(Foto courtesy by Whitehouse.org)
La decisiva vittoria elettorale di Donald Trump ha fatto impennare i titoli energetici, mentre i vettori marittimi potrebbero dover affrontare venti contrari. Il trasporto marittimo mondiale già impegnato a studiare sui i rischi e come affrontarli
Washington.Ancora mancano due mesi al giuramento del 6 gennaio prossimo del presidente Trump, e già si analizzano pensieri, parole e programma del vincitore su come incideranno sul trasporto marittimo globale e come reagire.
I piani del neo presidente per le tariffe all’importazione e i suoi piani per ‘radunare e deportare’ milioni di immigrati privi di documenti, preoccupa il settore della navigazione mercantile.
Molti analisti, sono convinti che le promesse fatte in campagna elettorale Trump le manterrà e credono che gli Stati Uniti ritorneranno agli anni ’30 in termini commerciali, anni in cui gli americani hanno visto dominare il capitalismo, prima che Theodore Roosevelt promulgasse la fine con le sue leggi antitrust. Si è convinti che gli effetti sul trasporto marittimo possono essere previsti come una riduzione delle tonnellate-miglia e, calando il manufatturiero, si vada ad applicare i dazi.
Trump ha promesso di applicare dazi su un’ampia gamma di merci provenienti da paesi come Cina e Messico, i principali partner commerciali degli Stati Uniti. Ha proposto una tariffa del 10% su tutte le importazioni statunitensi e una tassa del 60% sui prodotti fabbricati in Cina, che se promulgata influenzerebbe l’intera economia spingendo i prezzi al consumo più in alto e alimentando prelievi di ritorsione sulle esportazioni americane. Trump ha anche minacciato di imporre una tariffa del 25% su tutte le importazioni dal Messico.
Possiamo vedere che quando le nazioni sono in relativo declino manifatturiero – l’America lo è, come gran parte dell’Occidente – la politica decide di volere applicare i dazi. Ma la campagna elettorale è finità e la ‘realta’ incombe. Soprattutto per la classe media americana che sta soffrendo di fronte all’impennata dei prezzi al consumo e salari fermi da anni.
Con la portata della vittoria di Trump, che sembra storica, l’industria marittima dovrà prepararsi ad alcuni cambiamenti straordinari nei prossimi anni, non solo nei flussi commerciali e geopolitici, ma anche nel ritmo delle normative ecologiche globali. “Questo sarà per sempre ricordato come il giorno in cui il popolo americano ha ripreso il controllo del proprio paese”, ha detto Trump nel salutare il ritorno alla Casa Bianca.
“Il grande problema per il trasporto marittimo è il riallineamento economico tra le economie del Pacifico e dell’Atlantico, che è in corso da 15 anni. Il muro tariffario di Trump potrebbe essere una tappa in questa direzione, ma come i muri per tenere fuori i migranti, è difficile ottenere molto in quattro anni”, ha commentato Martin Stopford, l’economista marittimo più famoso del mondo.
Molti ritengono che il ritorno di Trump sia una cattiva notizia per l’Europa, ma potenzialmente positiva per l’Asia e persino per la Cina. Ed ancora, si è convinti – come ha dichiarato Trump in campagna elettorale – che una maggiore produzione di combustibili fossili negli Stati Uniti, coinvolgendo – in modo positivo o negativo – tutti i partner commerciali per rinegoziare gli accordi commerciali, i flussi commerciali saranno dinamici e volatili, con le esportazioni di carbone e petrolio dagli Stati Uniti all’Asia che aumenteranno. I prezzi del petrolio scenderanno, con forti cali, dipendendo dalla rapidità con cui verranno revocate le sanzioni contro la Russia; questo porterebbe a una rapida fine della guerra in Ucraina – stimolando il commercio di cemento e acciaio per la ricostruzione del Paese – e proporre ulteriori tariffe commerciali contro la Cina.
Il settore del trasporto marittimo – come è noto – è un’industria globale, che si nutre di commercio internazionale e di continui rischi economici e tutti gli operatori ne sono coscienti.
Un’area che potrebbe affrontare i venti contrari della storica vittoria di Trump è il percorso di decarbonizzazione del trasporto marittimo. Il lavoro attualmente in corso presso l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) per ottenere nuove normative e fissare obiettivi a livello globale potrebbe finire in un vicolo cieco; questo faciliterebbe una tendenza in cui la regolamentazione della decarbonizzazione del trasporto marittimo dovrebbe essere effettuata a livello locale e non globale.
Anais Rios, responsabile delle politiche marittime di Seas At Risk, ha sostenuto ieri: “Il processo IMO non dipende da chi siede alla Casa Bianca. L’Africa, l’America Latina, l’Asia, insieme all’Europa e al Nord America possono – e anzi devono – concordare l’anno prossimo un’ambiziosa tassa sul carbonio e un forte standard sui carburanti, al fine di mantenere la loro promessa storica: decarbonizzare il trasporto marittimo in modo equo entro il 2050. Con una netta maggioranza di Governi già a bordo, sia all’interno che all’esterno dell’IMO, la rotta è tracciata”.