Con una nota del 9 marzo scorso, l’Onu rende nota la decisione di rimandare la quarta e ultima sessione della Conferenza Intergovernativa sulla biodiversità marina degli oceani a causa dell’emergenza Covid-19. Quest’ultima sessione, la più importante, avrebbe dovuto culminare in una parafatura del Trattato Internazionale sulla Biodiversità Marina nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale.
“Siamo molto dispiaciuti, ma questa è la cosa giusta da fare. Torneremo e concluderemo i nostri negoziati su questo nuovo importante trattato per proteggere i nostri oceani”, ha scritto in un tweet Catherine Boucher, consulente legale della missione canadese all’ONU.
Uno degli aspetti da considerare è che a causa di questo stallo tutti gli stati membri guadagneranno tempo nel cercare un compromesso ampiamente dibattuto nella penultima sessione della conferenza tenutasi a New York dal 19 al 30 Agosto 2019. La bozza del trattato, negoziato nel contesto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, si pone come obiettivo la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine. Una risoluzione adottata con il consenso della riunione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha accettato di rinviare i colloqui alla “prima data possibile disponibile” a causa dell’epidemia di coronavirus.
Perché un Trattato sulla biodiversità marina?
Nell’ultima sessione della Conferenza, prevista dal 23 Marzo al 3 Aprile 2020 e poi cancellata, i governi avrebbero dovuto concordare un trattato globale per salvaguardare la vita nei mari al di fuori della giurisdizione nazionale degli Stati costieri, una regione scarsamente regolamentata che rappresenta i due terzi dell’oceano mondiale.
La carenza di una regolamentazione internazionale ha fatto sì che il 66% della superficie degli oceani subisse gravi cambiamenti antropogenici. Cosa vuol dire? Che le risorse marine, con una valore socio-economico fondamentale per l’uomo,hanno iniziato ad essere sempre più scarse, minacciando attività essenziali quali la pesca fino ad arrivare agli attuali cambiamenti climatici. Sì, perché gli oceani ne mitigano gli effetti, assorbendo un terzo dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera.
La pesca eccessiva, il trasporto marittimo, l’inquinamento da plastica e il potenziale dell’estrazione dei fondali marini sono tra le minacce che già colpiscono gli ecosistemi marini. Nel frattempo, gli impatti climatici come il riscaldamento delle acque, l’aumento dell’acidità del mare, stanno anche minando la resilienza della biodiversità marina. António Guterres, Segretario Generale Onu, ha dichiarato che il Trattato Internazionale sulla biodiversità marina è fondamentale per il progressivo sviluppo del diritto del mare, considerandolo la “costituzione degli oceani”.
Noi, in sostanza, siamo parte di questa biodiversità e ne utilizziamo i servizi: cibo, acqua, energia e risorse per la nostra vita quotidiana. Proprio per questo abbiamo il dovere di salvaguardarla.
Elide Lomartire