Quanto carbonio contiene l’oceano? Si stima che l’oceano abbia circa 50 volte più carbonio dell’atmosfera.
Il grafico a barre mostra molto più carbonio nell’oceano che nella terra o nell’atmosfera. Le stime sono calcolate in petagrammi di carbonio; 1 PgC = 1 miliardo di tonnellate di carbonio (fonte Istituto Oceanografico di Woods Hole).
Woods Hole – Massachusetts. L’ingegneria climatica, conosciuta anche come ‘geoingegneria’ è l’insieme delle tecnologie proposte per tentare di contrastare su scala planetaria le cause o gli effetti dei cambiamenti climatici (Climate Change) e in particolare del riscaldamento globale (Global Warming).
Le tecnologie d’ingegneria climatica si possono classificare in due grandi categorie: rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera (CDR – Carbon Dioxide Removal) e riduzione della radiazione solare incidente (SRM – Solar Radiation Management).
Esse hanno caratteristiche molto diverse per efficacia, velocità d’implementazione, costi e profili di rischio per effetti non voluti poco noti o ignoti del tutto. Proprio a causa delle incertezze scientifiche inerenti a tale approccio, e per le inevitabili ripercussioni politiche, sociali, ed etiche, l’eventuale gestione planetaria di progetti operativi d’ingegneria climatica è oggetto di ampio dibattito.
A tal proposito riportiamo l’interessante intervento del prof. Peter de Menocal, paleoclimatologo marino e direttore della Woods Hole Oceanographic Institution, sulla rimozione dell’anidride carbonica dagli oceani durante un recente evento TEDxBoston: Planetary Stewardship.
Il professore ha approfondito i rischi e i benefici dell’intervento umano e ha descritto un piano ambizioso per costruire una vasta rete di monitoraggio di sensori autonomi nell’oceano per aiutare l’umanità a comprenderne l’impatto.
Nel porsi una domanda del ‘perché il CDR oceanico sta attirando così tanta attenzione in questo momento’, Menocal ha detto: “ La singola frase più scioccante che ho letto nella mia carriera è stata nel sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, pubblicato nel 2021. Diceva che abbiamo ritardato l’azione sul cambiamento climatico per così tanto tempo che ora è necessario rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera per tutti i percorsi per mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi Celsius (2,7 gradi F)”. “Poiché gli impatti del cambiamento climatico diventano sempre più pericolosi e imprevedibili – ha continuato – a causa del suo volume e del potenziale di stoccaggio del carbonio, l’oceano è davvero l’unica freccia nella nostra faretra che ha la capacità di raccogliere e immagazzinare carbonio nella scala e nell’urgenza richieste”.
Poi, nella sua introduzione, ha ricordato che in profondità, sotto la superficie dell’oceano, la luce svanisce in una zona crepuscolare, dove migrano balene e pesci e alghe morte e zooplancton piovono dall’alto.
Questo è il cuore della c.d. ‘pompa del carbonio’ dell’oceano, sistema dei processi oceanici naturali che cattura circa un terzo di tutta l’anidride carbonica prodotta dall’uomo e la affondano nelle profondità marine, dove rimane per centinaia di anni. Convinto che potrebbero esserci altri sistemi per migliorare questi processi in modo che l’oceano estragga più carbonio dall’atmosfera per aiutare a rallentare il cambiamento climatico – ha continuato il prof. de Menocal.
Parlando delle ‘conseguenze’ ha detto che si conosce poco nel merito: con un esempio ha evidenziato che l’oceano è come una grande bevanda gassata. Sebbene non frizzi, ha circa 50 volte più carbonio dell’atmosfera. Quindi, per estrarre il carbonio dall’atmosfera e immagazzinarlo in un posto dove non continuerà a riscaldare il pianeta, l’oceano è il sito più grande in cui riporlo.
La rimozione dell’anidride carbonica oceanica, o CDR oceanico, utilizza la capacità naturale dell’oceano di assorbire il carbonio su larga scala e lo amplifica.
(Methods of ocean carbon storage. Natalie Renier/©Woods Hole Oceanographic Institution).
Il carbonio entra nell’oceano dall’atmosfera in due modi. Nel primo, l’aria si dissolve nella superficie dell’oceano. I venti e le onde che s’infrangono lo mescolano nel mezzo miglio superiore o giù di lì, e poiché l’acqua di mare è leggermente alcalina, l’anidride carbonica viene assorbita nell’oceano. Il secondo riguarda la pompa biologica. L’oceano è un mezzo vivente: ha alghe, pesci e balene, e quando quel materiale organico viene mangiato o muore, viene riciclato. Piove attraverso l’oceano e si fa strada verso la zona crepuscolare dell’oceano, un livello profondo da circa 650 a 3300 piedi (da circa 200 a 1.000 metri).
Ha ricordato che è la zona profonda dell’oceanico a sostenere l’attività biologica negli oceani.
È il ‘suolo’ dell’oceano dove il carbonio organico e i nutrienti si accumulano e vengono riciclati dai microbi. Ospita anche la più grande migrazione animale del pianeta. Ogni giorno trilioni di pesci e altri organismi migrano dalle profondità alla superficie per nutrirsi di plancton e tra di loro, e poi tornano giù, agendo come una grande ‘pompa di carbonio’ che cattura il carbonio dalla superficie e lo devia negli oceani profondi dove viene immagazzinato lontano dall’atmosfera.
Illustrando le modalità di rimozione dell’anidride carbonica dagli oceani ha detto che ad oggi vi sono solo tre metodi promettenti, tutti basati sul miglioramento della capacità naturale dell’oceano di assorbire più carbonio.
Il primo si basa sul miglioramento dell’alcalinità dell’oceano. Gli oceani sono salati: sono naturalmente alcalini, con un pH di circa 8,1. L’aumento dell’alcalinità mediante la dissoluzione di alcune rocce e minerali in polvere rende l’oceano una spugna chimica per la CO2 atmosferica.
Un secondo metodo (sappiamo che funziona) aggiunge micronutrienti alla superficie oceanica, in particolare ferro solubile. Quantità molto piccole di ferro solubile possono stimolare una maggiore produttività, o la crescita delle alghe, che guida una pompa biologica più vigorosa.
Il terzo è forse il più facile da capire: far crescere le alghe nell’oceano, che catturano il carbonio in superficie attraverso la fotosintesi, quindi lo imballano e lo affondano nelle profondità dell’oceano. Tutti questi metodi hanno degli svantaggi per l’uso su larga scala, inclusi i costi e le conseguenze impreviste – ha rilevato Menocal.
In conclusione ha parlato dell’iniziativa messa in campo, una ‘internet dell’oceano’ per monitorare i cambiamenti.
Stiamo guidando un’iniziativa presso il Woods Hole Oceanographic Institution per costruire la prima Internet al mondo per l’oceano, chiamata Ocean Vital Signs Network. È una vasta rete di ormeggi e sensori che fornisce occhi 4D sugli oceani – la quarta dimensione è il tempo – che sono sempre attivi, sempre connessi per monitorare questi processi del ciclo del carbonio e la salute degli oceani.
Per la prima volta saremo in grado di vedere quanto sia irregolare la produttività nell’oceano, come il carbonio entra nell’oceano e se possiamo quantificare quei flussi di carbonio. Questo è un punto di svolta. I risultati possono aiutare a stabilire l’efficacia e le regole di base per l’utilizzo del CDR. Questa rete rende possibile l’osservazione per prendere decisioni che influenzeranno le generazioni future.
Con un Internet oceanico di sensori, possiamo davvero capire come funziona l’oceano, compresi i rischi e i benefici del CDR oceanico.
Per approfondimenti si può leggere l’intero articolo del Prof. Peter de Menocal, Direttore, Woods Hole Oceanographic Institution. La Woods Hole Oceanographic Institution è un’organizzazione privata e non profit di ricerca, di studio e di educazione dedicata alle scienze marine e alla produzione di relative opere ingegneristiche. La sua sede è a Woods Hole in Massachusetts ed il suo sito web: https://www.whoi.edu/.
Si ringrazia la Direzione dell’Istituto per la cortesia data per l’uso delle foto.