La “Manovra estiva” su Istituti importanti per la tutela delle acque

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, , nell’ambito delle tematiche ambientali portuali, sin dal 1997, contribuisce alla protezione dell’ambiente, con servizi tecnici nel campo dell’ingegneria costiera e della costiere.

Sostanzialmente, propone metodologie e sviluppa analisi e progetti  a protezione delle coste italiane dai fenomeni erosivi e dai  rischi naturali, per la tutela delle acque marino-costiere.

Parlando di riduzione delle emissioni di anidride carbonica da esercizio di navi, dobbiamo tener presente che il Mar Mediterraneo rappresenta meno dell’1% dell’area mondiale coperta dagli oceani; però questo mare è caratterizzato da intenso traffico di navi.

Infatti, il 30% degli scambi commerciali è diretto o proviene dai porti del Mediterraneo, e il 20–25% del trasporto mondiale di petrolio transita per il Mediterraneo.

Proprio dall’analisi dell’ISPRA  si rileva che sono circa 2000 le navi commerciali, battenti bandiera cipriota, greca e maltese, che giornalmente attraversano il Mediterraneo; navi che effettuano sia navigazione d’altura che costiera adibite al trasporto sia di passeggeri che merci; con una dislocazione geografica dei porti, oltre 300, con la maggior parte situati in Italia, Spagna e Grecia.

Nel considerare la particolarità del trasporto di petrolio, o di materiale pericoloso e nocivo, facciamo notare che in tutto il Mar Mediterraneo, vi sono tre principali rotte per il trasporto di petrolio greggio: dai pozzi del Nord Africa, del Mar Nero e del Mediterraneo Orientale verso i Paesi consumatori dell’Europa e del Nord America.

La direttrice principale è quella relativa all’itinerario dal canale di Suez verso Gibilterra, passando tra la Sicilia e Malta e seguendo la costa della Tunisia, Marocco e Algeria; dal Mediterraneo Orientale (Siria, Turchia), dopo aver superato Cipro, seguendo le rotte principali che collegano i terminal del Mar Nero con i principali assi del Mediterraneo Occidentale.

Le sostanze tossiche trasportate possono essere molto più pericolose del petrolio trasportato, si sottolinea nello studio dell’ISPRA; nei porti del Mediterraneo sono maneggiati gas: ethylene, LPG, propylene e derivati; grandi quantità di materiali solidi pericolosi, quali  fertilizzanti, piriti, alluminio, fosfati; mentre conosciamo poco sul trasporto di materiali chimici liquidi, come la soda caustica, acidi ed altri.

Fra le cause di inquinamento vi sono quelle relative all’operabilità delle navi, come  lo scarico a mare di petrolio e misture di idrocarburi, acque di sentina, lubrificanti dei macchinari della nave, olio combustibile, olio greggio usato per il lavaggio dei serbatoi. Mentre fra le cause  di natura accidentale, vengono segnalate collisioni, incagli, affondamenti, esplosioni e cedimenti meccanici e strutturali delle navi.

E’ chiaro che le condizioni meteomarine influiscono notevolmente su queste cause e che comunque il 15% del petrolio sversato in mare è importante, come concentrazione su aree di mare limitate e per un tempo tale da inquinare le acque, fauna e flora marina.  Per combattere l’inquinamento del “mare nostrum” occorre un piano di salvaguardia che consenta di monitorare lo stato del mare in tempo reale, elaborando i dati su scala costiera ed al largo, sia in situ che temporale, individuando le aree a rischio e confrontandole  su base climatologica “normale”.

In questo campo, possiamo dire che l’Italia si posta all’avanguardia fra i Paesi mediterranei che hanno a cuore la tutela delle acque marine; infatti, l’ISPRA gestisce la Rete Ondametrica Nazionale (RON), la Rete Mareografica Nazionale (RMN), la Rete Mareografica della Laguna di Venezia (RTLV) e dell’Alto Adriatico. Come si nota un lavoro di monitoraggio e capacità progettuale importantissimo per la tutele dell’ambiente marino; speriamo che i tagli sulla ricerca non oscurino questo prezioso lavoro.

Abele Carruezzo