Mare italiano da sfruttare: dalla Puglia alla Sardegna

. Dopo la Francia nel mare a nord dell’Isola d’Elba; dopo l’Algeria nel mare a sud della Sardegna toccherà alla Grecia nel mare a est dalla Puglia. L’Italia, in questi ultimi mesi, sta sopportando un’emergenza una dietro l’altra e con affanno non riesce a controllare i propri confini marittimi. Dall’emergenza della manutenzione territoriale, a quella infrastrutturale nei modi trasporto ferro e strade; dallo sblocca cantieri al timido accenno di sviluppo economico interno; da una burocrazia che blocca porti storici come Venezia, Genova, ai porti del meridione d’Italia che aspettano di essere liberati; l’alta velocità/capacità che favorisce solo le reti settentrionali; dal coronavirus affrontato con una disorganizzazione federal-regionale al declino delle attività culturali e turistiche.

Emergenze che stanno portando l’Italia a una passività dilagante in quasi tutti i settori della vita pubblica. Circostanze che la politica governativa agli Esteri sta affrontando con una certa timidezza e con difficoltà; situazioni di manifesta “sovranità marittima” relative ad alcune decisioni unilaterali di Paesi frontalieri marittimi, imponendo un potere marittimo che influenzerà i settori della pesca, del e dello sfruttamento di giacimenti energetici in futuro. Si sta consentendo agli altri Paesi di interferire “a gamba tesa” su relazioni interne evidenziando una diplomazia debole e fuori contesto storico.

Principio. Se le non le usa nessuno sul piano economico, le usa uno dei paesi che le circoscrivono. Il riferimento è alle zone economiche esclusive (Zee); aree marittime che si estendono non oltre le 200 miglia nautiche al largo delle coste di un paese a partire dalla sua “linea di base”. Lo scopo è di permettere allo stato che la possiede di esercitare pieni diritti di sfruttamento delle risorse sulla colonna d’acqua che sovrasta il fondale marino, ma non sul fondale stesso; area che rimane di libera navigazione pur necessitando di autorizzazione per esercitare la pesca.

Mar Ligure. La vicenda, operata con una procedura unilaterale di ratifica attivata dalla Francia presso Bruxelles, porterà, in caso di silenzio/assenso da parte italiana, a conferire de iure i tratti di Mare Ligure e della Sardegna alla Francia, arrecando gravi danni agli interessi italiani (pesca, e sfruttamento d’importanti giacimenti d’idrocarburi, scoperti di recente). La Farnesina conferma che “l’accordo bilaterale del marzo 2015 non è stato ratificato dall’Italia e non vi è rischio di cessioni di acque territoriali e quindi non può produrre effetti giuridici”. L’opposizione politica al Conte, chiede di modificare e/o annullare il trattato di Caen.

Mare di Sardegna. Le acque del Mediterraneo, tra la Turchia, la Libia, Grecia, Egitto e Cipro, sono ora interessate dall’iniziativa unilaterale e unica di Algeri. Già nel 2018, l’Algeria senza preventiva informazione, ha istituito una sua zona economica esclusiva (Zee), con un confine valido anche per il fondale: l’area si sovrappone in parte alla piattaforma e alla Zona di protezione ecologica (Zpe) a ovest della Sardegna, estendendosi sino a nord-ovest del Golfo di Oristano, vicino alle acque territoriali di Sant’Antioco, Carloforte, Portovesme, Oristano, Bosa e Alghero (distante 60 miglia dalla costa sarda e 195 miglia da quella algerina).

Meridionale e Ionio. La Grecia ha autorizzato la trivellazione di un pozzo esplorativo nell’area di mare che le compete (Total al 50%, Edison al 25% ed Elpe al 25%). Se l’esplorazione sarà positiva, trovando del metano, si potrà sfruttare il giacimento; le condotte porteranno gas fino alla costa greca (gasdotto Tap) verso la Puglia e l’Europa. Secondo i geologi, sotto il mare Ionio a sud della Puglia, fra il “tacco” di Santa e l’isola greca di Corfù, vi sarebbero ingenti risorse di metano sotto il fondale, tra l’area riservata all’Italia e quella di esclusiva greca. Gli scienziati hanno individuato le stesse caratteristiche nel mare di Cipro, al largo dell’Egitto con riserve colossali di Zohr, e in acque israeliane.

Considerazioni. Le mire espansionistiche messe in atto con il Algerina non riguardano solo la pesca e l’acquicoltura o la generica valorizzazione e protezione del mare, ma si spinge con forza sulle risorse energetiche. L’Algeria ha disatteso l’articolo 74 della Convenzione Onu sul diritto del Mare che richiede che gli Stati, nelle more di un accordo di delimitazione, di cooperare in buona fede con gli Stati vicini e di non compromettere o ostacolare il raggiungimento dell’accordo finale con comportamenti lesivi degli interessi degli altri Stati. L’atto algerino è stato unilaterale e nell’attesa delle trattative che si apriranno tra il fine febbraio e inizio marzo 2020 (coronavirus permettendo) e poiché l’Italia possiede una zona di protezione ecologica contro l’inquinamento e per la tutela di flora e fauna, non si correrà nessun rischio; infatti, la decisione algerina sarà sottoposta a ratifica degli altri Paesi coinvolti, compresala Spagna.

Per quanto riguarda la Grecia, se il giacimento sarà proficuo, il mar Ionio sarà perforato appena fuori il confine italiano; al largo della Puglia saranno posate le piattaforme e lavoreranno le aziende greche dell’indotto; la Grecia godrà delle royalty per il metano estratto e venderà il gas all’Italia che pagherà per rifornirsi. In Italia sono attive 133 concessioni per lo sfruttamento di giacimenti di petrolio e di gas e 72 sono i permessi di ricercare altri giacimenti. In questi ultimi anni sono state bandite diverse gare per cercare giacimenti vicini alle acque italiane: nazioni frontaliere, Croazia, , Albania e la ultima la Bosnia, sono tutte impegnate nel Mare Adriatico Meridionale. Tali circostanze sembrano aver compattato le “questioni marittime” verso una nuova sensibilità comune per il patrimonio marittimo italiano e che non può essere lasciato in abbandono. Per questo si chiede con forza l’istituzione del Ministero del Mare e la creazione della zona economica esclusiva italiana.

 

Piattaforma continentale italiana Mediterraneo Centro-Occidentale; in nero i confini stabiliti con la Spagna (1974) e la Tunisia (1971).