000 miglia nautiche (circa 27000 chilometri), molto di più di quanto era stato previsto (circa 5000 miglia). La missione Atlantico-Mediterraneo (Atl2Med) è il frutto della collaborazione tra pubblico e privato. Obiettivo della missione era promuovere l’osservazione diffusa degli oceani, essenziale per valutare gli effetti dei cambiamenti climatici, riducendo i costi per l’acquisizione dei dati.

I Soggetti – “La missione Atl2Med è frutto della collaborazione tra l’azienda che ha sviluppato e produce i Saildrone, l’Oceanic Thematic Centre (OTC) inserita nel network internazionale ICOS (Integrated Carbon Observing ), e 12 istituti di ricerca di 7 diversi paesi” spiega Vanessa Cardin, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e coordinatrice della partecipazione di OGS alla missione. “Un enorme sforzo internazionale che ha permesso di gestire la complessità dell’organizzazione, del viaggio, della raccolta e dell’integrazione dei dati” spiega.

L’innovazione – I Saildrone rappresentano uno strumento per l’oceanografia del futuro: sono veicoli estremamente tecnologici ed ecologici, si muovono infatti grazie all’ e utilizzano l’energia solare per far funzionare gli strumenti di bordo; non trasportano sostanze inquinanti, né carburante, non emettono scarichi e, come i veicoli a vela, sono silenziosi, fattore questo estremamente importante considerando che il rumore è oggi una delle fonti inquinanti più rilevanti.

Il ruolo di OGS – “Grazie alla collaborazione con OGS, i Saildrone hanno completato diversi obiettivi nel Tirreno e nel Mare Adriatico” spiega ancora Cardin. “Hanno raccolto dati sulle potenziali in un’area ad attività vulcanica intorno alle prima di circumnavigare la Sicilia ed entrare nel Mare Adriatico attraverso lo Stretto di Otranto. In Adriatico sono passati nell’area della stazione gestita da OGS, E2M3A, posizionata nella fossa dell’Adriatico meridionale” precisa.

Durante la traversata dei Saildrone in Adriatico meridionale, “OGS ha messo in mare anche i propri glider, veicoli autonomi che si muovono senza propulsione immergendosi fino a 1000 metri di profondità e che vengono attualmente utilizzati per il monitoraggio di aree chiave di mari e oceani”  spiega Elena Mauri, ricercatrice di OGS. I glider hanno acquisito dati lungo un transetto che si estende dall’Italia alla Croazia per poter avere un quadro completo dell’area monitorata dai Saildrone” prosegue Elena Mauri.
I dati raccolti dai Saildrone, quelli rilevati delle stazioni oceanografiche che misurano in continuo e i dati acquisiti dai glider saranno confrontati e  permetteranno di ottenere informazioni preziose soprattutto sugli scambi di gas all’interfaccia acqua aria, soprattutto per la CO2.

Arrivati nel nord dell’Adriatico, i Saildrone hanno effettuato misurazioni nell’area delle stazioni ICOS PALOMA (gestita dal CNR) e MAMBO1, posizionata all’interno dell’Area di Miramare e gestita da OGS.

Il contributo del CNR – “Il CNR partecipa al progetto mettendo a disposizione i dati raccolti in continuo dalle due stazioni fisse PALOMA (ISMAR), situata nel centro del Golfo di Trieste, e W1M3A (IAS), situata nel Mar Tirreno vicino al “Santuario dei cetacei”, che fanno entrambe parte della componente marina del network ICOS. Viene messa a disposizione anche l’esperienza acquisita dai suoi ricercatori nell’analisi del sistema del carbonio inorganico marino secondo protocolli internazionali e nell’interpretazione dei dati” afferma Anna Luchetta, ricercatrice ISMAR responsabile della stazione PALOMA per ICOS.

La parte marina del network ICOS Italia attualmente è costituita da 4 stazioni fisse: due gestite dal CNR e due da OGS. Finita la fase di raccolta dei dati in continuo da parte dei Saildrone inizierà la fase, non meno importante, di confronto con i dati acquisiti dalle stazioni fisse equipaggiate con sensori e quella di analisi dei campioni discreti per un confronto incrociato sul funzionamento dei sensori durante la missione ed una certificazione dei dati. La rete ICOS infatti si prefigge di fornire dati omogenei, per metodologia e protocolli d’analisi, e calibrati (per confronto con standard certificati) da utilizzare per il calcolo dei flussi aria mare di CO2 (e altri gas serra) a livello paneuropeo. Il contributo delle stazioni PALOMA (finora unica certificata ICOS) e Miramare sarà molto importante non solo per l’esistenza di serie temporali pluriannuali di dati con cui confrontarli ma anche in considerazione del fatto che, a causa del lockdown per l’emergenza COVID, le altre stazioni fisse del Mediterraneo visitate dai Saildrone nei mesi scorsi non hanno potuto raccogliere campioni discreti per effettuare il confronto cui si accennava” conclude Luchetta.

Il Golfo di Trieste – Il Golfo di Trieste è un’area soggetta a input fluviali e forti variazioni stagionali di temperatura con differenze tra l’inverno e l’estate che possono superare i 20° C e questo incide fortemente sulla capacità del mare di assorbire o rilasciare l’anidride carbonica. Durante l’inverno, le acque dense dell’Adriatico settentrionale contribuiscono alla pompa fisica che assorbe CO2 e la trasferisce in acque più profonde.

“Una migliore comprensione di questi processi è importante per valutare il potenziale impatto dell’acidificazione delle coste nella regione e i dati possono anche aiutare ad affrontare la variabilità degli scambi aria-mare di CO2 in un’area colpita da scarichi fluviali” aggiunge Michele Giani, ricercatore di OGS e responsabile della MAMBO1 per l’infrastruttura europea Integrate Carbon Observing System (ICOS). “La nostra ricerca si basa sulle misurazioni in punti fissi, quindi tutti i dati che contribuiscono alla misurazione della variabilità spaziale attorno alle nostre stazioni possono contribuire a migliorare la comprensione di quali processi siano meglio rilevati nei siti osservativi. I dati saranno integrati nella nostra continua ricerca sul processo di acidificazione costiera nel Mare Adriatico settentrionale”.

Per Trieste è stata importante anche la collaborazione con l’Autorità portuale della città che ha fornito il supporto tecnico per l’ancoraggio dei Saildrone, dimostrando ancora una volta il supporto verso la comunità scientifica.

“Il supporto dato a OGS per questa missione si affianca alle numerose iniziative già messe in atto per sostenere modelli di sviluppo innovativi e le partnership tra industria e ricerca, che l’ Portuale è sempre pronta ad allargare” ha dichiarato il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D’Agostino.

I primi risultati – “Siamo molto soddisfatti di aver partecipato a questo importante progetto internazionale e in futuro speriamo di poter ripetere questo tipo di missioni” spiega Cardin, precisando che “l’analisi dei dati raccolti terminerà nei prossimi mesi, ma i primi dati che abbiamo osservato sono molto positivi”.

I dati di validazione della CO2 raccolti aiuteranno a certificare le stazioni fisse all’interno del progetto di infrastruttura europea ICOS.