Acque amate approda in Lombardia e sul Lago di Como
Finalmente dal vivo… per un mare di emozioni in un lago di sensazioni. Una mostra da non perdere…
Dal 2 al 12 luglio alla Torre delle Arti di Bellagio e al Nenè Space di San Giovanni è allestita la mostra fotografica “Acque Amate”, opera fotografica di Delia Biele e Giulia Caminada, con il contributo artistico del grande maestro della fotografia Giovanni Gastel, recentemente scomparso.
Nella splendida cornice della Perla del Lario, grazie al patrocinio del Comune di Bellagio e della Torre delle Arti, con la collaborazione di Nenè Space, la performance delle due autrici si traduce in due racconti profondi collegati da uno stesso filo conduttore. Le acque che rappresentano l’eterna condizione dell’universo, stigmatizzata in sei concetti sui quali si sono confrontate, ciascuna con il proprio stile. Ne è scaturita una mostra di 36 fotografie e 18 poesie.
Delia Biele e Giulia Caminada sono due amiche, stilisticamente differenti, due interpreti che ragionano e dialogano sulla natura dell’elemento acqua che le accomuna nei rispettivi luoghi di dimora e di appartenenza: la verve del mare di Senigallia per Delia, la quiete del Lago di Como per Giulia.
Incontratesi nello studio di Giovanni Gastel, fonte di grande ispirazione per entrambe, Delia e Giulia scoprono le loro affinità sul concetto di bellezza e forza in fotografia e nasce in tempo reale l’idea di lavorare insieme su ciò che più le accomuna. L’elemento acqua appunto. Uno schema immediato, abbozzato in sole ventiquattr’ore, una sorta di urgenza nel voler comunicare visioni, luci, volumi, materia, colori, concetti, quindi immagini in grado di vivere da sole, tenute insieme da versi e componimenti brillanti di luce propria. Un progetto costruito con Giovanni Gastel, loro maestro.
Giulia Caminada, nata e residente a Barni, sopra Bellagio, lavora a sei trittici per un totale di 18 immagini finali, stilisticamente differenti che si alternano in un oscillare continuo tra il frammento e l’universale, fra il particolare ed il generale. È un ritratto del lago intimo e personale, accompagnato da sei liriche che diventano fulcro dell’eterno ritorno in un viaggio mai concluso nella conoscenza di sé attraverso il rispecchiarsi nel mondo circostante.
Delia Biele, di Senigallia, indaga i “dialoghi sul mare” attraverso la tecnica della sovrapposizione delle immagini, il materiale e l’immateriale. Nascono così sei dittici a ciascuno dei quali affianca una Polaroid realizzata con una macchina vintage per un totale di 18 immagini finali.
Due interpretazioni dell’elemento acqua espresso rispettivamente dal punto di vista del lago e del mare, con immagini che parlano inequivocabilmente delle autrici, degli elementi in comune di entrambe ma anche delle meravigliose differenze che affiorano e che rendono tutto il lavoro ritmico e visionario.
Si affiancano eccezionalmente al lavoro delle due fotografe i contributi audio e video del maestro, oscar della fotografia, Giovanni Gastel che tanto ha amato il Lago di Como e che ha firmato la presentazione della pubblicazione; il contributo della scrittrice Dacia Maraini; in immagini del fotografo internazionale Lyle Roblin; la critica fotografica del Prof. Enzo Carli; i contributi dei Sindaci di Senigallia e di Como.
Già nell’ ottobre 2020 nell’ambito del Festival letterario Parolario di Como, la mostra è stata ospitata virtualmente sul sito dell’evento e non in presenza, proprio a causa degli eventi legati al Covid.
Acque Amate Mostra Fotografica di Giulia Caminada e Delia Biele
A Bellagio (Como) nella Torre delle Arti e allo Spazio Nenè a San Giovanni
Dal 2 al 12 Luglio
L’inaugurazione è prevista per il 2 Luglio alle ore 18.
Dal lunedi al venerdì dalle 10,30 alle 16,00. Sabato e domenica dalle 10,30 alle 18,00
BIOGRAFIE
GIULIA CAMINADA
Nasce nel 1969 nell’entroterra del Lago di Como e si laurea in Lettere all’Università Statale di Milano. Dedica la sua vita alla famiglia, all’insegnamento e alla ricerca socio-antropologica applicata alle tradizioni del focolare prealpino: numerose sono le ricerche linguistiche e etnografiche svolte sul territorio lariano. Riconosciuta come “Cercatrice di traccia” dalla Rete Italiana di Cultura Popolare, si affaccia alla fotografia da autodidatta. La passione per la poetica dei paesaggi, i reportage e la ritrattistica fanno sì che negli ultimi decenni la fotografia sia per lei strumento di ricerca, documentazione, comunicazione e arte.
Nel 2011 si affaccia alla fotografia di paesaggio. Inizia un viaggio, mai concluso, attraverso la campagna, il lago, la montagna a lei vicini alla ricerca dell’invisibile, cercando di vedere quello che gli altri non vedono. Una fotografia fatta di silenzio, lentezza, meditazione. L’acqua, il ghiaccio, il risveglio della primavera sono uno specchio su una realtà prima di tutto interiore. Si riflette nell’acqua, diventa ombra sulle superfici e il paesaggio diventa autoritratto. Cerca di guardare oltre, ai frammenti privilegiandoli rispetto alle inquadrature tradizionali. È un gioco, il suo gioco della fotografia. Nascono così le immagini delle foglie morte o degli autoritratti. La macchina fotografica diventa ponte fra anima e natura, alla ricerca della poesia delle piccole cose.
Seguono i reportage sulla gente comune, che segnano il suo interesse per le sequenze, i racconti, la serialità. Sono una narrazione popolare per immagini, attimi rubati per strada, il mio interesse per l’umanità nel suo peregrinare quotidiano. Una chanson de geste fatta nel contesto di scatti a gente comune. Fra questi, la serie Gente comune, la serie Les pieds rouges – ENTR’ACTE, la serie Gente di Dublino dove la fotografia si spoglia dall’essere documentazione esteriore. Giocose immaginette naif scattate a Parigi (le prime due serie), non la solita cartolina ma una città sospesa a mezza via tra il suo dadaismo delle origini e un surrealismo al digitale da terzo millennio, e nella letteraria Dublino (la terza, omaggio a James Joyce).
La serie Storia di una speràda è un viaggio nel mondo della ricca e articolata acconciatura femminile a raggiera che veniva ancora usata nella Lombardia contadina dei primi del Novecento. È il tentativo di dare nuova vita all’ornamento, attraverso una cronaca per immagini della sua costruzione. Dentro il procedimento che ha portato all’ideazione e alla fusione delle spadine di ottone, al loro diventare speràda e alla successiva argentatura.
Dentro le case è un reportage fotografico che parla di uomini e cose. Attraverso una sequenza di immagini in bianco e nero prendono vita nuova oggetti di uso domestico dimenticati, che hanno ormai esaurito la loro funzione d’uso. Sono quello che resta, diventano ora proiettori del cuore, estensioni della memoria. Questo progetto è la finestra aperta su Un paese in posa, il ritratto fotografico di una comunità che avrebbe realizzato – poco dopo – nel piccolo borgo di Barni, in Vallassina.
Un paese in posa Ritratto fotografico di una comunità è una piccola ricerca antropologica attraverso la macchina fotografica. Scrive: “L’aver fatto sfilare tutto un paese davanti alla fotocamera, l’aver cercato di accoppiare persone e cose, mi ha permesso di rinsaldare legami. Non solo fra me e le persone fotografate, ma fra le persone che hanno «partecipato» al reportage. Il filo conduttore è stato il sorriso. Elemento aggregante ed elemento, per qualche verso, di «cura». Non me l’aspettavo, ma in fondo lo speravo, così come è stato un abbraccio l’effetto della partecipazione al momento conclusivo della mia antropologia della fotografia: il momento della fruizione, in cui le persone si sono rispecchiate nelle foto che ho esposto in mostra e che sono pubblicate nel catalogo. Continuando, concludendo e ricominciando il gioco identitario di una comunità”.
Del 2016 è la grande e partecipata mostra Un paese in posa. Ritratto fotografico di una comunità che si è tenuta nella sala consiliare del comune di Barni (Co), il piccolo paese della Vallassina soggetto del progetto fotografico. Contemporaneamente all’esposizione, 40 gigantografie sono state allestite per le vie del paese e ora permanenti, museo etno-fotografico volte a riqualificare il vecchio nucleo del paese.
Negli ultimi anni frequenta a Milano workshop dei maestri della fotografia Maria Vittoria Backhaus e Giovanni Gastel, dove conosce la fotografa Delia Biele. Dell’ultimo anno il progetto fotografico Acque amate in collaborazione con Delia e la guida di Giovanni Gastel.
Fra le numerose pubblicazioni, L’of del dì de Natàl (Nodo Libri), Le terre del Lario e del Ticino dalla parte dei bambini (Silvana Editoriale), Vocabolario del dialetto di Barni, Mappa sonora di Cantù, Parole e cose della Val Cavargna (DVD), Vestiario popolare lariano (Nodo Libri), Un paese in posa. Ritratto fotografico di una comunità (Silvana Editoriale), Acque amate.
DELIA BIELE
Nasce a Benevento nel 1960, laureata in sociologia, in seguito un master in criminologia, vive e lavora a lungo in Veneto e nel 2013 si trasferisce nelle Marche. Si avvicina alla fotografia già a 15 anni, poi per ragioni di lavoro si forma nella documentazione video-fotografica scientifica per la Polizia di Stato.
Stabilitasi a Senigallia, nel 2015 si immerge nelle realtà delle associazioni fotografiche locali grazie alla frequentazione del “Musinf”, diretto dal Prof. Carlo Emanuele Bugatti, iniziando una copiosa documentazione di fatti ed eventi pubblici.
La sua evoluzione stilistica prende le mosse all’interno di “INTROVISIONE”, movimento artistico multidisciplinare di fotografia, pittura, scultura, musica e poesia, con la Direzione Artistica di Enzo CARLI, allievo ed amico del maestro Mario Giacomelli. Carli, di Delia Biele interprete in “Acque amate”, dice: “Le immagini di Delia Biele appartengono ad una visione intimista; dal suo mondo interiore emergono ectoplasmi di civiltà che determinano una realtà potenziale sostenuta dall’eufonia lirica. Un mondo immaginario, così come la mutazione del mare, che si pone al centro della sua ricerca. L’incrocio della conoscenza con il saper fare e saper essere persegue un nuovo modello di riferimento, che rende evento realtà e apparenze del mondo. Come l’originaria nereide, Delia Biele si immerge in queste acque e nella maturità del tempo si sciolgono i ricordi in tracce lievi, sovrapposte come la direzione del pensiero, come “il profondo sondabile” della poesia che l’accompagna….”
Delia Biele, consapevole della sua inclinazione per la ritrattistica, si allontana da Senigallia per incontrare i suoi maestri, proprio nello studio della preziosa figura di grande fotografo e poeta Giovanni GASTEL conosce Giulia Caminada, con la quale sviluppa da subito l’idea di lavorare fotograficamente sull’elemento acqua, comune ad entrambe, affiancando alle foto dei componimenti poetici, felice contaminazione fra arti.
Un lavoro lento e costante durato un anno, che ha visto il suo completamento nel semestre “terribile” del 2020. Un tempo di silenzi e di attese, di solitudini e riflessione che hanno indotto Delia Biele a completare la personale serie fotografica “dialoghi sul mare”, sostituendo alcune immagini con sei piccole Polaroid caricate di un significato profondo.
Sei “piccoline”, eseguite ormai a ridosso dell’estate, figlie e testimoni di quel tempo di silenzi, con l’intima esigenza di proporre “…una sottrazione di peso… mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra” (cit Lezioni americane, Italo Calvino, 1995)
“ACQUE AMATE”, vede quindi Delia Biele in performance di fotografia e poesia in tandem con la fotografa lombarda Giulia Caminada. “… non è una sfida fra due fotografe…. Ma due racconti profondi che si sono snodati su un unico filo conduttore… la calma, l’intima riflessione che induce il lago e la pulsione verso l’imprevedibile e il caos che ben conoscono gli abitanti sul mare, in sintesi, l’eterna condizione dell’universo, stigmatizzata in sei concetti sui quali confrontarsi, ciascuna con il proprio stile…”.