“In relazione all’oggetto ed in riferimento alla nota prot. DVA-2011-0015109 del 23.6.2011 con la quale il Ministero in indirizzo ha comunicato il positivo esito della verifica di procedibilità dell’istanza di VIA presentata dalla società Northern Petroleum, ad integrazione del parere già espresso da questo Comune, unitamente ad altri Enti Locali coinvolti nella procedura di VIA,
con nota prot. 29808 del 27.12.2010, si comunica che il Tar di Lecce, con sentenza n. 1341/11 del 14.7.2011 ha dichiarato illegittimi i precedenti provvedimenti di pronuncia positiva di compatibilità ambientale afferenti i medesimi progetti in oggetto, rilasciati da codesto Ministero”. Comincia così la nota del Comune di Ostuni, uno di quelli coinvolti nella richiesta della società inglese.
“Confermando quanto già statuito dal Tar di Bari con la sentenza n. 130/2010 (passata in cosa giudicata), il Tribunale ha rilevato che la VIA non poteva essere frazionata in più tronconi (uno per ogni permesso) afferendo la stessa ad un programma di ricerca unitario. I procedimenti in oggetto sono affetti dal medesimo vizio, in quanto resta la scelta della richiedente di frazionare la VIA in cinque tronconi corrispondenti ai cinque permessi di ricerca rilasciati.
Tale comportamento è manifestamente elusivo della normativa e delle pronunce dei Tar sopra indicate e, pertanto, non può non condurre ad un giudizio di inammissibilità delle istanze medesime”. Proprio per questi motivi Ostuni e le altre cittadine costiere coinvolte, avevano presentato una ricca documentazione per bloccare il rilascio della Valutazione d’impatto ambientale.
“Va aggiunto che la citata sentenza del Tar di Lecce ha stigmatizzato l’impatto “davvero imponente” della tecnologia utilizzata a sostegno del programma di ricerca ed ha sottolineato che “in difetto di metodi di ricerca meno impattanti, non v’è dubbio che unico baluardo di difesa per l’ambiente rimanga quello di una valutazione di impatto unitaria, cioè tale da fornire una visione completa delle interazioni e degli effetti di un programma umano di sfruttamento delle risorse dell’ecosistema da proteggere”.
Le considerazioni del Tribunale vanno tenute nel debito conto nell’esame delle istanze di che trattasi e confermano la fondatezza della profonda contrarietà al programma di ricerca evidenziata dagli enti locali col parere di cui innanzi, dovuta alla mancata considerazione degli effetti cumulativi, del periodo temporale di ricerca, della mancata valutazione rapporto costi-benefici della campagna di prospezione e soprattutto della conseguente insensatezza di autorizzare simili attività in ambiti territoriali la cui economi è legata fondamentalmente al turismo ed alla pesca”.
“Ad ogni buon conto – conclude la nota -, avendo la società richiedente riperimetrato le aree di ricerca, è necessario che la procedura venga riavviata ex novo, in quanto afferente ad un programma di ricerca differenti rispetto a quello oggetto della originaria procedura”.
Francesca Cuomo
Foto: Simone Rella