Porti e portualità, servizi portuali ed autoproduzione degli stessi, sistemi informatici di gestione automatizzata, ottimizzazione delle interferenze trasportistiche, tradizione e continuità operativa. Queste sintetiche considerazioni iniziali potrebbero far pensare, subito, all’importanza dei servizi portuali, che tradizione dottrinale vuole, siano distinti in servizi resi alle merci ovvero operazioni e servizi portuali, e servizi resi alle navi ovvero servizi tecnico nautici.
D’altro canto le ingerenze, a volte impetuose, del contenuto delle sentenze della Comunità Europea, a cui si guarda col diritto interno non sempre nell’ottica del giudizio di accoglimento od ottemperanza, stanno evidenziando quanto sia attuale l’introduzione della concorrenza anche nei servizi nautici diffusi e costitutivi del funzionamento dei porti italiani che, lo ricordiamo, sono beni pubblici la cui destinazione è per l’appunto pubblica, tipica del bene demaniale sui quali come ricordato da più parti è scomparso il vetusto ma garantista diritto di insistenza nei confronti del precedente concessionario, tranne nelle ipotesi di tutela del principio costituzionale dell’affidamento legittimo del concessionario uscente, in questo caso autorizzato allo svolgimento di operazioni e servizi portuali.
Ma quanto patiscono i servizi portuali la mancanza o la insufficienza di efficienti forme di intermodalità trasportistiche e di rapide vie di comunicazione, da e per il porto specie nei porti internazionali con traffici passeggeri e merci di significative e collaudate dimensioni? Si direbbe molto. Ma vediamo in sintesi le categorie dei principali servizi specie -iure gestionis- resi in banchina, senza dimenticare quelli di interesse generale nell’unica lettura, sempre valida, del porto che spazia da incontro tra la terra ed il mare, garantendo lo spostamento di traffici e dall’altro frontiera nazionale che vede il coordinato intervento di agenzie rappresentative degli interessi statali, quali agenzie delle dogane, forze di polizie economiche, ufficio di sanità portuale.
Incominciamo dai servizi nautici portuali in senso stretto quali previsti dall’articolo 16 legge 84/94, ovvero il carico e lo scarico, il trasporto, il deposito, il movimento in genere di merci svolto in ambito e territorio portuale. Importanti, poi, i servizi tecnico-nautici indicati dal comma 1 bis dell’articolo 14 legge 84 che descrive essere il pilotaggio, il rimorchio, l‘ormeggio ed il battellaggio resi, tutti alla nave quale vettore del trasporto marittimo in occasione del suo arrivo e ripartenza dalla banchina, allo scopo di garantire la sicurezza della navigazione anche in acque interne, tutt’uno con la sicurezza degli umani non solo passeggeri e dell’interesse generale della collettività.
Anche detti servizi ancillari alla navigazione, in tema sia di sicurezza del porto e delle sue acque che a tutela dell’ambiente coinvolto nei transiti e nelle operazioni portuali, tutti sono servizi essenziali se pur dimensionati alla classe del porto. Servizi portuali svolti con mezzi nautici, quali bettoline e bunkeraggio sia di combustibile che di acqua. Servizi riconducibili alle competenze delle autorità marittime quali i sommozzatori, palombari, iscritti in appositi registri.
Servizi di interesse generale che vanno dalla manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni del porto alla gestione delle stazioni marittime ad opera dei concessionari terminalisti autorizzati, dai servizi di illuminazione e manutenzione delle parti comuni del porto alla pulizia ed alla raccolta dei rifiuti alla fornitura di beni di prima necessità, ai sempre più richiesti servizi informatici e telematici ovvero alla grande ed articolata famiglia dei cosiddetti servizi commerciali ed industriali, quali parcheggi o banchine di carenaggio per non parlare delle banchine destinate al trasporto ferroviario anche in considerazione di recenti specifiche direttive ministeriali.
Servizi previsti dalle apposite concessioni rilasciate, ex articolo 36 del codice della navigazione, quali ad esempio bar, edicole, ristoranti, negozi, attività, tutte in fase di svolgimento all’interno di manufatti insistenti sul sedile portuale demaniale. Servizi resi da altra normativa speciale quale è quella riguardante gli spedizionieri doganali ospitati nel circuito doganale. Il tutto nel complesso normativo con il quale le Autorità Marittime hanno il compito di vigilare e regolamentare l‘entrata e l’uscita, il movimento, gli ancoraggi, gli ormeggi delle navi e dei natanti tutti e di intervenire nel caso di urgenza operando poteri potestativi ed atti esecutivi ed esecutori di indirizzo e di utilizzo dei servizi tecnico-nautici presenti nello scalo portuale di competenza, quali ausiliari di Autorità Marittima medesima proprio in funzione del carattere universale. Si vuole sottolineare come si tratta di servizi, molti dei quali classici e di remota istituzione sui quali grava il peso del controllo da parte delle AdSP o se assenti della Autorità Marittima competente.
E’ evidente che i servizi come l’ormeggio ed il rimorchio, solo per fare un esempio, non rientrano nelle categorie della mera concorrenza commerciale in quanto servizi di ordine pubblico finalizzati alla tutela pubblica del porto e dei soggetti a vario titolo in esso presenti; difficile quindi immaginare di poter condividere l’autoproduzione in detti servizi portuali a vocazione pubblica universale, se pur sotto una rigorosa disciplina amministrativa di sorveglianza che ha come scopo, già accennato, di poter assicurare le migliori ed ottimali condizioni di navigazione, ormeggio e ancoraggio delle navi alle banchine dei porti ospitanti.
Quindi pare afferente il richiamo al regime tariffario a fronte delle prestazioni, oggetto dei servizi sopra menzionati, che tipicamente si spartisce tra fortissime restrizioni sulle regole della concorrenza e la libera circolazione dei servizi -de quo-, non potendo abusare della posizione di monopolio o “dominante”. Tariffe soggette al vaglio di organi statali e locali quali AdSP e Autorità Marittima stessa tutt’uno con le circolari dettagliate di riferimento.
Tutto quanto sopra porterebbe, senza ombra di dubbio e fatte salve le -ratio iuris- testé sintetizzate, ad immaginare diffusi mercati monopolisti. Ma tutto ciò è al passo coi tempi ed é in linea con una attesa economia portuale della circolarità, ovvero in linea con il DL 91 del 2017 che stimola le ZES in alcuni territori europei compresa l’Italia, immaginando nuove forme di connessione tra i trasporti mare-terra al fine della migliore crescita economica in regime di competitività anche tra scali portuali?
Non sappiamo per ora, anche se alcuni studi di settore parrebbero dare ragione alla logica del legislatore interessato alla rete TEN-T ma non solo. Noi supponiamo che la tradizionale estrinsecazione dei servizi portuali, come studiato da decenni sui testi universitari, debba fare i conti con la sicurezza nei porti e sulla salute dei suoi lavoratori eterogenei tutelandoli dai rischi professionali e da interferenza di fasi di trasporto e di movimentazione merci, dall’altro crei una sorta di obbligazione datoriale di sicurezza previa valutazione scientifica degli stessi finalizzata al benessere concetto riproposto dalla OMS organismo mondiale attento alle pro tematiche di settore.
Pericolo, rischio e danno sono fasi di un procedimento volto alla tutela dei lavoratori che deve far riflettere su quanto debba spingersi ancora l’evoluzione scientifica e tecnica riguardante le operazioni dei servizi portuali nel ciclo complessivo delle stesse, ricordando ancora una volta il rischio interferenziale per i lavoratori somministrati. Non basterà certo il documento sulla sicurezza a garantire una simile azione di ponderazione ne tanto meno il più rigido controllo ad opera delle forze di polizia marittime presenti nel porto.
Un ciclo logistico portuale legato al sea-shipping, ovvero al trasporto delle merci e dei passeggeri via mare che tradizionalmente si suddivide in quello obbligato con le isole, alternativo per il trasporto tra le autostrade del mare, traffico tra porti comunitari e non, e i traffici dai porti hub col federaggio oceanico. Tutto questo articolato fronte tecnico operativo deve fare i conti con una realtà in evoluzione, prova ne sono le varie iniziative intraprese negli ultimi dodici mesi da quasi tutte le AdSP, cercando di stimolarsi anche a vicenda su vari fronti tra cui, ricordiamo la blue economy, ovvero un modello di porto creativo, moderno, avveniristico, ecosostenibile ed innovativo.
Termini questi che necessitano di forte impulso al cambiamento rispetto alla gestione corrente dei servizi portuali, siano essi monopolistici od a generale offerta. Tali cambiamenti inducono, non azzardo il paragone se pur apparentemente eclettico, ad una visione riconducibile al volo in picchiata dell’astuta aquila reale in fase di caccia e di osservazione, che ripetutamente plana al suolo al fine di ispezionarne le possibili prede. Ma quali prede? E si, quali ci chiediamo… Certamente un nuovo ciclo produttivo presente in banchina ecosostenibile, dove il rifiuto è ricchezza sistematica e diffusa ovvero fonte di energia a basso costo e dove il processo industriale è preda di una nuova socializzazione della catena logistica di nuova organizzazione amministrativa nelle AdSP.
Insomma un volo radente che segue quello in picchiata sui moli sulle banchine e sugli specchi acquei delle coste italiane, finalizzato ad innovazioni totali e totalizzanti avendo cura di individuare con la spiccata vista del rapace (e ve ne è di bisogno), le migliori soluzioni sia sotto il profilo della nuova sostenibilità che sotto quello delle smart-cities e zes sempre più performanti e sempre più audaci, come proprio il volo dell’aquila, peraltro simpatizzante ed amante di ambienti naturali al pari dei green-port antagonisti ad esempio del combustibile fossile come fonte di energia ed oramai fattispecie sognata dalla governance portuale.
Un’aquila reale, quindi, che susciterà emozioni in volo, attrattive di investimenti privati di maker nazionali ed internazionali al pari di quanto accaduto da decenni nell’ambito degli aeroporti italiani, per rimanere in tema di ordinamento della navigazione…e che il paragone non susciti gelosie ma prefiguri nuovi ambiti di intervento gestionali.
Teodoro Nigro