È il primo accordo internazionale che mira a tutelare le aree di mare che non ricadono nelle giurisdizioni nazionali. È il Trattato dell’Alto mare, raggiunto finalmente dopo quasi vent’anni di negoziati lo scorso 5 Marzo dagli Stati membri, presso la sede delle Nazioni Unite a New York. L’obiettivo globale è quello di preservare almeno il 30% degli oceani del mondo istituendo delle Aree marine protette entro il 2030, tenendo fede ad una delle promesse centrali della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, tenutasi a dicembre dello scorso anno.
“Prima di questo trattato, non c’era un meccanismo globale che permettesse ai paesi di istituire aree marine protette in alto mare”, spiega Daniel Dunn dell’Università del Queensland, in Australia, coinvolto nei negoziati dal 2014.
L’accordo entrerà formalmente in vigore quando verrà ratificato da un numero sufficiente di paesi che si riuniranno a cadenza regolare in una conferenza delle parti (Cop).
Un altro dei punti centrali dell’accordo è senza dubbio la regolamentazione della condivisione delle risorse genetiche marine, intese come spugne, coralli, krill, batteri e alghe, e la creazione di norme più stringenti per ogni attività umana in questi ecosistemi, riferendosi all’ipersfruttamento della pesca. Decisione presa in base all’ultima valutazione sulle specie marine globali in cui si è scoperto che quasi il 10% di esse è risultata a rischio di estinzione, secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).
Un risultato preoccupante soprattutto per i gruppi ambientalisti che puntano il dito verso i processi minerari colpevoli di alterare i terreni di riproduzione degli animali, di creare inquinamento acustico ed essere tossici per la vita marina.
Il Trattato, dunque, fornirà inizialmente un quadro giuridico entro cui gli Stati delineeranno le norme specifiche per regolamentare e istituire le Aree marine protette.
Come saranno fatte queste aree marine, e soprattutto che tipo di protezione prevedono, si deciderà in un futuro, speriamo vicino. Quello che è certo è che si porrà un limite alla quantità di pesca che può aver luogo lungo le rotte di navigazione e alle attività di esplorazione, come quella mineraria in alto mare.
Sebbene ci sia ancora molta strada da fare, il Trattato dell’Alto mare rappresenta un primo passo importante verso la protezione di circa la metà della superficie del nostro Pianeta e per la conservazione della biodiversità marina.
Elide Lomartire
Foto: https://news.un.org/ (Unsplash/Thomas Kelley)