Un porto competitivo, quando?

BARI – La scelta dei terminal da inserire lungo una rotta o lungo una via d’import/export sta assumendo, in quest’ultimo periodo, una rilevante importanza a seguito dell’istituzione dei “sistemi portuali”. L’evoluzione in atto che il processo dei trasporti marittimi sta attraversando (vettori, porti, retroporti e logistica) fa emergere l’importanza di una strategia da adottare da parte della governance di detti sistemi portuali.

La maggior parte dei porti italiani presenta una complessità organizzativa e funzionale diversa se si vuole affrontare le economie avanzate e non tutti i porti italiani e di uno stesso sistema possono essere gestiti con la stessa strategia. Prima della riforma Delrio, i vari comitati portuali erano ridondanti con componenti che rappresentavano interessi contrapposti, pletorici e poco efficienti/efficaci; oggi,con la riforma,  siamo  all’eccesso opposto, con componenti al minimo e non rappresentativi dell’intero sistema portuale; senza contare che il livello di competitività e di efficienza di una infrastruttura trasportistica costituisce l’elemento principe per la selezione dei porti lungo una via sia essa della seta oppure di un’altra fibra.

Un porto è competitivo se i propri soggetti (pubblici e privati – cd cluster marittimo-portuale) hanno capacità a proporre un’offerta di qualità elevata delle proprie infrastrutture e servizi, giusta per il mercato attuale, efficace per sostenere la concorrenza con altri porti in/out “sistema”, per generare positive ricadute economiche sulla città e sul territorio di quel porto. Ora, tutti i soggetti pubblici e privati rivendicano per il loro porto, del nord e del sud Italia, essere hub per la “via della seta”, dimenticando che detta via interessa alla Cina e l’Europa, semmai, è terra da conquistare come l’Africa, o solo per comprare i porti, come è avvenuto per la vicina Grecia. Il Ministro Giovanni Tria, ultimamente, in Cina, ha confermato quello che era l’accordo governativo Renzi, sostenuto da Berlusconi e seguito poi da Gentiloni. Forse, si sperava, con il Governo del “cambiamento”, un rimettere in gioco tutti i porti italiani.

D’altronde, Tria è il ministro che deve mitigare le esternazioni di Salvini – Di Maio senza compromettere i mercati e l’Europa stessa. Pre tre anni di seguito, Trieste, Genova e Venezia hanno lavorato al progetto della “via della seta” con varie missioni in Cina e con forum istituzionali di un mercato che avanzava. Già i governi precedenti avevano scelto strategicamente i porti di Genova, Trieste e Venezia quali potenziali porti per investimenti progettuali per la Cina.

I porti del sud all’interno di quali mercati hanno fatto promozione delle proprie infrastrutture e servizi? Senza parlare di costi/scalo non conformi ai bisogni degli utenti attuali e potenziali. La “competitività”, come concetto, è sicuramente diversa se ci riferiamo ai porti; come diverso è quando si parla di soggetti che operano nei servizi portuali. Per gli operatori portuali, la competitività riguarda la capacità (disponibilità finanziaria, tecnico-organizzativa) a sostenere la concorrenza con altri operatori già presenti sul mercato, oltre alla capacità di intraprendere nuove strategie di ampliamento della domanda portuale. I porti dell’Italia meridionale sono sicuramente competitivi, poiché si dispone di infrastrutture, banchine, fondali, piazzali, retroportualità per supportare nuove vie di traffico mercantile; basta esserne convinti e disporre di adeguate strategia per sostenere la concorrenza.