Una delle peculiarità dell’arcinoto correttivo porti ex D.Lgs. n. 232/2017 è data dall’espressa abrogazione del D.M. 14.11.1994. Quest’ultimo, meglio noto come “Decreto Giurgola”, ha individuato e identificato per oltre un ventennio i SIEG – Servizi d’Interesse Economico Generale – in ambito portuale che, così come statuito dall’art. 6, co. IV, lett. c), Legge n. 84/1994, vengono forniti a titolo oneroso all’utenza portuale dietro affidamento e controllo delle singole ADSP (Autorità di Sistema Portuale): si pensi, a titolo esemplificativo, ai servizi d’illuminazione delle aree portuali così come al servizio di gestione delle stazioni marittime e di supporto ai passeggeri.
Gli effetti derivanti da una simile abrogazione, pertanto, appaiono estremamente significativi e, tra l’altro, sono già stati oggetto di precisazione da parte del MIT – Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture – con due diverse note datate, rispettivamente, 17.04.2018 e 17.12.2018.
Innanzitutto spetta oggi alle singole ADSP, e non più al Ministero, individuare e organizzare i SIEG all’interno di un porto: l’individuazione del SIEG, ovviamente, presuppone che vi sia la domanda di quel determinato servizio da parte dell’utenza portuale e che quel servizio assolva ad un interesse pubblico generale.
L’esecuzione dei SIEG – si legge all’art. 6, co. X, Legge n. 84/1994 – è affidata in concessione dalle singole ADSP mediante procedura ad evidenza pubblica secondo quanto previsto dal Codice degli Appalti. A tal uopo, tuttavia, stante l’esegesi di alcuni esperti (v. I porti italiani e l’Europa, Sergio M. Carbone e Francesco Munari, p. 270) il richiamo al Codice degli Appalti non va operato in via categorica: secondo Munari e Carbone, difatti, non può escludersi che i SIEG vengano affidati direttamente a società controllate dalle stesse ADSP secondo il modello di gestione in-house del servizio pubblico.
Un ulteriore possibilità per le ADSP di sottrarsi alle regole dell’evidenza pubblica per l’affidamento dei SIEG è data dall’art. 8 dello stesso Codice degli Appalti secondo cui gli affidamenti non sono soggetti al codice stesso se l’attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili.
Ci si soffermi ora sul caso specifico del SIEG di gestione delle stazioni marittime e di supporto ai passeggeri. Per oltre un ventennio le singole Autorità portuali hanno derogato alla regola dell’affidamento in concessione dei SIEG sulla base di una eccezione, prevista dall’art. 23, co. V, Legge n. 84/1994, secondo cui gli enti di gestione dei porti potevano “continuare a svolgere in tutto o in parte tali servizi (i.e.: di interesse generale)..ecc…promuovendo anche la costituzione di una o più società tra le imprese operanti nel porto, riservandosi una partecipazione comunque non maggioritaria”.
Per effetto di ciò le Autorità Portuali hanno affidato direttamente e in regime di esclusiva il servizio di gestione dei terminal passeggeri a singoli operatori che, de facto, agivano in regime di monopolio e con evidente distorsione delle regole di concorrenza.
Di conseguenza, l’abrogazione del Decreto Giurgola, unitamente al processo di riforma della legislazione portuale, implica e implicherà la fine di tali riserve monopolistiche, prevedendo che in futuro i servizi di gestione delle stazioni marittime, pur conservando la natura di SIEG, vengano “affidati in concessione mediante procedura ad evidenza pubblica” e/o comunque nel rispetto delle prescrizioni previste dal Codice degli Appalti (v. art. 6, co. X, Legge n. 84/1994).
In altre parole ciò potrebbe comportare l’esistenza, all’interno di un medesimo scalo portuale e in presenza di adeguate condizioni di mercato, di più strutture dedite all’accoglienza dei passeggeri: si pensi al recente caso del porto di Livorno dove un soggetto terminalista, presso il cui terminal transitano navi RO/ROPAX, può fornire servizi ai passeggeri di tali navi ponendosi in concorrenza alla stazione marittima operante in altra e diversa area portuale (v. controversia SDT s.r.l. vs. Porto di Livorno 2000 s.r.l.).
Né deve destare alcuna ambiguità il fatto che il Legislatore, durante il processo di riforma dell’ordinamento portuale, non abbia modificato e abrogato il sopraccitato articolo 23, co. V, Legge n. 84/1994: quest’ultimo – scrivono Munari e Carbone ne “I porti italiani e l’Europa” – “è da ritenersi superato, sia perché si riferiva a situazioni transitorie all’entrata in vigore della legge, oggi non più attuali, sia perché comunque posteriore a una normativa di sistema, quale appunto il c.d. Decreto Madia, che fissa in modo generale limiti e caratteristiche della partecipazione degli enti pubblici (incluse ovviamente le ADSP) in società di capitali”.