Rivoluzione gestionale ed efficienza produttiva. Questa potrebbe essere una delle sintesi più apprezzata dal management delle Adsp nell’ambito dell’ardito tema del porto sostenibile, ovvero un porto da considerare prezioso pezzo della strategia di cambiamento del modo di vivere le città, l’economia dei trasporti e la società stessa.
Porto green ovvero area portuale e sue pertinenze derivate da progettare o restaurare in chiave ambientale. Questo vuole significare che le tratte trasposrtistiche debbano essere compatibili con l’ambiente tutto attraversato, che il porto con il suo watefront debba dialogare con la città e che l’energia, sia in arrivo che stoccata, ovvero distribuita ai cittadini debba essere conforme ad esempio ai parametri del gas liquefatto, principale materia capace di sostituire petrolio e carbone.
Quindi approcciare in maniera sostenibile e nuova, con le best pratices nazionali ed europee i temi della mobilità, dell’ambiente, della logistica, e delle reti energetiche. Partiamo dal dato normativo opportunamente chiaro, se pur in chiave di “principio”, normato con l’articolo 4-bis della legge 84/94 così modificato dall’articolo 5 del d.lgs.169/2016, che prescrive alle Adsp il documento di pianificazione sostenibile quale atto cardine del porto, anche sposando le attente ed articolate direttive Europee, il cui scopo è quello di cambiare l’asset dei fattori energetici passando, il porto, da mero utilizzatore a produttore di energia sfruttando le fasi di lavorazione industriale e gli scarti combinandoli con combustibili non fossili e sfruttando il calore prodotto dai vari processi industriali, finanche alla cosiddetta energia circolare o blue , sfruttando altresì mare, vento e sole sempre con impiantistica specifica collocata ed al servizio delle operazioni e dei servizi portuali.
Il porto deve passare da uno status di consumer ad uno status di producer, abbassando inevitabilmente i costi energetici fissi e variabili ed abbassando il livello di produzione di inquinamento ambientale, in quanto snodo logistico ed ambientale, abolendo il carbone rendendo disponibili combustibili alternativi quali il gnl e l’idrogeno. Le emissioni inquinanti all’interno dell’area portuale riguardano l’acqua, la terra e l’aria. Esempi, peraltro già presenti in alcuni porti di altri continenti, hanno sviluppato, grazie a studi di settore con griglie di campionamento in loco, apparecchiature capaci di fornire calore, freddo, elettricità, da fonti rinnovabili efficienti sia sotto il profilo dei costi che in linea con l’economia circolare, altro obiettivo ambizioso per i nostri porti in fase di sviluppo non solo commerciale e strategico.
Elettrificazione delle banchine e parco eolico di servizio nel e per il porto unito ad una impiantistica fotovoltaica presente sia sugli edifici che in luoghi prossimi a quello di erogazione sempre nel sedile portuale, costituisce un modo green di fornire energia unitamente al recupero di fanghi ed acque non tossiche al fine del loro riutilizzo. In fase embrionale la predisposizione dei piani energetici ambientali nelle varie adsp anche a causa della assenza, allo stato, dei decreti ministeriali attuativi, ex articolo 4 bis che andrebbero a fornire linee guida anche in vista del successivo passo d’efficientamento imputabile alla cosiddetta economia circolare in un porto, dove vanno in simbiosi ed ad intrecciarsi i processi industriali con quelli logistici e produttivi dove il passaggio della merce genera sia le facilities logistiche, rendendo sostenibili le lavorazioni sui materiali, siano essi grezzi siano gli stessi lavorati.
La mitigazione della grave dipendenza energetica e quindi dell’impatto ambientale che le aree portuali hanno sull’ambiente, deve portare con fermezza, se pur in considerazione dello sviluppo tecnologico, ad una piena autosufficienza energetica con fonti rinnovabili del porto coi suoi movimenti, collegamenti, trasferenze, avendo e ponendo l’attenzione alla modellistica marina per la simulazione off-shore dello spettro delle onde, capaci di produrre quantità significative di energia, che unita ad altri settori quali quello dei rifiuti, possa sposare bene quelle fattispecie a modello avanzato di circolarità completamente autonoma come individuato in alcune isole dell’oceano Pacifico.
La rimozione di forti ed articolate barriere amministrative con la creazione di un partenariato pubblico-privato con la crescente consapevolezza che i nuovi sistemi energetici resilienti riducono la dipendenza grave da combustibili fossili come presenti attualmente nel sistema italiano che, come noto abortì anche l’uso del nucleare, consentirà tra qualche anno di avere non solo dei porti green ma anche delle banchine ben attrezzate al rifornimento di gas liquido quale combustibile delle navi di ogni genere e tipo: non solo piccole navi passeggeri in servizio nel nord Europa ma anche navi merci di stazza significativa solcanti le rotte principali dei mari circondanti la penisola italiana.
In questo senso, stoccaggio e rifornimento appaiono le prime basilari azioni, mirate da perseguire per consentire ormeggi sostenibili ed un nuovo modo di intendere la qualità dell’aria del porto, che interagisce non solo urbanisticamente con la città confinante. Il cambiamento ecologico e l’economia circolare sono concetti che, se pur lentamente, stanno riempiendo i piani operativi delle Adsp con i loro programmi di opere pubbliche al fine di creare vere e proprie stazioni di rifornimento di energia sostenibile anche per i normali cittadini, interagendo con il vicino tessuto urbano e dando senso allo sforzo ecologico posto in essere nelle aree portuali. Immaginiamo anche l’uso in dette aree di veicoli elettrici, di servizi portuali i cui veicoli siano ad impatto zero e una clean port che spazia dall’uso di sostanze biodegradabili per la raccolta differenziata dei rifiuti portuali, alla regola dell’uso delle banchine in concessione statuendo obblighi alle concessionarie virtuosi dal punto di vista ambientale.
Basteranno le intenzioni, come sinteticamente evidenziate, oramai presenti nei documenti di alcune Adsp italiane? Non lo sappiamo ed è difficile fare una stima certa sui tempi di realizzazione, specie nell’ipotesi di porti internazionali. Una cosa però si può affermare: ci vorrà un acchiappasogni, un -dream catcher- capace di spiegare ai viaggiatori che il porto è virtuoso dal punto di vista della sostenibilità nei fatti e nelle geometrie funzionali lasciandole fluire nel mare e nell’aria già dalle prime luci dell’alba…quella del futuro dei nostri ecoporti. Questo è l’augurio che facciamo ad uno dei beni pubblici più appetibile sotto tutti i punti di vista della società italiana, oramai posto nelle condizioni certe di sofferenza sul tema qui trattato.
Teodoro Nigro