LA SENTENZA DEL TAR ABRUZZO E I LIMITI DI OPERATIVITA’ DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN

BRINDISI – Un ulteriore – per non dire “l’ennesima” – pronuncia della Giustizia amministrativa va ad ingrossare le fila della giurisprudenza nostrana in tema di applicabilità della Direttiva 2006/123/CE (meglio nota come Direttiva “Bolkestein”) nei confronti delle concessioni demaniali marittime: si tratta della sentenza n. 271/2018 del TAR Abruzzo L’Aquila la quale, pronunciata solo poche settimane fa, presenta aspetti a dir poco inediti nella misura in cui ridefinisce l’operatività della Direttiva Bolkestein rispetto a tutte quelle concessioni demaniali marittime rilasciate prima dell’anno 2006.

Si venga all’occasione: nell’anno 2015 il titolare di uno stabilimento balneare, in forza di una marittima rilasciata nel 2002 dalla Regione Abruzzo, aveva presentato al Comune di Giulianova una domanda di prolungamento della propria concessione sino all’anno 2035.

La concessione de quo, difatti, era stata rinnovata con scadenza al 31 dicembre 2020 e, a giudizio dello stesso concessionario, non gli sarebbe stato possibile ammortare entro quella data gli investimenti – siamo nell’ordine dei cinquecentomila Euro – compiuti per la realizzazione dello stabilimento balneare.Il Comune di Giulianova, una volta incamerata l’istanza di prolungamento, aveva chiesto lumi alla competente Agenzia del Demanio. A distanza di alcuni mesi l’Agenzia del Demanio aveva espresso il proprio diniego alla domanda di prolungamento, costringendo in tal modo lo stesso concessionario a ricorrere innanzi al Tribunale amministrativo.

Investito della questione, il TAR Abruzzo L’Aquila ha esaminato le motivazioni del ricorso procedendo ad una rilettura dei mutamenti normativi intervenuti a partire dall’anno 2006.Dopo l’entrata in vigore della Direttiva Bolkestein il D.L. n. 194/2009 aveva previsto la soppressione, rispettivamente, del c.d. Diritto d’insistenza (vale a dire, quel diritto di preferenza riconosciuto al concessionario uscente nell’ipotesi di rinnovo del titolo concessorio) e del regime di proroga automatica delle concessioni demaniali ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del Codice della Navigazione.

Nell’abolire il Diritto d’insistenza il Legislatore nazionale aveva poi garantito una ultima proroga sino al 31 dicembre 2015 – poi, successivamente, slittata al 31 dicembre 2020 – per le concessioni demaniali rilasciate in epoca anteriore al 31 dicembre 2009 (come nel caso in esame).Al momento della conversione in legge del D.L. n. 194/2009, la Legge n. 25/2010 aveva previsto due espresse clausole di salvezza: la prima clausola aveva tentato invano di salvare il regime del rinnovo automatico delle concessioni demaniali turistico-ricreative (v. art. 10, L. n. 88/2001); la seconda, invece, aveva fatto salvo il rilascio di concessioni pluriennali in considerazione degli investimenti compiuti (v. art. 3, comma 4 bis, D.L. n. 300/1993).

Ovviamente l’introduzione, specie della prima clausola di salvezza, non poteva non passare inosservata alla Commissione Europea la quale, consapevole del rischio che il Legislatore nostrano potesse reintrodurre un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni, metteva così in mora il Governo italiano.Quest’ultimo, pur di scongiurare l’avvio di una procedura d’infrazione, aveva deciso nel 2011 di eliminare la prima clausola di salvezza e, conseguentemente, abrogare il regime di rinnovo automatico di sei anni in sei anni delle concessioni demaniali turistico ricreative (v. art. 10, Legge n. 88/2001).

Ebbene, secondo quanto rilevato dai giudici abruzzesi, non risulta che nel 2011 il Legislatore nazionale abbia inteso abrogare anche la seconda clausola di salvezza, vale a dire quella riguardante il rilascio di concessioni pluriennali in considerazione degli investimenti compiuti (v. art. 3, comma 4 bis, D.L. n. 300/1993). Come è noto, nel 2016 la CGUE (Corte di Giustizia dell’Unione Europea) ha sancito che “le disposizioni nazionali che consentono la proroga generalizzata ed automatica delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2020 contrastano con l’ordinamento comunitario (v. C-458/14; C-67/15)”.

Allo stesso modo, sottolineano i giudici abruzzesi, la CGUE ha riconosciuto l’esistenza di una proroga delle concessioni demaniali allorquando “sia finalizzata a tutelare la buona fede del concessionario, ossia quando lo stesso abbia ottenuto una determinata concessione in una epoca in cui non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo – come nel caso delle concessioni demaniali – avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza”. Pertanto il riconoscimento della buona fede del concessionario – prosegue il TAR Abruzzo L’Aquila – va individuato in relazione alla data di entrata in vigore della Direttiva Bolkestein (2006).

Cosicchè, nell’ipotesi in cui sia stata rilasciata una concessione demaniale in una epoca anteriore al 2006, la cessazione anticipata – conformemente al diritto comunitario – della stessa concessione sarà giocoforza preceduta da un periodo transitorio che “permetta alle parti del contratto (concedente/concessionario) di poter scogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico”. Nella vicenda in esame sia il rilascio del titolo concessorio che gli investimenti sono stati compiuti prima dell’entrata in vigore della Direttiva Bolkestein.

Perciò il TAR Abruzzo L’Aquila, considerata la compatibilità della seconda clausola di salvezza con l’Ordinamento comunitario (“le concessioni demaniali turistico ricreative possono avere una durata non inferiore a sei anni e non superiore a venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare”…ecc.), ha accolto, nei termini e nei limiti sopraindicati, le ragioni del concessionario stabilendo che, nella vicenda in esame, il Comune di Giulianova avrebbe dovuto assentire alla richiesta di proroga della concessione demaniale sino all’anno 2035.

 

Stefano Carbonara