Costa Concordia: MiTe, dopo 10 anni superiori alle attese i risultati degli interventi di ripristino ambientale dei fondali marini

Raddoppiato il numero di fasci di posidonia e continuano a svilupparsi le gorgonie


Roma. Dieci anni fa, il 13 gennaio 2012, la Costa naufragò davanti all’isola del Giglio, provocando la morte di 32 persone. L’allora ministero dell’Ambiente, adesso ministero della Transizione ecologica, intervenne immediatamente dando il proprio contributo alla gestione dell’emergenza nazionale e alla definizione delle misure di prevenzione dell’inquinamento e protezione dell’ambiente marino.

Il ministero, costituendosi parte civile nell’inchiesta, riuscì a far valere in giudizio i danni ambientali causati dal naufragio e rese possibili, senza spese a carico dello Stato, non solo le attività di rimozione e smaltimento del relitto, ma anche le successive attività di pulizia e ripristino ambientale dei fondali danneggiati.

Le attività di monitoraggio ambientale e ripristino delle condizioni dei fondali furono indicate dal ministero attraverso le prescrizioni che la Conferenza dei servizi stabilì subito dopo il naufragio. Per monitorare il corretto svolgimento delle operazioni fu istituito un Osservatorio, i cui lavori continuano tutt’ora e al quale partecipano rappresentanti del , di Ispra, Arpat Toscana e degli enti locali interessati.

La rimozione del relitto e le operazioni di ripristino dei fondali hanno richiesto negli anni interventi molto complessi, alcuni dei quali ancora in corso. Sono stati necessari due anni per l’allontanamento del relitto, tre anni per la pulizia dei fondali e cinque anni per gli interventi di restauro ambientale, tuttora in fase di realizzazione.

Gli interventi di restauro finora attuati hanno avuto un successo superiore alle attese. Rimosse le cause della perdita di posidonia, i trapianti effettuati nel 2016 hanno dimostrato un raddoppio del numero di fasci trapiantati, così come quelli effettuati dal 2019 sembrano avere un esito simile. Analogamente per le gorgonie, gli elevati tassi di sopravvivenza e di guarigione hanno fatto sì che alcune pareti rocciose abbiano riacquistato la loro originale tridimensionalità e si stiano avvicinando alla loro condizione naturale.

L’Osservatorio, in occasione della riunione che ha convalidato il terzo rapporto sulle attività svolte dai ricercatori e specialisti di ecologia marina, che hanno operato all’interno dell’Università di Roma “La Sapienza” e del Consorzio di biologia marina di Livorno (CIBM) e ha verificato l’attuazione delle misure di prevenzione e mitigazione degli effetti sull’ambiente dell’isola del Giglio previste dal “Piano di recupero ambientale e di monitoraggio a lungo termine”.

I risultati delle attività di ripristino ambientale saranno presentati il 13 gennaio p.v. presso l’isola del Giglio, in occasione della cerimonia di Commemorazione del tragico evento.
Si allega il rapporto degli interventi di restauro ambientale dei fondali dell’Is. Del Giglio a cura del Consorzio Interuniversitario di Biologia Marina di Livorno e l’Università Sapienza di Roma.