L’intervento dell’imprenditore portuale Teo Titi, in questo caso intervenuto come rappresentante di un’associazione di addetti ai lavori, dovrebbe stimolare un dibattito e un confronto su uno degli aspetti negletti di questa città: il porto. Nella vulgata comune, i brindisini paiono voltare le spalle al porto dimenticando che l’economia della città, storicamente, dipende in larga parte proprio da esso.
Titi alla domanda “quali sono le problematiche e le possibili soluzioni che affliggono il porto di Brindisi e cosa si può chiedere all’amministrazione della città e all’AdSP MAM, risponde per punti e per comodità e brevemente lo farò pure io. L’intervento mi trova prevalentemente d’accordo tranne che per alcuni aspetti che tenterò di spiegare.
L’imprenditore portuale Titi ribadisce, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che “il porto interno è l’ideale per le crociere” e, conseguentemente per tale motivo, sottolinea l’ovvia necessità e opportunità che la stazione marittima per l’accoglienza dei crocieristi “non potrà che essere lì” (nel porto interno). A tale scopo si individuano gli unici due siti possibili: l’attuale sede dell’Ente portuale e il Capannone ex Montecatini.
Riguardo la prima soluzione, questa venne proposta al presidente Hercules Haralambides anche dal movimento politico cittadino Sì Democrazia che suggerì l’acquisto dell’ex sede della Banca d’Italia per trasferirvi gli uffici dell’Ente portuale e restituire così all’ex stazione marittima il suo ruolo originario. Consiglio rimasto inascoltato non si sa se per mancanza di risorse o per altre ignote valutazioni.
Quindi rimarrebbe l’altro sito, il capannone ex Montecatini, per il quale fu addirittura bandito un concorso di idee che prevedesse proprio tale destinazione d’uso. Progetto e bando poi abbandonati perché si intraprese l’avventura, non molto felice per svariati motivi, del terminal “delle Vele”. Va da sé che per far divenire il capannone una struttura per l’accoglienza dei crocieristi questo deve rientrare nel circuito unico doganale delimitato dalla recinzione di sicurezza ma, fatto stranissimo e inspiegabile, questo – contrariamente ad ogni logica e a quanto previsto dal progetto iniziale approvato – ne è stato tagliato fuori. Di questa esclusione, tanto inspiegabile quanto misteriosa, si dovrebbe fare chiarezza poiché in tal modo si è esclusa ogni possibilità di utilizzarlo per la portualità nonostante le cospicue risorse economiche impiegate per il suo restauro.
Se assieme a tale esclusione si considera la pervicacia con la quale è stato “impedito” l’adeguamento del canale Pigonati portando avanti dei lavori di consolidamento delle banchine, episodio ricordato da Titi, è lecito immaginare che rendere difficile l’ingresso delle navi da crociera (della classe della MSC Musica) nel porto interno potrebbe essere stato un disegno prefissato. Ma da chi e con quali fini?
Non condivido la considerazione di Titi secondo la quale “questo ormai è un dato di fatto e non si può tornare indietro” e che è inutile “piangere sul latte versato”. Se si è convinti dell’utilità di far entrare le navi nel porto interno (siano esse ragioni economiche, commerciali, d’immagine o qualsiasi altra) si deve fare di tutto perché ciò si realizzi, anche se questo vuol dire riparare a degli errori commessi nel passato di cui qualcuno si dovrebbe assumere delle responsabilità.
Giorgio Sciarra