IL RICONOSCIMENTO DI POTERI SPECIALI PER I PRESIDENTI DELLE ADSP: I MODELLI DI GENOVA E TARANTO A CONFRONTO

 

L’odierno modello di gestione portuale viene reputato da molti addetti al settore non più sufficiente per l’ammodernamento e il rilancio degli scali italiani: secondo alcune recenti statistiche le inefficienze amministrative e burocratiche impediscono l’immediata cantierizzazione di nuove opere portuali per un valore complessivo superiore al miliardo di euro.

Dinanzi ad un simile scenario, ulteriormente gravato nelle ultime settimane dall’emergenza COVID-19, l’intera comunità portuale italiana ha chiesto al il riconoscimento di poteri speciali per le ADSP, replicando quanto già avviene, per esempio, nel caso dei porti di Taranto e Genova.
I due modelli, tuttavia, presentano significative diversità meritevoli di approfondimento.

Si parta innanzitutto dal caso Taranto dove il locale presidente dell’ADSP del Mar Ionio esercita, grazie al DPCM del 17.02.2012, finanche la funzione di straordinario secondo quanto stabilito dal combinato disposto degli articoli, rispettivamente, 214, comma 5 e 7, del Codice degli Appalti – D.Lgs n. 50/2016 e 13 del D.L. n. 67/1997.

Quest’ultimo, meglio noto come decreto “Sblocca Cantieri”, prevede sin dal 1997 una nuova figura di commissario straordinario dedita al completamento di specifiche opere di rilevante interesse nazionale che: (I) sono state individuate ed elencate a mezzo DPCM; (II) non sono state completate in quanto la loro esecuzione non è mai stata avviata oppure risulta sospesa/parzialmente sospesa; (III) sono finanziate in tutto o in parte dallo Stato ovvero cofinanziate dalla Unione Europea.

La disciplina in questione consente al commissario straordinario l’esercizio di poteri estremamente rilevanti.
Il primo è quello relativo all’acquisizione del c.d. silenzio assenso in caso di inerzia delle amministrazioni competenti nell’adozione dei provvedimenti strumentali alla realizzazione della opera.

Così come statuito dall’articolo 13, co. II e IV, del decreto Sblocca Cantieri,  il commissario straordinario può chiedere che tutte le amministrazioni competenti rilascino i propri provvedimenti, prodromici all’avvio di una opera, entro 30 giorni (rectius: tale termine è ridotto a 15 giorni per i provvedimenti emessi dalle amministrazioni locali, provinciali e regionali mentre è esteso fino a 60 giorni per le pronunce sulla compatibilità ambientale dell’opera); decorsi invano tali termini, ordunque, il commissario straordinario adotta i provvedimenti, anche di natura sostitutiva, necessari per l’esecuzione dell’opera, salvi gli effetti dei provvedimenti giurisdizionali.

Il secondo potere è dettato, invece, dall’articolo 13, co. IV bis, del predetto decreto secondo cui “per l’attuazione degli interventi i commissari straordinari provvedono in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, della normativa in materia di e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale, nonché dei principi generali dell’ordinamento”; i provvedimenti in deroga, è bene sottolinearlo, devono però essere sempre motivati dagli stessi commissari straordinari.

Il terzo e ultimo potere, infine, abilita il commissario straordinario a svolgere le funzioni di stazione appaltante laddove si configurino impedimenti all’avvio o alla ripresa dei lavori.
Ciò premesso, si proceda ora all’esame del modello Genova dove, al contrario di quanto avviene nel , il presidente della locale ADSP non è stato investito della carica di commissario straordinario per il completamento delle opere strategiche.

Occorre fare una premessa. All’indomani della tragedia del Ponte Morandi il ha varato il D.L. n. 109/2018 (noto anche come Decreto Morandi e successivamente convertito con Legge n. 130/2018) cui ha predisposto una serie di misure per il sostegno e la ripresa economica del territorio genovese.

L’implementazione di tali misure è stata affidata nelle mani di un commissario straordinario per la ricostruzione – nel caso di specie il Sindaco di Genova – che, nell’esercizio delle proprie funzioni, “opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale”, fatto salvo il rispetto del codice delle leggi antimafia (nonché delle connesse misure di prevenzione) e degli inderogabili vincoli derivanti dalla appartenenza all’Unione Europea (v. articolo 1, co. V, Decreto Morandi).

Le funzioni del commissario straordinario per la ricostruzione si estendono anche alla materia portuale: ai sensi dell’articolo 9 bis del Decreto Morandi, il commissario straordinario adotta, su proposta della locale ADSP, un di investimenti urgenti da realizzare a cura della stessa ADSP entro 36 mesi dalla data di adozione del provvedimento commissariale e con l’applicazione delle deroghe di cui al sopraccitato articolo 1, co. V.

Le ulteriori misure previste nel Decreto Morandi ed interessanti la materia portuale riguardano, rispettivamente, la realizzazione di una Zona Semplificata per il Porto e il Retroporto di Genova (articolo 7), l’incremento del gettito IVA nei porti rientranti nell’ADSP del Mar Ligure Occidentale (articolo 9) nonchè l’erogazione di contributi economici per l’ temporaneo in porto.

A questo punto appaiono più che doverose alcune riflessioni sul cosiddetto modello Genova e sulla sua potenziale applicabilità alle restanti ADSP operanti nel territorio nazionale.

In via preliminare va osservato che il modello Genova e, in generale, il Decreto Morandi sono stati criticati da una parte della dottrina per la loro potenziale illegittimità costituzionale. Nello specifico le critiche hanno riguardato, in primis, la sproporzionalità dei poteri derogatori commissariali rispetto alla situazione emergenziale configuratasi a Genova e, in secundis, l’approssimazione con cui il Decreto Morandi ha individuato, senza una adeguata motivazione, le norme di legge derogabili dal commissario straordinario (v. Il “Decreto Genova” quale estremizzazione della deroga emergenziale, Federico Spanicciati, Giornale Diritto Amministrativo 2019, 1, 63).

In altre parole il Decreto Morandi sarebbe in aperto contrasto con la giurisprudenza costituzionale in materia (v. Corte Costituzionale n. 127/1995) che, tra l’altro, non sembra ammettere la deroga di norme primarie per l’assolvimento di compiti di ordinaria amministrazione.

Proprio per quest’ultima ragione, ad avviso di chi scrive, non apparirebbe opportuna la replicabilità del modello Genova ad altre ADSP per la tempestiva realizzazione di ; del resto, come osservato, esiste già il modello Taranto per la implementazione di opere di rilevanza strategica nazionale.

Diverso, tuttavia, potrebbe essere il ragionamento ove si considerasse l’eccezionalità e l’imprevedibilità della congiuntura socio/economica manifestatasi in questo periodo per effetto del COVID-19; lo stato di emergenza ben si presterebbe a richieste di poteri derogatori sia da parte delle ADSP che di altri soggetti pubblico/privati seppur nella piena consapevolezza che il nostro ordinamento giuridico potrebbe non essere preparato a tutto ciò.