La discussione su argomenti, quali i “poteri” dei presidenti di AdSP e nuove disposizioni ministeriali, sta diventando “virale”, al punto che la Ministra al MIT De Micheli ha chiesto ai vari presidenti, durante una video-conferenza l’altro giorno, di formulare delle proposte adeguate, operative e fattibili per fronteggiare l’impatto sui porti italiani dell’emergenza Covid-19. Assoporti, pare che si stia facendo carico di approntare tali proposte. Non si tratta di nuovi poteri, ma semplicemente di nuove ordinarie esperiamo che non siano di pura “rimodulazione e riscossione di tasse”. Si riportano alcune riflessioni del nostro collaboratore Dott. Teodoro Nigro.
E’ dato conoscere il grave momento di crisi generale ed eccezionale causato dalla pandemia Covid -19, meglio nota come Coronavirus, che, nell’obiettivo di porre argine al reale rischio di grave malattia e morte a cui si accompagna, ha momentaneamente e sostanzialmente bloccato o fortemente rallentato sia le attività economiche e finanziarie a vario titolo classificate sia le stesse libertà individuali riportando il continente europeo, ma non solo, in uno stato di vera sudditanza nei confronti delle evoluzioni di tale becero e mellifluo essere sconosciuto che irrompe prepotente e distruttivamente nella vita degli umani, senza pietà.
Ciò posto e in questo contesto, si assiste ad un interessante dibattito che guardando il presente, e semplificando parte del passato ed intravedendo il futuro di medio e lungo periodo, vede protagonisti autorevoli Presidenti di Adsp ed esponenti qualificati dei traffici marittimi,consapevoli che l’attuale impianto normativo riguardante il sistema portuale italiano necessiti di una rapida ed efficiente revisione. Ma una revisione che attinga ed interessi il massimo sistema organizzativo di “sistema portuale”, ovvero il ruolo e le funzioni dei Presidenti od il sistema giuridico ed organizzativo dei medesimi sistemi portuali che come noto é verticistico dipendendo dal Ministero dei Trasporti con forte assonanza con altri organismi dello Stato che di fatto ne esercitano un ulteriore controllo anche operativo.
Considerazioni preliminari. Dalla legge n.84 del 1994, nota come legge sul riordino della legislazione in materia portuale, sono trascorsi molti anni serviti, da un lato, a perfezionare un percorso economico, programmatico e infrastrutturale, assente negli anni previgenti gli anni novanta, ponendo una linea demarcativa tra i poteri pubblici delle Autorità Portuali e quelli delle Autorità Marittime. Dall’altro ha evidenziato come il cluster marittimo necessitava di ben altre spinte normative ed organizzative per dare slancio ad uno dei settori più inclini a contribuire al PIL nazionale riconducendo la parola “porto” come un sistema complesso di beni ed attività finalizzate al traffico, non solo nel rapporto terra-mare e non solo inteso come un bene pubblico dello Stato, bensì un ente pubblico non economico con obiettivi ambiziosi di sviluppo diciamo dell’economia nazionale in particolare.
Tale assunto ha, in oltre venti anni, mostrato crepe significative su più fronti anche tipizzati che hanno indotto le rappresentanze politiche, non solo di governo, di procedere ad una veloce messa a punto condensabile nei D.Lgs. 169/2016 recante norme sulla riorganizzazione razionalizzazione e semplificazione della disciplina relativa le Autorità Portuali di cui la legge del 1994 e nel successivo D.Lgs.232 del 2017 che integra e corregge il precedente del 2016. Il tutto dopo anni ed anni di sterili dibattiti e malcelate proposte od indagini commissionate dalle Commissioni parlamentari. Soffermiamoci per un momento sul ruolo del Presidente e sulla necessita della pianificazione portuale strategica per i motivi appresso detti.
Il Presidente era ed è, nello sviluppo normativo, l’ “affidatario” del bene demaniale porto, oggi definito in un sistema portuale nella accezione più dinamica, quale bene pubblico dello Stato, nodo della logistica costituito da beni naturali e da opere materiali all’interno del quale molteplici soggetti concorrono allo svolgimento di attività e servizi funzionali ad ottimizzare l’interfaccia terra-mare in un contesto minimo nazionale finalistico ad una vera catena logistica articolata, di cui ha altresì la rappresentanza legale. Egli ha compiti, tra gli altri ben individuati, di indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo degli Uffici territoriali portuali con le connesse attività. Rilascia le importanti autorizzazioni e concessioni ex artt. 16, 17, 18 della legge 84 in tema di ciclo ed operazioni portuali, anche espressione di servizi portuali. Racchiude in sé tutti i poteri di ordinaria e straordinaria manutenzione, salvo quelli attribuiti agli altri organi dell’Adsp quali il Comitato di gestione e il Segretario Generale.
Di solo interesse, e semplificando in questa sede, sono i contenuti delle lettere h, i, l, del nuovo articolo 8 della legge 84/94 come modificato di recente nei quali al Presidente vengono attribuite azioni di sviluppo per gli investimenti strutturali ed infrastrutturali svolti con contributi pubblici; partecipa alle sedute del CIPE se di interesse del suo ambito di sistema portuale, promuove e partecipa alle “conferenze di servizi” o per lo sviluppo del sistema portuale sottoscrivendo anche gli accordi di programma.
Tralascio volontariamente il rapporto funzionale e giuridico che lo stesso Presidente esercita con il Comitato di gestione e con il Segretario Generale dell’Adsp.
Pertanto, quella che un tempo nasce come figura apicale fortemente rappresentativa d’interessi localisti, Autorità Portuale, di nomina concertativa politica, oggi deve essere figura professionalmente molto qualificata tra le cui mani si pone lo sviluppo del sistema portuale come integrato dalle normative citate che nella maggior parte dei casi assembla ed unisce porti di differente classificazione e vocazione se pur in un unico disegno trasportistico e commerciale, meglio noto come sistema portuale. Insomma trattasi di un super manager sottoposto al controllo diretto del Ministero dei Trasporti e in parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze per facilmente immaginabili motivazioni.
Ma i poteri racchiusi nella figura del Presidente oggi sono sufficienti per far decollare l’economia portuale di sistema e quindi strategicamente nazionale che risente inevitabilmente dei traffici e delle spinte dei mercati e delle strategie commerciali e trasportistiche d’ oltre mare?
Ritengo di no alla luce di alcune discussioni in campo tecnico e a scanso di equivoci, escludendo le note fattispecie rappresentate dai Presidenti di Adsp di Taranto e Genova le cui motivazioni sono, almeno per gli addetti ai lavori, ben note e delle quali si é ampliamente trattato in più sedi rappresentandone, per taluni, un’ipotesi di modello straordinario per forme e poteri conferiti e per altri fattispecie a termine.
Viceversa qualche considerazione sulla normalità e ordinarietà dei poteri dei Presidenti nell’ottica del loro auspicabile potenziamento attuale e futuro medio tempore mi siano in questa sede consentite.
Premesso che il porto è di proprietà dello Stato come accennato, le Adsp non hanno in esso racchiuso compiti diretti di gestione delle attività economiche, bensì fondamentali compiti di programmazione degli investimenti atti al funzionamento e all’amministrazione di parti di esso per il tramite anche del rilascio delle autorizzazioni e concessioni demaniali ovvero curano la pulizia dei fondali, l’illuminazione dell’area portuale, ecc.
Quindi come è facile comprendere, proprio il valore del risultato economico in termini di investimento e di produttività, sfugge alla diretta competenza del Presidente che invece si occupa delle strategie programmatorie “preliminari” affinché si stia sul mercato in maniera vincente. Ma per fare ciò si deve destreggiare tra una immensa, articolata e sotto certi versi oramai desueta attività amministrativa molto burocratizzata e verticistica che, evidentemente, costituisce un grave fardello per gli scopi portuali fatti di dinamiche economiche e commerciali dell’ intero comparto portuale nazionale con lo sguardo continentale. A ciò si aggiunga che le Adsp sono enti pubblici non economici vigilati direttamente dal Mit con caratteristiche di ente partecipato.
Quindi il vero “tallone di Achille” della forza propulsiva del Presidente si individua allocarsi nel sistema burocratico amministrativo vigente; nel mentre è necessario ottenere una differente produzione normativa valida per tutte le AdSP eliminando le procedure che non gli consentano un’azione fatta di atti e provvedimenti amministrativi propulsivi nell’esercizio dei suoi poteri pubblici differente, le procedure, dalle attuali. Non si propende per la figura del Commissario né per l’opera specifica, né per le grandi opere su cui più volte la Corte dei Conti ha mostrato disaccordo anche per l’ eccezionalità delle procedure amministrative attuate e per la lentezza della realizzazione a prescindere.
Si focalizza di converso l’attenzione proprio su un aspetto fondamentale del procedimento amministrativo quale è il “silenzio assenso” ridefinendone il suo ambito di applicazione “ratio materiae” che darebbe un forte impulso alla cd agibilità operativa di un’Adsp fortemente interessata oggi più che mai possa essere strumentale alla realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutturali in tempi brevissimi pur dovendo compenetrare più interessi pubblici in competizione, la cui quasi totalità appartenenti proprio ad organi od Enti pubblici che allungano in maniera oramai fuori controllo i tempi del medesimo processo decisionale.
Questo è il punto e lo snodo cui il Presidente di Adsp deve poter guardare con specifico interesse.
A questo si aggiunga il rapporto con gli Enti territoriali che spesso osteggiano per malcelate motivazioni pubbliche e rappresentative delle comunità, le scelte di competenza dell’Adsp debordandone scopi e obiettivi negativamente e comunque demoltiplicando il tempo della conclusione del procedimento o degli endo – procedimenti. A tutto danno della velocità di costruzione di una infrastruttura portuale e di raccordo terra-mare.
In sintesi un DPCM avrebbe il merito per un periodo non breve di dare in capo ai Presidenti prerogative amministrative, velocizzando le loro decisioni e rafforzando l’uso del “silenzio assenso”, riducendo anche di un terzo i termini perentori della “conferenza di servizi”, strumento procedimentale di raccordo tra enti rappresentativi di interessi pubblici concreti, divenendo quindi il comportamento omissivo della pubblica amministrazione la regola nei procedimenti volti alle infrastrutture portuali ed agli interventi strategici riportando l’onere sull’AdSP di provvedere rispetto all’ iniziale dovere e ottimizzando un silenzio che equivale ad accoglimento.
Tale semplificazione giuridica varrebbe anche nei casi in cui la normativa comunitaria ne faccia divieto o in quelle ipotesi in cui trattandosi d’infrastrutture a impatto ambientale il procedimento presuppone endo -procedimenti complessi. Insomma un DPCM che “ratio materie” possa affermare il principio del “silenzio assenso” ridando vigore e spinta all’azione di vertice, allorquando poi scaduti i termini provvedimentali e maturato il “silenzio” si possa procedere alla realizzazione della infrastruttura, saltando come si può immaginare pareri, autorizzazioni, conferenze, raccordi formali ed ogni altra forma antieconomica di concertazione amministrativa dilazionata nel tempo.
Ovvio poi che lo step successivo sarà quello dell’appalto dell’opera che seguirà il non facile Codice degli Appalti, che col decreto sblocca cantieri dell’aprile 2019, non da certo una mano nella velocizzazione delle procedure, eliminando il ricorso a procedure straordinarie od il richiamo a legge obiettivo per attività di pianificazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo economico del paese rimettendo questi ultimi alla prevedibilità sul documento pluriennale di pianificazione tenuto dal Mit.
Quindi ed in conclusione, maggiori poteri amministrativi e procedimentali ai Presidenti delle Adsp senza la ricerca di momenti di eccezionalità, men che meno di funzioni aggiuntive commissariali, ma un DPCM che ne garantisca un uso esteso e dettagliato, oserei dire, tipizzato e tassativo su determinate materie, del “silenzio assenso” come scelta decisoria unica e certa con termini operativi ancora più ristretti in maniera tale da esaltare proprio le attività di programmazione del Presidente che lo rammento é nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti ed al quale si relaziona e dei suoi organi di Governance che avranno poi facilitata e velocizzata (in alcuni casi anche non ostacolata) l’azione esecutiva prevalentemente per fini infrastrutturali. Si pensi agli investimenti per l’integrazione modale strada ferrovie banchine.
D’altro canto, il Presidente ha ricevuto vantaggi programmatici proprio dai due decreti legislativi emanati nel 2016 e 2017, allorquando, nel voler avvicinare e fare sintesi tra le esigenze della città e quelle spesso differenti del porto, introducono il Piano Regolatore del Sistema Portuale al cui interno si hanno due livelli di studio e programmazione con il Documento di Pianificazione Strategica di Sistema ed il Piano Regolatore Portuale, il primo rapportato al sistema portuale dell’Adsp ed il secondo al singolo porto.
Il primo costituisce il documento dove può trovare sintesi il rapporto città-porto in un significato moderno e marittimo dimenticando quanto carenti siano stati, in passato, proprio i Piani Regolatori Urbani cittadini nella storica frattura tra la pianificazione urbana cittadina e quella portuale che nasce e si muove su “binari” differenti. Proprio nel Piano Regolatore Portuale si attuano le linee guida del documento redatto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con le linee sulla pianificazione dei porti. Quindi un passaggio ente locale e governance delle AdSP importante nel richiamo del waterfront che diventa o dovrebbe diventare la pratica progettuale ordinaria e sempre più partecipata. Ruolo importante e strategico il PRP lo svolge quando da un lato progetta l’area portuale operativa con le interconnessioni viarie e ferroviarie sempre in considerazione del cd ambito portuale e dall’altro la definizione dei cd affacci urbani o di interazione città- porto, argomento spesso con attriti tra i rappresentanti degli enti locali ed i presidenti dell’Adsp per le motivazioni più disparate ed endogene che ne hanno rallentato le concrete forme di legame tra il porto e la città.
Ancora nuovi documenti per attente pianificazioni portuali volute con il cd correttivo porti che introducendo il Documento di Pianificazione Energetica Ambientale del sistema portuale ne ha voluto delineare un profilo green, ovvero di miglioramento dell’efficienza energetica con la promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili che certamente contribuiranno ad una nuova visione dinamica e sostenibile del porto anche inteso come spazio fruibile dai più, quotidianamente.
Tralasciando in questa sede le molte articolazioni progettuali che si riflettono, rispetto ai nuovi documenti, come concepiti dalle recenti riforme, torniamo in conclusione ai poteri dei Presidenti che se pur da un lato possono svolgere ottime performance gestionali specie nelle scelte strategiche più o meno condivise, dall’altro non possono e non debbono mai dimenticare che le azioni e le politiche trasportistiche debbono fare i conti con tempi dello sviluppo dei traffici che giammai sono o saranno commisurati ai tempi della burocrazia, ne tanto meno la mancanza di certe analisi sul rapporto costi investimento e benefici, ha favorito lo sviluppo dei porti oggi a livello di sistema portuale in maniera tale da garantirsi il risultato economico atteso.
Oggi che il tempo corre velocemente unitamente alla concorrenza direi intercontinentale delle rotte e dei connessi traffici serve, con urgenza, una nuova e rafforzata veste giuridica ai Presidenti delle AdSP che però non sia straordinaria, ma che nella ordinarieta’ prefiguri poteri amministrativi incentrati a maggiore autoritarietà in un quadro legislativo in cui il silenzio assenso e la tipizzazione dei termini finali del procedimento siano rivisitati dettagliatamente proprio per bilanciare gli interessi pubblici e di controllo con quelli economici e di sviluppo che difficilmente viaggiano semmai contemperati sul medesimo binario.
Velocità decisionale, griglie operative performanti e maggiore e specifica attenzione prioritaria agli investimenti infrastrutturali possono rimettere in rotta numerose attività portuali, che per quanto possano accettare il confronto politico e tecnico sia per le aree a vocazione ibrida, sia per quelle a vocazione urbana, giammai dovrebbero interagire per quelle a vocazione portuale dove la risposta di risultato deve essere riservata al solo Presidente sotto il controllo politico del Kit magari col solo confronto tecnico di settore.
Una sintesi infine di rapidità amministrativa procedimentale tipizzata in DPCM ed una velocità di sintesi dell’attuazione dei documenti programmatici delle infrastrutture portuali strategiche costituisce oggi l’esigenza cardine dei sistemi portuali per uscire da una sorta di limbo che mal digerisce lo sviluppo europeo e mondiale di rotte e traffici ben più efficienti e dinamici di quelli che traggono origine dal “bel paese”; fermo restando alcuni esempi favoriti dalla posizione geografica e da una tradizione consolidata nel tempo, sarebbe l’auspicio certo in linea con le qualificate doti manageriali che la figura del Presidente deve oggi incardinare e degli sforzi che compiono con la loro dipendente governance.
Un auspicio che è rafforzato nell’obbligo di uno stato di emergenza sanitaria che viviamo al quale bisogna guardare come occasione atipica per nuove letture di sistemi normativi e gestionali su temi di sviluppo e di successo economico trasportistico se pensati con i criteri della velocità dei traffici, delle rotte e delle economie collegate a cui i sistemi portuali sono dedicati.
Teodoro Nigro