BRINDISI – Alla fine la “lieta” novella è arrivata: Parigi ha inaspettatamente deciso di nazionalizzare, ad interim si dice, i cantieri bretoni di Saint Nazaire, stracciando letteralmente l’accordo sinora costruito con Fincantieri. Maggiori dettagli si avranno tra poco meno di ventiquattr’ore quando Bruno Le Maire, Ministro francese dell’economia, potrà guardare negli occhi il suo omologo Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda, Ministro dello sviluppo economico. L’affaire STX-France è oramai divenuto indigesto e dalla plancia di comando di Trieste chiedono chiarezza, una volta per tutte.
In queste ore, gli uomini della strada e alcuni politici italici pare vogliano battere alla porta della Commissione Europea, lamentando che Parigi, nazionalizzando i propri cantieri, possa in qualche modo oltraggiare la libera concorrenza nonché la libera circolazione di capitali. La Commissione Europea, mettendo le proprie mani avanti, ha finora mantenuto il proprio silenzio, mostrando una certa sagacia dinanzi ad una querelle ancor poco nitida.
Nel Vecchio Continente, intanto, il diritto di nazionalizzare imprese private è reso ammissibile dall’articolo 345 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) purchè sussistano una serie di condizioni: innanzitutto, l’operazione deve rispondere a motivi imperanti di interesse generale – pensiamo all’ordine pubblico ed alla sicurezza collettiva ecc. – nonché riguardare imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali di carattere generale pur sempre in ottemperanza all’acquis communautaire.
A tal proposito, circa quindici anni or sono, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ribadì, avvalendosi di una vecchia pronuncia del 1975 (Causa C 36/75, Rutili), che i motivi imperanti d’interesse generale vanno sempre intesi in senso restrittivo sicchè non possono esser invocati né unilateralmente da ciascun Stato membro, senza il controllo delle istituzioni comunitarie, né per ragioni di politica economica e/o industriale. Peraltro, la stessa Corte di Giustizia aggiunse che “le ragioni di ordine pubblico e di sicurezza collettiva potevano esser azionate soltanto in presenza di una minaccia, tanto grave quanto effettiva, ad un interesse fondamentale della collettività (Causa C 348/96, Calfa)”.
In tutto ciò, Palazzo Chigi, da un lato, e Fincantieri, dall’altro, sono ben consapevoli dell’arduità di simili contestazioni: Parigi ha invocato la strada della nazionalizzazione dei suoi cantieri navali, aggrappandosi in tutto e per tutto ad una clausola di prelazione contenuta nell’accordo sottoscritto, ai tempi della prima privatizzazione, con i coreani di STX Corporation. Piuttosto, Fincantieri potrebbe giocarsi senza alcun problema la partita della responsabilità civile della controparte francese per la violazione dei termini di cui al primo accordo, sottoscritto il 12 aprile scorso sotto la regiè di Francois Hollande. Come da tradizione, anche questa volta, servirà una nave per venti pesanti e mari robusti, gli uomini Fincantieri lo hanno capito fin troppo bene.