Milazzo. Il Venezuela da sempre considera l’esportazione di greggio un business strategico con una distribuzione del prodotto ramificata in tutto il mondo. Ecuador e Columbia, pur consapevoli di non avere la stessa capacità produttiva di petrolio del Venezuela, sono da sempre impegnati ad osteggiarne il commercio. Le sanzioni economiche contro il Venezuela stabilite unilateralmente dall’amministrazione Trump non stanno osteggiando soltanto il regime di Maduro, ma anche chi relaziona affari con lo Stato sudamericano grazie al trasporto di petrolio greggio.
Le sanzioni riguardano le attività del greggio e derivati venezuelani e si aggirano intorno al 95% delle entrate dello Stato. Su questo particolare settore del trasporto marittimo – oil tanker – la Grecia è il Paese marittimo più in sofferenza. Gli armatori ellenici possiedono a oggi più di un quarto della flotta mondiale di petroliere. Nello scorso 2019, su 160 navi petroliere – dell’armamento mondiale – che hanno trasportato petrolio venezuelano, 126 sono risultate appartenenti ad armatori greci.
Il mese scorso quattro navi elleniche sono finite nella black list americana a causa delle sanzioni Usa; secondo il Foreign Office le navi elleniche sono accusate di aver favorito “transazioni illegali” con il regime di Nicolas Maduro (illegittimo per gli Usa). Uno dei maggiori Stati al mondo con riserve petrolifere – il Venezuela – si trova ora in grandi difficoltà senza petrolio da esportare e a secco di carburante. Gli Usa hanno messo una rigorosa politica contro le petroliere che scalano porti venezuelani o caricano merci sudamericane senza il loro permesso: come dire Donald Trump governa i porti del Venezuela! Intanto, l’Italia e la Spagna (Eni e Repsol) scambiano greggio e prodotti con il Venezuela senza violare le sanzioni statunitensi nell’ambito degli accordi sui debiti e scambi commerciali.
Per evitare le sanzioni americane, si è trovata la risoluzione marittima: navi petroliere, armate ed equipaggiate da compagnie elleniche, noleggiate però a caricatori italiani o spagnoli trasportano petrolio venezuelano; è il caso della raffineria italiana di Milazzo. L’ultimo arrivo di petrolio per la raffineria siciliana è stato trasportato dalla petroliera ellenica “Delta Tanker”. La raffineria di Milazzo, in questi giorni, si trova di fronte ad una disputa sindacale: gli ambientalisti sono per la “qualità dell’aria” e chiedono alla Regione Sicilia l’attuazione del “piano della qualità dell’aria” – non ancora varato. Sull’altro fronte, ci sono i sindacati che sono tornati a discutere sulla vertenza Raffineria Milazzo che investe non solo i lavoratori diretti, ma anche quelli dell’indotto e, complessivamente, un territorio intero che affidamento sulla redditività del sito industriale.
In Sicilia, poi, vanta la presenza di tre vulcani – Etna, Stromboli e Vulcano – che emettono giornalmente emissioni come monossido di carbonio (CO), idrogeno (H2, anidride solforosa SO2, anidride solforica (SO3) acido solforico H2S, come afferma l’Istituto Nazionale Geologia e Vulcanologia. Anche qui, il Sistema Portuale unico dello Stretto, in collaborazione con il Comune di Milazzo, è impegnato per una strategia che guardi anche al turismo e alle crociere e per questo si stanno predisponendo tutti gli strumenti per un’azione di marketing territoriale più incisiva. Si spera! Come sempre in Italia, non si riesce a coniugare ambiente- industria – occupazione.