Giles Heimann, segretario generale dell’International Maritime Employers, ieri ancora una volta ha sollecitato “who can” a liberare marittimi in ostaggio dei pirati Somali.
Sono 62 i marittimi che hanno pagato con la vita negli ultimi quattro anni, per atti di pirateria nel Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano. “Sempre nel corso dei passati quattro anni, oltre 3.500 marittimi sono stati rapiti e tenuti in ostaggio dalle bande armate – spiega Giles Heimann -.
Molti sono rimasti traumatizzati: nel corso della detenzione spesso sono stati utilizzati come scudi umani, oppure costretti a operare la loro nave come nave-madre e punto di partenza per i pirati, in uno stato di profondo stress fisico e soprattutto emotivo”.
Numeri che hanno messo in moto la campagna Sos (Save Our Seafares) per dare grande enfasi alla necessità di combattere la pirateria. Centinaia di questi marittimi, ha proseguito Heimann, sono stati soggetti a torture terrificanti: sono stati appesi alle murate delle navi, chiusi nelle celle frigoriferi; molti sono rimasti traumatizzati e oggi non sono più in grado di tornare al lavoro a bordo delle navi.
Corrispondente da Londra
Em. Carr.