L’Istituto Internazionale delle Comunicazioni di Genova ha portato a termine il censimento dei porticcioli turistici nel Mediterraneo.
Lo studio è stato commissionato dal Plan Bleu, organismo che opera nel Piano di Azione per il Mediterraneo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Uno studio interessante che propone la geografia dei porticcioli nel Mediterraneo e che chiarisce qualche idea italiana, almeno sui numeri. Infatti, l’Italia è il Paese con il maggior numero di porticcioli, seguono la Spagna e la Grecia; ultimo Paese è il Montenegro.
Tutto il Mediterraneo presenta in totale 946 strutture: Albania 11, Egitto 6, Grecia 135, Libia 15, Slovenia 3, Algeria 24, Spagna 191, Israele 8, Malta 6, Siria 3, Cipro 3, Francia 124, Italia 253, Marocco 9, Tunisia 29, Croazia 81, Gibilterra 3, Libano 3, Montenegro 2, Turchia 37.
Al di là dei numeri, lo studio evidenzia come la distribuzione è più accentuata sul versante Adriatico-Ionio a dimostrazione che il turismo nautico segue delle rotte prestabilite che definite da un “desiderio” di scoperta culturale, ma soprattutto, dall’accoglienza dei siti nautici.
I parametri/indicatori presi in esame e senza una classifica discriminatoria, sono stati: servizi di rimessaggio – lavanderia – raccolta acque grigie e raccolta dei rifiuti – sportello bancario – bar e ristorante – servizi di connettività wifi attivi e continuamente funzionanti – acqua potabile – presenza di presidio medico e farmacia – manutenzione tecnica ed informazioni meteo – dotazione di parcheggi.
Solo il 20% dei porticcioli italiani offre servizi per la raccolta di acque di sentina e nella maggioranza sono assenti servizi di connettività in rete; come pure pochi sono certificati “green –port”, ma scarsamente pubblicizzati ; anzi tale aspetto, sottovalutato da molti Direttori tecnici di porticciolo, evidenzia un’insufficiente comunicazione del settore, rispetto alla maggior parte dei siti in Mediterraneo.
Lo studio, inoltre, mette in risalto una tendenza, nuova per queste latitudini, e cioè la presenza di “porti a secco”. Una novità in ambito Mediterraneo, rispetto alle coste statunitensi, ma di vitale importanza strategica, poiché i porti a secco costituiscono un potenziale driver di sviluppo della “piccola nautica”; inoltre costituiscono una modalità di fruizione del mare più rispettosa dell’ambiente, in quanto la permanenza in acqua dell’imbarcazione è strettamente limitata all’uso effettivo con minore rilascio di quantità di vernici antivegetative.
Tutto sommato l’Italia ne esce ben strutturata in tema di siti nautici, rispetto a tutto il Mediterraneo, e sempre con le due velocità: al nord più attrezzati mentre al sud più assolati. In futuro, speriamo che queste strutture di accoglienza nautica diventino veri e propri portali di accesso al territorio e all’entroterra.
Abele Carruezzo