La guerra e le sanzioni potrebbero esporre l’Europa a gravi difficoltà di rifornimento, aspettando il ‘cessate il fuoco’.
La Russia – anche attraverso l’Opec Plus – ha intensificando la sua politica espansionistica e di riaffermazione del suo ruolo di potenza economica, partendo proprio da quello di grande attore energetico, soprattutto in Medio Oriente.
L’accordo tra i produttori di petrolio dell’OPEC plus (inclusa la Russia) pare che stia reggendo, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina. Probabilmente il gruppo manterrà solo un aumento della produzione, come pianificato in una riunione della prossima settimana, anche se il greggio supera i 100 $ al barile.
L’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e alleati, (OPEC+), si riunirà il prossimo 2 marzo per decidere se aumentare la produzione di 400.000 barili al giorno (bpd) ad aprile. Oltre alla pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina è arrivata, nonostante gli avvertimenti degli Stati Uniti e i membri dell’OPEC del Golfo per evitarla e l’OPEC+ è sembrata mostrare una posizione neutrale e che comunque non si aspetterebbero modifiche sulla produzione di petrolio pianificata.
Sul fronte finanziario, alcuni industriali cinesi sono stati avvisati dalle banche e dalle Autorità ministeriali di astenersi dall’acquistare carbone russo a causa di possibili sanzioni durante l’invasione russa dell’Ucraina.
Altre fonti, affermano che gli armatori cinesi sono stati messi in guardia dal fare affari con Suek
ed evitare di attraccare nei suoi porti, visto che anche il prezzo del carbone russo non era più competitivo sui mercati cinesi. (SUEK è una delle più grandi società energetiche integrate del mondo, il principale produttore di carbone, calore ed elettricità e uno dei maggiori operatori ferroviari e portuali in Russia).
La Russia, lo ricordano gli analisti, ha esportato 136,7 milioni di tonnellate di carbone tra gennaio e agosto 2021.
L’invasione russa dell’Ucraina, se non si arriva a un ‘cessate il fuoco’, interromperà il movimento globale delle materie prime energetiche, aldilà delle sanzioni imposte dalle potenze occidentali alle esportazioni dalla Russia.
Finora nessuna delle misure di ritorsione contro Mosca è stata mirata alle esportazioni di petrolio greggio, carbone o gas naturale, quest’ultimo tramite gasdotto o navi gasiere. Forse, tacitamente, si riconosce l’importanza della Russia per la fornitura globale di queste materie prime, e in particolare sul gas naturale, con la Russia che soddisfa circa il 40% della domanda annuale europea.
Ma i rischi per molte aziende di fare affari con la Russia diventeranno troppo pesanti; un chiaro esempio si è avuto l’altro giorno, quando su una nave, (noleggiata Cargill) che trasportava carbone alla rinfusa, è stata colpita da un missile nel Mar Nero nelle acque ucraine. Pochissime compagnie commerciali, marittime e assicurative saranno pronte a correre il rischio di trattare merci dalla Russia, temendo attacchi fisici, problemi di pagamento a causa di sanzioni finanziarie, il rischio di mancata consegna se saranno adottate ulteriori misure contro la Russia e persino contraccolpo del pubblico e degli investitori per aver continuato a fare affari con un paese, ora ampiamente considerato come uno che conduce una guerra illegale.
Nel frattempo, l’Europa può acquistare più Gnl dagli Stati Uniti e dal Qatar, che stanno attualmente costruendo una nuova sostanziale capacità, e possono cercare di massimizzare la produzione del continente, principalmente dal Mare del Nord. L’Europa può anche investire molto nella generazione rinnovabile e nello stoccaggio delle batterie, ma nel breve e medio termine il continente dipende ancora dalla Russia.
Ultimamente, il presidente del Consiglio Mario Draghi, durante l’informativa alle Camere sulla crisi russa – ucraina, ha detto: “Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni e per questo occorre incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il Tap dall’Azerbaijan, il Trans Med dall’Algeria e dalla Tunisia, il Green Stream dalla Libia. Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato. Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario, ed è necessario.”