A bordo le attività dei progetti COLLAPS e ISOBatA coordinati dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale
TRIESTE– Sono 11 i partecipanti alla spedizione dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS che hanno lasciato domenica la Nuova Zelanda per raggiungere l’Antartide a bordo della rompighiaccio Laura Bassi per studiare l’evoluzione della calotta glaciale polare in risposta ai cambiamenti climatici. Si occuperanno in particolare, delle attività di due progetti: COLLAPS – Cook glacier- Ocean system, sea LeveL and Antarctic Past Stability, e ISOBatA: Italian Southern Ocean Bathymetry from consistent exploitation of opportunistic seafloor datasets in Antarctic region and surrounding areas, finanziati dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide – PNRA e coordinati dall’OGS.
Una missione di 15 giorni in cui, ricercatrici e ricercatori, studieranno la zona del margine continentale davanti ai ghiacciai Cook e Ninnis, lungo la costa della Terra di Wilkes, a ovest del Mare di Ross in Antartide per analizzare le dinamiche dell’evoluzione dei ghiacciai sia alla scala dei milioni di anni, sia a quella delle ultime migliaia e centinaia di anni, partendo dall’ultimo massimo glaciale.
“L’obiettivo di COLLAPS è studiare l’influenza e gli effetti del riscaldamento oceanico sulla stabilità di quest’area polare che è, ancora oggi, per lo più inesplorata, ma altamente vulnerabile ai cambiamenti climatici” spiega Laura De Santis, geofisica dell’OGS e coordinatrice del progetto precisando che “le osservazioni mostrano che la calotta di ghiaccio dell’Antartide occidentale si sta assottigliando a causa del riscaldamento degli oceani, ma, per quanto riguarda l’Antartide orientale, sappiamo ancora troppo poco sulla sua velocità di risposta ai cambiamenti climatici. Le osservazioni attuali mostrano che ci sono aree orientali apparentemente stabili che sono fortemente a rischio, considerando le previsioni climatiche dei prossimi 200 anni. I modelli numerici prevedono, in effetti, che la fusione dei ghiacciai di questo settore provocherebbe un innalzamento del livello del mare globale di circa 3-4 metri, ma l’unico modo di accertare queste ipotesi è di raccogliere gli archivi geologici del passato”.
Grazie all’utilizzo della strumentazione scientifica installata a bordo della rompighiaccio Laura Bassi sarà possibile effettuare una mappatura dettagliata del fondo del mare, acquisire profili di sismica a riflessione e raccogliere carote di sedimento in una zona generalmente coperta dai ghiacci polari di cui si intuisce la morfologia a bassissima risoluzione dai dati satellitari. Le indagini geofisiche saranno abbinate a un rilievo oceanografico per misurare salinità, temperatura, direzione e velocità delle correnti oceaniche, e, questo, mediante l’impiego di veicoli semi autonomi glider e boe Argo.
“Grazie ai dati di precedenti progetti sappiamo che i ghiacciai Cook e Ninnis si sono espansi durante passati periodi glaciali, ma dobbiamo ancora scoprire quando e quanto velocemente (decadi o migliaia di anni?) si sono poi ritirati, se le correnti oceaniche calde hanno causato la disintegrazione del loro fronte, o se banchi sottomarini hanno ancorato e frenato il collasso del ghiaccio” aggiunge De Santis. “A bordo della Laura Bassi, oltre al personale logistico dell’ENEA e ai colleghi e alle colleghe dell’OGS ci sarà anche personale dell’Università degli Studi di Trieste, del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna, uno studente dell’Università di Otago (Nuova Zelanda) e personale del Programma antartico colombiano, ospite del PNRA, che sta sviluppando una ricerca il cui obiettivo è di raccogliere dati sulla distribuzione dei mammiferi marini e sulla loro capacità di adeguarsi ai disturbi causati dall’attività antropica, come ad esempio quelli causati dalle attività di ricerca geofisica. Tutti ci aiuteranno a raccogliere i dati necessari alla comprensione dell’evoluzione della calotta polare in questa zona” precisa De Santis.
Il progetto COLLAPS contribuirà, quindi, in modo significativo alla conoscenza del sistema glaciale antartico e del suo impatto sull’aumento del livello del mare e rientra nelle attività della 37a campagna in Antartide del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide – PNRA, finanziato dal ministero dell’Università e Ricerca, attuato dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle spedizioni, nonché dal CNR per la programmazione e il coordinamento scientifico.
A bordo proseguono anche le attività del progetto ISOBatA, avviato già nelle prime fasi della campagna a dicembre, per lo studio dei fondali oceanici ancora largamente inesplorati. Ci sono, infatti, larghe porzioni oceaniche di cui conosciamo in modo approssimativo la profondità di un solo punto su un’area anche di 3-4 chilometri e, per questo motivo, sono nate iniziative e progetti internazionali di condivisione dei dati, l’ultimo per importanza Seabed2030 che si pone proprio l’obiettivo di mappare i fondali a scala mondiale entro il 2030 con risoluzione di 100 metri.
“Il progetto ISOBatA ha ottenuto il supporto di Seabed2030 e sfrutta i transiti della rompighiaccio Laura Bassi (al di sotto di 60° S) per acquisire dati morfobatimetrici lungo corridoi preferenziali nelle acque circostanti l’Antartide che verranno poi condivisi a livello internazionale” spiega Daniela Accettella, ricercatrice dell’OGS e coordinatrice del progetto ISOBatA. “I corridoi sono stati costruiti sulla base delle rotte della Laura Bassi e incrociano la Macquarie Fault Zone: un’area geologicamente attiva dove le placche indo-australiana, pacifica e antartica si incontrano e interagiscono in quel che viene definito un Punto Triplo. Lo studio di questa struttura, a cui l’Italia ha dato un grande contributo con le acquisizioni fatte con la nave OGS Explora, verrà portato avanti proprio grazie ai dati acquisiti col progetto ISOBatA” conclude Accettella.
Foto: Riccardo Scipinotti